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Pallacanestro

Basket, perché bisogna voler bene a questa Italia senza big

Da Luca Chiabotti 01/03/2018

Priva dei più forti, impegnati nella Nba e in Eurolega, gli azzurri hanno mostrato coesione e gioia di giocare assieme come da tempo non si vedeva. Nonostante la forza molto relativa degli avversari incontrati è un segnale per tutto il basket

Dopo due larghe, piccole, vittorie, l’Italia del basket ha scoperto di avere una Nazionale per la quale vale davvero la pena di fare il tifo. Senza Gallinari e Belinelli, impegnati nella Nba, Datome, Melli, Hackett, Cusin e Cinciarini, i cui club di Eurolega non hanno concesso il permesso di giocare in quanto impegnati nella loro manifestazione, ma anche priva delle due punte di diamante (offensive) del nostro campionato, Alessandro Gentile e Aradori oltre che del pivot più utilizzato, Crosariol, infortunati, l’Italia di Meo Sacchetti ha battuto Olanda e Romania e si è già conquistata il passaggio al secondo turno delle qualificazioni mondiali. Attorno a Amedeo Della Valle, scelto dal c.t. come prima punta e lasciato libero di scorrazzare oltre la linea dei tre punti, ma con l’impatto positivo di molti giocatori anche debuttanti in azzurro, come Diego Flaccadori e Michele Vitali, e l’anima contagiosa e divertita di Christian Burns e Brian Sacchetti, gli azzurri hanno cominciato a trasmettere segnali di coesione e gioia di giocare assieme come da tempo non si vedevano. Certo, le vittorie contro avversarie scadenti hanno corroborato lo spirito ma non vanno prese per oro colato, però spingono a un paio di riflessioni sulla maglia azzurra e il suo futuro.
La prima, è che bisogna voler bene a questa squadra. Non è così scontato, come vorrebbe il presidente Petrucci. Ci sono state Nazionali meravigliose e altre che hanno trasmesso poche emozioni, anche al di la delle loro prestazioni. Ci sono state squadre vere che hanno perso e squadre meno squadre, ma più fortunate, che hanno portato a casa risultati migliori. Non parlo di questo. Bisogna rendersi conto che nel nuovo calendario della Fiba, giusto o sbagliato (com’è) che sia, il concetto di Nazionale è cambiato: non sarà più come la migliore rappresentativa che un Paese può schierare ma la miglior formazione che si potrà assemblare con quello che resterà a disposizione. Una squadra coesa e pronta tutto l’anno a giocare sarà più importante che sperare di avere i big nelle grandi manifestazioni. Non è la prima volta che succede: nel 2008, l’Italia si presentò alle qualificazioni europee che pur si giocavano d’estate, senza i nostri giocatori della Nba, Bargnani, Belinelli e Gallinari infortunato, ma anche priva di altri nomi importanti. Passammo tutta l’estate a pensare a chi non c’era invece che stare vicino a chi era in campo a sbattersi per noi, prendemmo un sacco di botte con la Serbia, ma alla fine mancammo la qualificazione diretta solo per il quoziente canestri generale del girone. Fu comunque uno shock: l’anno dopo, recuperati Belinelli e Bargnani e pieni di speranza, perdemmo in casa di tre punti il ripescaggio con la Francia di Tony Parker e, per la prima volta nella storia, l’Italia non si qualificò all’Europeo. Finì così l’avventura azzurra di Carlo Recalcati: cosa è successo dopo lo sapete.
Questo flash porta ad una seconda considerazione: con quale squadra dovremo affrontare le prossime, decisive, partite per la qualificazione Mondiale considerando che nelle due previste a fine giugno e nelle due iniziali della seconda fase (dove ci mischieremo col girone di Lituania, Polonia e Ungheria) fissate per settembre 2018 si potrebbero recuperare anche tutti gli assenti forzati delle prime quattro gare? Bella domanda. Visto che non è colpa dei giocatori impegnati nella Nba e in Eurolega la loro mancata presenza finora, tutti sperano di poter schierare una nazionale “vera” anche perché, presumibilmente, una Croazia sull’orlo del baratro presenterà tutti suoi big. Però, poi, per quattro delle 6 gare decisive per il Mondiale (che si giocheranno a dicembre del 2018 e a febbraio del 2019) saremo daccapo. Domanda: non sarebbe più produttivo, oltre che “giusto” che fosse la squadra disponibile finora, magari solo con uno o due innesti strategici anche a fronte di infortuni, a giocarsi la qualificazione fino alla fine? Quanto farebbe bene agli azzurri visti contro Olanda e Romania, test molto relativi, affrontare la “vera” Croazia per essere pronti a settembre (dove non sappiamo ancora le avversarie) e poi durante la prossima stagione quando il livello si alzerà? Rimettere in gioco dei ruoli che si stanno definendo in un basket particolare com’è quello di Sacchetti e un gruppo che sta formandosi molto bene può essere un pericolo più grande di avere delle assenze pesanti? Credo che il c.t. non potrà privarsi dei migliori, anche perché, in caso di sconfitta, verrebbe impalato. Ma allora suggerisco un concetto espresso da Ettore Messina nel secolo scorso. Nel 1994, l’Italia reduce da grande shock, il disastroso Europeo del 1993 che le negò il Mondiale dell’anno successivo, partecipò ai Goodwill Games a San Pietroburgo con una formazione che rappresentò un forte ricambio generazionale anche se priva del suo astro nascente, Carlton Myers. Fu un’esperienza molto positiva, battemmo gli Stati Uniti, arrivammo secondi e alla fine, a chi gli chiedeva cosa sarebbe accaduto all’Europeo dell’anno successivo, e cioè se avrebbe riconvocato i veterani e chi aveva rifiutato di esserci, Messina rispose più o meno: “Dovranno chiedere permesso”. Ecco: credo che anche i nostri migliori giocatori, se non vorranno rovinare quello che Sacchetti sta costruendo adesso, dovranno chiedere permesso ai Della Valle, Vitali, Abass, Burns anche se sono più forti. E solo chi dimostrerà di voler entrare nel gruppo attuale e non di voler imporre il suo status, farà il bene della Nazionale del futuro. Che tra un anno sarà ancora qui, senza i  big (ammesso che Fiba e Euroleague nel frattempo non facciano la pace, c’è una riunione tra poco) a giocarsi il Mondiale. Non criticate Sacchetti se, la prossima estate, lascerà a casa qualche nome roboante. Sarà un atto d’amore per la Nazionale che c’è e ci sarà sempre.
Luca Chiabotti
Tags: Basket, Luca Chiabotti, nazionale, perché bisogna voler bene a questa Italia senza big

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Nota sull’autore: Luca Chiabotti

(La Firma) Inviato a 6 Olimpiadi, 7 mondiali e 15 europei basket, oltre 200 partite dello sport che è il suo grande amore ed ha caratterizzato la sua carriera, 35 final four, finali italiano del 1978. Esperto anche di sport americani, dal football al baseball.

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