La lunga attesa finisce domani. A Vienna il kenyano Eliud Kipchoge proverà a diventare il primo uomo in grado di correre una maratona in meno di due ore. Ci aveva già provato all’alba del 6 maggio 2017 all’autodromo di Monza correndo in 2h 00’25”.
«Sarà come la prima volta che l’uomo ha camminato sulla luna»
Eliud Kipchoge
Non è un evento per puristi ma una nuova narrazione dello sport
La cronaca di un’impresa sportiva anunciata depotenzia l’evento? Un po’, ovviamente, visto che lo priva di quella meraviglia che caratterizza la magia della gloriosa incertezza dello sport. È quel che pensano i puristi del tentativo di abbattere la barriera delle due ore nella maratona. L’evento non è rivolto a loro ma ai figli di una narrazione alla quale lo sport moderno non può più sfuggire completamente.
L’Équipe
Un muro da abbattere. Ma non vale
Va ricordato che, finisca come finisca, la prestazione non sarà omologabile. Per la presenza di 41 lepri (numero simbolico, aggiungendo il protagonista), incluse sei riserve e alcuni nomi prestigiosi come il fresco argento mondiale dei 5000, l’etiope Selemon Barega, gli statunitensi Matt Centrowitz e Bernard Lagat e i fratelli norvegesi Henrik, Filip e Jakob Ingebrigtsen: si alterneranno a gruppi in formazione a punta, «aerodinamica», con più cambi a testa. A dettare ritmo e percorrenza ideale anche un raggio laser colorato proiettato sul terreno da un’auto elettrica al seguito con cronometro. E poi rifornimenti ad hoc. Alle spalle dell’operazione, oltre a Nike, c’è appunto Ineos, colosso internazionale della chimica, il cui boss, il magnate britannico Jim Ratcliffe, appassionato di running e di sport, vuole dare un’immagine nuova all’ azienda.
Andrea Buongiovanni, la Gazzetta dello sport
Le domande in sospeso da maggio 2017
Quanto ci vorrà prima che un altro corridore – o Kipchoge stesso – finirà la scalata e raggiungerà la cima?
Dipende da quanto flessibili vorrete essere con gli standard che costituiscono una prestazione legittima nella maratona. L’evento Nike è stato molto sceneggiato, con l’utilizzo di alcune lepri per ottimizzare le condizioni a Kipchoge. Questo è il motivo per cui il record appartiene ancora al kenyano Dennis Kimetto, che ha corso in 2 ore 02’57” a Berlino nel 2014, sebbene Kipchoge sia stato più veloce di 2’33”.
La prima opzione è che Kipchoge sia così bravo da mostrarlo prima possibile. “No limits,” come dice lo stesso Kipchoge, il maratoneta dominante anche senza la preparazione vista in Italia, avendo vinto 7 delle sue 8 corse incluse le Olimpiadi. Se qualcuno può farcela, quel qualcuno è lui. Oppure l’opzione due: la realizzazione di una qualche tattica alla Nike che riesca a limare due o tre minuti a Kipchoge. A meno che Nike (o chi per essa) non scelga un altro luogo per un evento così, la barriera delle due ore resterà intatta a lungo.
Ross Tucker, Slate, maggio 2017
L’era dei record è al tramonto
Alcuni scienziati hanno ammonito che per quanto riguarda la corsa – dallo sprint alla maratona – l’era dei record si può considerare alla fine. A meno che la prossima evoluzione atletica non sia artificiale, il doping, che più dello sforzo umano può violare le prossime barriere. Dobbiamo iniziare a temere lo scenario immaginato dal filosofo belga Jean-Noel Missa, secondo cui atleti geneticamente modificati competeranno alle Olimpiadi di Bruxelles 2144?
Non è ancora l’ora del panico, ma Xavier Bigard, consulente scientifico dell’agenzia antidoping francese (AFLD) ha detto che esistono diversi motivi per preoccuparsi: – Pillole per aumentare gli effetti degli allenamenti; – Epo; – Terapia a base di cellule staminali: può sembrare futuristico ma è già adoperata in alcuni sport per i recuperi dagli infortuni; – Doping genetico: che sembra incombere nel futuro degli imbroglioni dello sport.
I medici stanno sperimentando da anni il modo di iniettare geni sintetici nei pazienti per alterare la mappa del genoma e consentire ai muscoli di vincere il deterioramento.
Daily Mail
Il 99%
Una ricerca dell’istituto francese di epidemiologia e ricerca biomedica (IRMES) che risale al 2007 ha considerato i record della storia olimpica dal 1896 calcolando che gli atleti sembrano aver raggiunto il 99% di ciò che sarebbe possibile raggiungere entro i limiti naturali della fisiologia umana.
Il limite dei 9”48 sui 100 metri
L’anno scorso Usain Bolt ha stupito gli appassionati di atletica quando ha abbassato di 0”11 il suo precedente record del mondo sui 100 metri. Ma quale è il limite ultimo dell’uomo nella velocità?
Intrigato dalla domanda, Mark Denny della Stanford University, California, ha deciso di studiare le possibilità umane nei 100 metri. I tempi delle donne si sono stabilizzati nel 1977. Gli uomini ancora migliorano, ma sulla scorta di modelli costruiti su altre gare Denny sostiene che sembra vicina la soglia dell’invalicabilità – che lui individua nel tempo di 9”48 – come dire un solo decimo di secondo meglio di Bolt. Oltre un certo punto, i benefici di una muscolatura più massiccia e di arti più lunghi sarebbero neutralizzati dall’aumento di energia richiesti per muoverli.
