La storia delle Olimpiadi Moderne si immerge nella notte dei tempi. Perché il 1896 per certi versi rappresenta la “preistoria” del mondo sportivo complice l’impossibilità di avere mezzi di comunicazione efficienti e archivi telematici pronti a incrociare milioni di dati.
Se pensate che a quell’epoca i Balcani erano ancora divisi fra i “due malati d’Europa”, l’Impero Austro-Ungarico e quello Ottomano, e la Germania era stata unificata soltanto sedici anni prima, forse potrete ben comprendere come avere notizie su chi fosse presente ad Atene in quei giorni d’aprile diventi alquanto complicato.
Con un po’ di pazienza, ma soprattutto una rilettura certosina dei documenti dell’epoca si possono scoprire storie curiose, a volte fuorvianti rispetto a quanto realmente accaduto, ma pur sempre in grado di farci comprendere la società del tempo e uno dei protagonisti di questa storia è Giuseppe Rivabella, primo italiano a prendere parte alla rassegna a cinque cerchi.
Se si leggono i documenti ufficiali del CIO, ufficialmente nessuno azzurro prese parte alla prima edizione dei Giochi e il motivo è semplice: non c’erano abbastanza fondi per attraversare l’Adriatico e raggiungere la città del Partenone. Sfogliando un carteggio fra il segretario del Ministero degli Esteri Giacomo Malvano, l’ambasciatore italiano in Grecia Alberto Carlo Felice Pisani Dossi e il segretario generale del Comitato ellenico dei Giochi Timoleon Philemon, in direzione del Peloponneso sarebbe dovuta partire la Nazionale di ginnastica artistica, tuttavia per “ragioni economiche” all’ultimo minuto si decise di rinunciare.

In quella lista non compare ovviamente il nome di Rivabella che viene citato da Vladis Gavrilidis, editore del quotidiano Akropolis, in grado di seguire tutte le gare previste nel programma olimpico. L’azzurro compare fra i partecipanti alla gara di tiro a volo di 200 metri inaugurata dalla regina Olga con un colpo di fucile e seguita con grande attenzione dal principe Nicola.
Seguendo il grande lavoro svolto dal giornalista de “La Gazzetta dello Sport” Claudio Gregori, il nome di Rivabella viene improvvidamente confuso con quello del diplomatico Andrea Carlotti di Riparbella, successore di Pisani Dossi a partire dal 1908 e per questo motivo considerato come possibile primo azzurro in gara. La trascrizione del cognome potrebbe aver facilmente trasformato una “p” in una “v”, motivo per cui tutti gli occhi vengono indirizzati sul marchese veronese.
Sportivo lo è di sicuro, possedendo due cavalli e riuscendo all’età di 31 anni a esser nominato segretario di legazione di seconda classe e cavaliere della Corona d’ Italia. Riparbella ha tutte le carte in regola per esser l’unico rappresentante tricolore al cospetto del barone De Coubertin, ma un’incongruenza fa cadere tutto il castello di carte. Secondo un documento datato 6 aprile 1896, il nobile veneto si lamenta di esser stato “destinato” a Tangeri a partire dal 1° marzo. Il tutto potrebbe coincidere con il via delle gare se non fosse che quel pezzo di carta è stato scritto a Garda, in provincia di Verona, due giorni prima dei Giochi.
Considerati i mezzi di trasporto a disposizione anche delle famiglie più facoltose, è impossibile che Riparbella abbia partecipato alle Olimpiadi. Motivo per cui è necessario rimettersi all’opera e scartabellare nuovamente i polveri documenti diplomatici dove stavolta emerge un nuovo nome, quello di un imprenditore alessandrino di nome Giuseppe Rivabella. L’atto in questione risale al 24 febbraio 1901 ed è un rapporto del Ministero della Marina Militare in cui viene citato il “Cavalier Giuseppe Rivabella” per una vertenza con il governo ottomano.

E’ vero che sono passati cinque anni dallo svolgimento dei primi Giochi, tuttavia il capitano di fregata Pardini, comandante della “regia nave Curtatone” in missione a Samos parla dell’ingegnere piemontese come di un cittadino italiano “stabilito da circa 15 anni ad Atene, persona facoltosa e molto stimata, notissima in tutta la Grecia…”. Unendo i vari pezzi del puzzle, il gioco è fatto: Rivabella è il celebre fuciliere che scese in pedana l’8 aprile 1896 al poligono di Kallithea nella “carabina militare”.
L’alessandrino è divenuto inoltre celebre nella penisola ellenica per aver intrapreso una serie di lavori stradali nell’isola greca di Samo e per il porto di Vathy tanto che sull’isola esiste ancora un “Ponte Trivabella” costruito da lui e che nel linguaggio popolare è diventato il sinonimo di un’opera di grande impegno. A questo punto non resta far altro che seguire la cronaca di Gavrilidis che parla di Rivabella come di uno dei sessantuno stranieri che presero parte alle Olimpiadi e in particolare di uno dei trentanove di cui si conoscono i nomi. Lo stesso editore greco parla di “17 italiani al via”, ma non vi sono documenti per attestarne l’identità.

Gareggiò per due giorni prima di sparire nuovamente nell’oblio sino a quel 24 febbraio 1901 dove, secondo le varie ricostruzioni affrontate negli ultimi anni, compare nuovamente il suo nome. Ciò di cui siamo certi è che la gara di tiro a volo venne vinta da Pantelis Karasevdas, futuro colonnello dell’Esercito greco, membro del comitato olimpico e più volte parlamentare. Quest’ultimo non sbagliò un colpo totalizzando 2.350 punti, lasciandosi alle spalle i connazionali Paulos Pavlidis (1978) e Nikolaos Trikoupes (1713).
Su Rivabella pende ancora il mistero se si trattasse veramente del costruttore oppure di omonimo. Forse altri studi ci consentiranno di capire se abbiamo imboccato la strada giusta. Nel frattempo accontentiamoci di questa ricostruzione e soprattutto di esser certi che anche ai primi Giochi Olimpici un italiano scese in gara.