Sembra una sceneggiatura da Hollywood la vita di Keifer Sykes, playmaker della Sidigas Avellino. Infatti è diventata un docu-film che si intitola “Chi-town”, apprezzato anche da Spike Lee. Presentata a novembre Torino Film Festival, la pellicola diretta da Nick Budabin sta girando il mondo. “Raccontare la mia storia è stata un’esperienza incredibile. Come questa stagione in Serie A” dice l’idolo del team campano nato a Chicago nel 1993.
Hai giocato negli Stati Uniti, poi in Corea e in Turchia: come mai hai scelto il nostro Paese?
“Mi piacciono le sfide e i cambiamenti non mi spaventano. Ho superato così tante prove nella vita che affronto ciò che capita senza perdermi d’animo, anzi, con entusiasmo”.
Cosa ti ha colpito dell’Italia?
“I ritmi tranquilli, opposti a quelli oltreoceano: negli Stati Uniti corriamo a 100 all’ora, 24 ore al giorno, da lunedì a domenica. Un’intensità assurda che ci aliena dalla realtà. Ed è entusiasmante il calore umano: l’affetto che mi circonda colma almeno un po’ l’assenza di chi amo. Mia moglie e i miei figli vivono a Chicago”.
È lì che sogni di tornare?
“Sì, nonostante non sia un ambiente facile dove crescere, soprattutto per chi vive in periferia, come me. Da ragazzino frequentavo amicizie sbagliate e ho rischiato di prendere strade pericolose; per fortuna trascorrevo la maggior parte del tempo a tirare a canestro. Sono state quelle giornate a non farmi cadere nel baratro. Devo davvero tutto al mio sport e il docu-film è proprio il mio ringraziamento alla palla a spicchi”.
Cos’hai imparato sul campo?
“ll valore del gruppo: la squadra diventa una famiglia e per me la famiglia rappresenta tutto. Sono diventato padre a 16 e voglio assicurare ai miei figli un futuro sereno, diverso dal mio: sono cresciuto nella povertà e con un avvenire da costruire con le mie mani”.
“Chi-Town” è proprio il diario in cui passi in rassegna anche quei momenti più difficili.
“Credo che essere stato scelto come protagonista di un lungometraggio sia une benedizione, perché mi ha dato l’occasione di tirare le somme dei miei 25 anni. Di più, credo sia stato un dono di Dio: sono cristiano, battista, e la preghiera è un momento fondamentale della mia giornata. Prego anche prima di ogni match”.
Per te che misuri 180 cm non sarà stato facile nemmeno farti largo sul parquet, superficie da spilungoni.
“Sì, ho dovuto tirare fuori il doppio della grinta, del coraggio, della determinazione: senza la mentalità vincente, il fisico non serve. Però la mia statura ‘normale’ ha anche un vantaggio: sono più potente, proporzionato e con il baricentro basso il mio equilibrio è maggiore”.
La stagione sta per terminare: hai già pensato alla prossima?
“No, per ora resto concentrato sulle ultime partite. Però so già come trascorrerò i mesi estivi”.
Come?
“La famiglia ha la priorità: finalmente mi spupazzerò i piccoli Keifer Junior e Kennedy. Poi dedicherò tempo alla Free 10 Foundation, la Fondazione che ho creato per aiutare i ragazzi meno fortunati, tra cui tanti orfani: organizziamo camp estivi, feste, nel Giorno del ringraziamento e a Natale, per esempio, e realizziamo programmi scolastici ad hoc Ogni attività è gratuita e le donazioni che riceviamo, comprese le più piccole, sono di grande aiuto. Io do anche una mano pratica, appena posso. Infine, sarò impegnato nella promozione del docu-film, che mi sta regalando soddisfazioni enormi”.
Il complimento più bello che hai ricevuto?
“Tanti spettatori mi hanno detto che la mia storia è stata d’ispirazione e li ha motivati. Cosa rispondo io? Con una frase: mai arrendersi. Lo ripeto sempre ai miei compagni, nello spogliatoio, a cena, in viaggio: non ha senso avere paura, perché i problemi non esistono, esistono solo le opportunità”.
*Credito foto: Ufficio Stampa Sidigas Avellino.