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Tennis

Serena perde la testa e un altro Slam, aiutando il Sol levante Naomi

Da Vincenzo Martucci 09/09/2018

Un richiamo per coaching fa saltare la polveriera Williams in evidente difficoltà tecnica contro la Osaka. E’ la seconda sconfitta consecutiva in finale dopo Wimbledon e il primato della Court si allontana…

 Il potere logora chi non ce l’ha, cara Serena Williams. E, a 36 anni, dopo i problemi post-parto che si aggiungono ai problemi di sempre per mantenere la forma, già battuta dolorosamente nella finale di luglio a Wimbledon da Angelique Kerber, dopo aver perso nettamente il primo set della finale degli Us Open contro la stella nascente, un’altra bella e ancor più giovane atleta come la 20enne Naomi Osaka – cresciuta nel suo mito -, la tennista più grande è andata clamorosamente via di testa, e non è la prima volta nello Slam di casa, sotto le mille luci di New York. E ha perso altrettanto clamorosamente il match, lanciando forse la nuova stella del tennis mondiale e il primo trionfo del Giappone nello Slam.
   Certo, il destino si diverte a mettere alla prova la minore delle sorelle Williams: dopo la volata sul “red carpet” di Flushing Meadows, con tutti match lampo – un’ora e 10’, un’ora 7’, un’ora 12’, un’ora 37’, un’ora 26’, un’ora 6’ -, proprio in finale le ha alzato all’improvviso un muro come la veloce e potente Osaka, che già l’aveva travolta per 6-3 6-2 a marzo sul cemento di Miami. Serena soffoca: non può sfondarla nell’uno-due servizio-risposta, non può schiacciarla sulle diagonali, non può dominarla di personalità, non può sorprenderla.  Perché la ragazzina ha avuto tutte le dritte dall’ex ragazzo del clan Williams, Sascha Bajin, oggi allenatore del sole nascente del tennis donne. E così, dalla tribuna, coach Patrick Mouratoglou le suggerisce chiaramente, a gesti, di giocare di più al centro, beccandosi la sacrosanta ammonizione da parte dell’ottimo arbitro Carlos Ramos. Punizione che Serena non accetta, così come nel 2009, sempre agli Us Open, non accettò che una giudice di linea le chiamasse fallo di piede. Oggi perché, parola di regina: “Io non baro, piuttosto perdo, ma non baro e non guardo mai il mio coach, non abbiamo un codice di segnali”. Nove anni fa perché, parola di regina: “Io non faccio mai fallo di piede”. Stavolta, ha chiesto ufficialmente che il giudice di sedia le chiedesse scusa e le cancellasse la sanzione, allora, minacciò la giudice di linea di farle ingoiare la palla. Stavolta, contro baby Osaka, come allora, contro mamma Clijisters, ha perso la testa e il match. Perché poi, dopo essersi fatta recuperare il break da 3-1 a 3-3, ha spaccato, rabbiosa, la racchetta in terra ed è stata punita da regolamento con una secondo richiamo che, sommato al primo, equivaleva automaticamente alla perdita di un “15”. Allora, ha preso a inveire contro l’arbitro che le aveva rubato il punto, comminandole, ingiustamente secondo lei, la prima ammonizione. E, una volta subito anche il 4-3, quando si è seduta, al campo campo, ha ricominciato a discutere sempre più animatamente con l’arbitro, fino a prorompere con un chiaro: “Mi hai tolto un punto e io ti do del ladro”. L’arbitro si è fatto ripetere l’offesa e quindi ha annunciato al microfono il penalty game a Serena, e quindi che il punteggio diventava 5-3, a tavolino, a favore della giapponese. Comunque poi ancora più brava, con i 24mila dell’Arthur Ashe tutti contro, a chiudere meritatamente il match per 6-4, conquistando il primo Slam della storia del Giappone.
    La reazione successiva di Serena ricorda molto quella di un famoso calciatore italiano dopo un rigore contro la sua squadra. E’ umanamente e sportivamente più che comprensibile: arrivata a una sola tacca dal record assoluto di 24 successi Slam di Margaret Smith Court, con l’età che incalza, le occasioni che scemano e le avversarie che prendono coraggio, la super Williams è sempre più in affanno nella rincorsa alla storia. Che sicuramente merita, come assoluta vincitrice di titoli Slam. Ma la prepotenza di queste sue reazioni è davvero clamorosa e inaccettabile. Soprattutto per chi vuole tanto essere d’esempio per le nuove generazioni, di cui Naomi Osaka è un emblematico esempio. Le motivazioni, poi, con le quali cerca di convincere il giudice arbitro del torneo e la rappresentante della Wta, che richiede in campo perché le facciano giustizia, sono anche quelle comprensibili, ma ancor più assurde: “Mi conoscete, sapete qual è il mio carattere, ho lottato tanto per arrivare fin qui, non merito di essere trattata così, ogni volta in questo torneo me ne succede una. Non è giusto. Nel tennis uomini, i giocatori dicono agli arbitri cose anche peggiori di quelle che ho detto io e non gli succede niente, mi fate pagare il fatto che sono una donna”.
    La povera Osaka è bravissima a mantenere saldi i nervi e a portare a termine il primo successo Slam cui, se non deraglierà, seguiranno sicuramente altri. Perché notevoli sono le sue qualità psico-fisiche e tecniche, e ancor di più l’attitudine e la forza di concentrazione nelle condizioni più difficili possibili, contro la favorita, con tutto lo stadio contro. Una situazione che, infine, sul podio, anche Serena capisce, chiedendo al suo popolo di smetterla coi loro “Boohh” di disapprovazione per lasciare il giusto merito alla giovane regina degli Us Open. Peraltro l’ottava diversa negli ultimi otto Majors, come non era mai successo, a testimonianza di un equilibrio al vertice davvero straordinario. Un altro fattore che soffoca la regina senza corona.
VINCENZO MARTUCCI
P.S. il tennis donne ha commesso un errore madornale nell’accettare l’intervento in campo degli allenatori una volta per set durante i tornei della stagione. Perché è contrario alla natura stessa del tennis, sport nel quale il protagonista i suoi problemi deve sbrigarseli da solo, e perché poi negli Slam questa regola non è più valida. Mentre rimangono sempre inalterate quella sul coaching vietato dalla tribuna. “E’ una zona grigia”, accusa quindi, legittimamente, quella volpe di Mouratoglou per uscire dall’empasse. Da uomo di comunicazione e insieme coach di grido.

Guarda le belle immagini dei momenti salienti del fotografo Luigi Serra

Tags: serena williams, tennis, us open, vittoria osaka

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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