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Pallacanestro

Basket, Milano come Cleveland, Venezia e Golden State le più belle

Da Luca Chiabotti 12/05/2018

Dopo quelli Nba, partono anche i playoff italiani: le due squadre campioni in carica sono quelle che giocano meglio ma la grandezza di LeBron e la potenza dell'Armani possono ribaltare una stagione finora mediocre

“Win or go gome”: il motto creato per i playoff Nba della Tnt, la televisione americana di Ted Turner, si applica finalmente anche al campionato italiano: si parte con la fase a eliminazione diretta e anche in serie A l’impressione è che arriveranno al dunque delle semifinali, così come è successo con Golden State e Houston a Ovest, Boston e Cleveland a Est, le squadre più forti. Vero che nella Nba è stata bruciata una n.1, Toronto, ma nessuno ci credeva davvero, soprattutto nella sfida contro il solo, unico, irripetibile King James. Quindi, traslato il concetto in Italia, è altamente probabile che Venezia, Milano, Brescia e Avellino si contendano la finale, anche se le ultime due se la dovranno vedere con le migliori squadre delle ultime dieci giornate, Varese e Trento. E’ il solito problema dei pronostici: in una serie playoff, è meglio puntare sulla forza intrinseca di una squadra anche se è reduce da una stagione abbastanza deludente sul piano del gioco fidandosi che raggiunga il suo massimo potenziale nelle partite decisive? O bisogna credere di più sulla qualità del basket espresso durante l’anno e sulla forma fisica e psichica degli ultimi mesi anche se sulla carta il roster è inferiore a quello delle avversarie?
La difficoltà di esprimere un pronostico sensato è meravigliosamente rappresentato dai Cleveland Cavaliers, squadra che è stata spesso indecente soprattutto in difesa, ma che LeBron s’è preso sulle spalle da solo contro Indiana e, innescando qualche segno di risveglio nei compagni, contro la molle e indecifrabile Toronto. Diciamo che Milano è il contraltare di Cleveland nei nostri playoff: spesso un roster smisurato ha prodotto una pallacanestro e una compartecipazione modesta, ma non c’è dubbio che al meglio sia ancora la squadra più dotata anche se non possiede, neppure ovviamente in proporzione, quello che rende i Cavs unici al mondo: un giocatore con la forza e la personalità vincente di Lebron James. Ma se invece parliamo di quello che le squadre hanno mostrato finora, Venezia è davanti a Milano come Boston a Cleveland.
I playoff Nba di quest’anno esaltano questa contrapposizione. Non voglio parlare di squadre che giocano bene o male, considerazione troppo soggettiva. Dico allora: che sia la finale dell’Est che quella dell’Ovest mettono di fronte Golden State e Boston, che mi divertono moltissimo, contro altre due molto meno piacevoli da vedere, Houston e Cleveland, anche se per motivi opposti. Mike D’Antoni, per il quale faccio un tifo sfegatato, ha portato l’efficienza del gioco dei Rockets a dei livelli inimmaginabili e ha aperto una nuova via nel mondo del basket. Ma vedere uno che tiene la palla azione dopo azione per giocare il pick and roll, mentre altri tre compagni devono stare immobili oltre la linea dei tre punti per non togliergli spazio e rendere impossibili gli aiuti, alla lunga stanca chi crede in un basket fatto di movimento della palla e condiviso. Ma è la quintessenza dell’esaltazione delle qualità dei giocatori, e se Clint Capela continua a difendere così, Houston può vincere il titolo. Diversa è Cleveland, che non ha idee rivoluzionarie ma ha solo bisogno di un LeBron straordinario per sopravvivere su un tessuto offensivo così così e difensivo insufficiente. Ma LeBron è straordinario. Veder giocare Golden State e Boston, invece, è un godimento puro: non ho molti dubbi che se Kyrie Irving non si fosse infortunato, i Celtics eliminerebbero Cleveland.
Continuiamo il gioco, portiamo in Italia queste considerazioni. Con una premessa: nessuna squadra, finora, dà delle sicurezze assolute sotto pressione. Neppure Milano o Venezia, eliminata malamente in coppa Italia e uscita dalla Champions: tutto è davvero possibile. Detto questo, la squadra che unisce maggiormente qualità del roster al piacere di vederla giocare sui due lati del campo secondo me è diventata la Reyer. Ma va detto che, pur con i limiti tecnici o di profondità della formazione, la gran parte delle squadre giunte ai playoff hanno delle identità spiccate, magari soprattutto in attacco, come Cantù, o con grandi alti e bassi nel corso della stessa partita, come succede a Cremona o, a livello superiore, anche ad Avellino. Altrimenti non si spiegherebbe come club più dotati o con maggiore esperienza, come la Virtus Bologna, Sassari, Reggio Emilia, siano rimaste fuori dalla lotta scudetto a discapito di tre formazioni lombarde di media fascia, Cremona, Cantù e Varese. Bisogna sempre temere le squadre che hanno una identità: magari sanno fare una sola cosa bene, ma se gliela lasci fare ammazzano chiunque, anche Milano. Però facciamo fatica a pensare che Cantù e Cremona possano farcela a eliminare l’Armani e Venezia. Molto più difficile è il pronostico degli altri due quarti: il campo e la pancia dicono che Varese e Trento arrivano a questi playoff meglio di Brescia e Avellino, ma hanno contro il fattore campo.
Alla fine, se proprio devo buttar lì un pronostico, rivedo una finale Golden State-Cleveland nella Nba e l’inedita Venezia-Milano in Italia. E qui mi fermo: oggi per il titolo punto su Golden State e Venezia, i Warriors perché più forti e più belli e la Reyer per le cose già dette, ma bisogna vedere in quali condizioni queste squadre arriveranno a giocarsi il titolo ammesso che siano proprio loro a farlo. Certo non dare favorita per l’ennesima volta Milano, considerata anche la cabala che la vuole tricolore nella prima stagione col nuovo allenatore, e un tabellone più agevole della Reyer, è un azzardo. Ma a pallacanestro, prima o poi, bisogna giocarci e l’importante non sono i soldi che spendi ma casomai quelli che metti a referto: molti euro del megabudget Olimpia se ne sono andati per Kalnietis, Jefferson, Fontecchio che non ci sono più o per Theodore in disgrazia al netto degli infortuni e Cusin che nelle ultime gare non ha visto il campo. In più c’è la necessità del turnover: due stranieri vanno in tribuna comunque e nelle ultime gare la rotazione è stata di 9 o 10 giocatori. Oggi l’Armani che scende davvero in campo è meno ricca di quello che dicono i suoi bilanci e meno profonda anche rispetto a certe avversarie. E se fosse il segreto per vincere?
Luca Chiabotti
Tags: Basket, Milano come Cleveland, play off, Venezia e Golden State le più belle

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Nota sull’autore: Luca Chiabotti

(La Firma) Inviato a 6 Olimpiadi, 7 mondiali e 15 europei basket, oltre 200 partite dello sport che è il suo grande amore ed ha caratterizzato la sua carriera, 35 final four, finali italiano del 1978. Esperto anche di sport americani, dal football al baseball.

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