David Robson, New Scientists, 14 aprile 2010
Il metabolismo
Una nuova ricerca rileva che la resistenza nell’uomo ha un limite – ed è abbastanza simile per tutti. La capacità a lungo termine è circa 2.5 volte il metabolismo del corpo a riposo, oppure equivale a 4.000 calorie al giorno in media a persona: così riferiscono le ricerche di Science Advances.
Il tasso di metabolismo a riposo è la misura di come il corpo bruci molte calorie per i suoi bisogni fisiologici al fine di mantenere la temperatura corporea e la respirazione. Durante una maratona, per esempio, un corridore può bruciare calorie alla media di 15.6 volte il suo tasso di metabolismo a riposo.
Nei 23 giorni del Tour de France, i ciclisti bruciano calorie per 4.9 volte il loro tasso di metabolismo a riposo, e in un evento di 95 giorni nell’Antartide, gli escursionisti per 3.5 volte. Yasemin Saplakoglu, Live Science 7 giugno 2019
La maternità richiede lo stesso livello di energia di una gara di atletica di lunga durata. È governata degli stessi vincoli metabolici. Pensare alla maternità negli stessi termini in cui pensiamo al Tour de France e al triathlon ci fa comprendere quale enorme sforzo sia per un corpo.
Michael Price, Science, 5 giugno
Un aiuto per Kipchoge
La questione delle scarpe. All’inizio pensavo che fosse un trucco del marketing.
Dicevano che garantisce un risparmio di energia nella misura del 4% e pensavo: “Ci crederò quando lo vedrò”. Ora, qualche anno dopo, abbiamo almeno quattro lavoratori indipendenti che sostengono la stessa cosa – l’esistenza di una riduzione nell’uso di ossigeno tra il 2.7 e il 4.2% indossando quelle scarpe. Soprattutto, nessuno ha mai mancato di dimostrarne i benefici nei vari test. Le scarpe sono così efficaci che un testimonial di Adidas, Herpassa Negasa, ha dipinto le tre strisce su un paio di Vaporfly per poterle usare senza perdere lo sponsor.
Il risparmio di ossigeno comporta un miglioramento nella prestazione. Il principio è che ossigeno ed energia sono dei vincoli per i corridori, se puoi consumarne meno puoi andare più veloce. Parte dell’energia è spesa nel vincere la resistenza dell’aria, così per i più veloci, un risparmio energetico del’1% equivale a un beneficio nella prestazione dello 0.6/0.7 percento. Secondo le ricerche fatte in laboratorio, Kipchoge deve aspettarsi un beneficio intorno al 2 percento.
Ross Tucker, The Times, ieri
La relazione tra Nike e Salazar
Le sue scarpe rosa sono Nike, un’azienda che appoggiava il progetto (Nop) di Salazar, squalificato per 4 anni.
«In un campo c’è il grano e ci sono i fiori. Stavolta guardate i fiori. Cercate di liberarvi la testa, di pensare alle cose che gli uomini possono fare, invece di restare prigionieri dei tabù».
Ha vinto tutto. Se le riesce il sub 2 smetterà?
«Vedete questo sorriso? È un no. E se non ci riesco ci riproverò. Perché la vita è così: si ritenta
sempre».
Emanuela Audisio, la Repubblica
Un milione di dollari
Ieri, nella piccola sala stampa allestita lungo l’Hauptallee, nel Parco del Prater di Vienna, si è evitato accuratamente di parlare di soldi per non sporcare l’ideale. La verità è che non c’è dubbio che Kipchoge (35 anni il mese prossimo), vincitore delle sue ultime undici grandi maratone, immenso campione che vive nella massima semplicità, come un monaco corridore della spaccatura, non è certo nella capitale austriaca per fare un giro sulla ruota panoramica. L’assegno di un milione di dollari, pronto in caso di successo, dà solo un’idea molto vaga di ciò che Ineos ha a disposizione per raggiungere il suo scopo.
L’Equipe
Ma il più grande non aveva le scarpe
Chi crede che sia stato il più grande di sempre?
“Abebe Bikila. Per me è un eroe. La sua corsa nel 196o è stata straordinaria, con quella vittoria senza scarpe”.
Intervista a Gebrselassie, The Guardian, 10 maggio 2013
Abebe Bikila. Bikila è stato il primo africano nero a vincere una medaglia d’oro alle Olimpiadi. Il suo trionfo catturava il nuovo spirito dell’Africa, lo spirito del tempo, il vento del cambiamento che soffiava sul continente. Con l’indipendenza del Ghana nel 1957, l’intera Africa nera era sul confine di un nuovo e glorioso futuro. Bikila ne era il simbolo. Povero, scalzo – d’accordo – ma vincente. Aveva sferrato un colpo per una generazione di africani, per i quali il futuro sembrava ancora luminoso, nonostante l’inquietante caos che in quel momento scuoteva il nuova ex C0ngo belga indipendente. Fu particolarmente dolce per la generazione degli etiopi più anziani. La maratona era passata da Piazza Venezia. Era stato lì, dal balcone di Palazzo Venezia, che Mussolini aveva annunciato l’inizio della sua campagna d’Etiopia 25 anni prima. Bikila tornò a casa come un eroe conquistatore.
Tim Judah, Guardian, 25 luglio 2008
Tratta da www.loslalom.it
Il meglio del racconto sportivo. Scelto e commentato