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Pallacanestro

Viva Avellino e Venezia, ma l’Italia in Europa è sparita…

Da Luca Chiabotti 25/04/2018

Sidigas e Umana si disputano la Fiba Europe Cup e riporteranno in Italia un trofeo continentale. Bene, ma si tratta solo della quarta coppa per livello tecnico e importanza alla quale i nostri club sono approdati retrocedendo dalla terza... In generale la stagione internazionale del nostro basket è stata negativa, ma godiamoci questa finale: basta non prenderci in giro con aggettivi roboanti e scuse. Come abbiamo fatto finora

Due squadre italiane, Avellino e Venezia, si giocano in questi giorni la finale della Fiba Europe Cup. Bene, perché un club italiano tornerà comunque a fregiarsi di un titolo continentale cosa che accade sempre più di rado. Male perché il trofeo che verrà alzato è il quarto e l’ultimo, in ordine di importanza e di livello tecnico, nel ranking del basket europeo. Questa finale arriva dopo che Sidigas e Umana sono state retrocesse a metà stagione dal terzo livello, la Fiba Champions League, concludendo un cammino  europeo solo sufficiente, col 50% di vittorie anche avendo affrontato avversarie non certo impossibili, come le semifinaliste battute in Europe Cup, i danesi del Bakken Bears e gli olandesi di Groningen. Pazienza, il basket italiano non è nelle condizioni di fare il fenomeno, Avellino-Venezia è una finale comunque tra due squadre forti e complete e questo trofeo, che per chiunque lo vincerà sarà il primo a livello internazionale della sua storia, varrà almeno quanto una coppa Italia. Non è poco.
    Il mio primo maestro, il mitico Aldo Giordani, il telecronista dei primi 35 anni del basket in televisione, diceva sempre che quando andava in tv “batteva la grancassa” per far fare alla pallacanestro la figura migliore presso il grande pubblico dei telespettatori, che allora era davvero grande. Ma che, sui suoi giornali dedicati agli appassionati e agli addetti ai lavori, c’era il dovere di essere molto più obbiettivi e critici. Penso che a 26 anni dalla sua scomparsa, nulla sia più attuale per definire come dovremmo comportarci noi “esperti” di pallacanestro. Oggi, purtroppo, sono rarissimi i momenti in cui vale la pena di “battere la grancassa” perché il pubblico televisivo o sul player di Eurosport si misura in poche decine di migliaia di duri e puri della pallacanestro. E anche i giornali più importanti sono letti sempre di meno. Mentre le parole usate come impresa, storico, incredibile, pazzesco si sprecano, ovunque. Il problema è che sono gli allenatori, i dirigenti, i giocatori stessi a auto-gasarsi definendo così le loro prestazioni e i loro risultati. Ok, diciamo che va bene così, se vogliamo “battere la grancassa”, che sia festa grande per chi, Avellino o Venezia, si aggiudicherà la coppa: farà bene al basket italiano. L’importante è che il movimento ci creda il giusto, altrimenti, senza una pesante autocritica, la nostra discesa continuerà senza fine.
   La stagione europea appena conclusa, cioè il palcoscenico dove si misura davvero il polso della nostra pallacanestro, è stata negativa. Non solo per le nude cifre: 66 partite vinte, 85 perse, due pareggi (sì, nel mondo Fiba succede ancora anche questo). L’unica squadra che ha compiuto un cammino davvero significativo è stata Reggio Emilia, con un bilancio positivo in stagione (11-10) e una semifinale di Eurocup (la seconda coppa per livello tecnico) conquistata. Anche in questo caso, mi ha fatto sorridere sentire la parola “impresa” pur per un risultato assai positivo: siamo pur sempre un Paese ha vinto 39 trofei internazionali e ha dominato la scena fino a una quindicina di anni fa. I tempi sono cambiati, oggi bisogna gioire di ogni successo ma non archiviare come abbiamo fatto una brutta stagione, accampando solo scuse e giustificando flop generali e abbastanza clamorosi, come lo è stato quello di Milano.
Nelle ultime due stagioni, da quando l’Eurolega ha cambiato format, l’Armani è stata la squadra peggiore per bilancio vittorie-sconfitte: ultima nel 2017, penultima nel 2018 pur avendo tutto, ma veramente tutto, per giocarsi i playoff e magari le Final Four come hanno fatto quest’anno lo Zalgiris Kaunas e il Baskonia Vitoria. Soprattutto, sempre negli ultimi due anni, Milano, dopo un quarto di stagione s’era trovata in classifica in zona playoff e nel momento decisivo ha mollato nello stesso modo, perdendo 19 partite su venti (0-10 nel 2017, 1-9 nel 2018): aver poi chiuso benino la stagione, con la squadra già eliminata, non ha più alcun valore. Commentando l’Eurolega sul sito Baskettissimo, il presidente di Milano Livio Proli ha detto una cosa illuminante: “Siamo ancora un po’ indietro, tante partite perse all’ultimo sono un gap che non è così piccolo come sembra, ci sarà moltissimo da lavorare per trasformare questi ultimi minuti in momenti di vittoria”. Prendete questo concetto, applicatelo a tutta la pallacanestro italiana e, secondo me, avrete la fotografia del perché i nostri club oggi fanno fatica ad emergere in Europa.
    Quante volte anche le migliori squadre del nostro campionato hanno mancato il guizzo decisivo, quando era necessario per fare strada nelle coppe continentali, per vincere la coppa Italia, per conquistare una più alta e solida posizione in classifica? Le cosiddette grandi squadre sono quelle che si esaltano e sono performanti proprio in quei momenti. In Italia, non ne abbiamo. Ecco perché spendere troppi aggettivi roboanti dei quali si abusa o cercare solo scuse è pericoloso: non ci fa crescere. Ma ecco, anche, il motivo per cui i playoff italiani che inizieranno tra poco saranno divertenti e ricchi di sorprese: può succedere di tutto. Nessuna squadra finora ha mostrato la continuità tecnica e mentale nei momenti davvero decisivi. Accontentiamoci.
     E’ giusto seguire con passione questa finale europea tutta italiana. E’ la sesta della nostra storia, 25 anni dopo la Korac del 1993 vinta dall’Olimpia Milano su Roma, il suo ultimo trofeo continentale. La più prestigiosa resta quella del 1983, perché assegnò la coppa dei Campioni tra Cantù e Milano. Non conquistiamo un’Eurolega dal 2001 nella quale manchiamo dalle Final Four dal 2011, non vinciamo una coppa importante dal 2002, quando Siena conquistò quella Europea (oggi sarebbe l’Eurocup). Da allora abbiamo portato a casa solo due coppe di terzo livello, l’Eurochallenge (oggi Fiba Champions League) con la Virtus Bologna nel 2009 e Reggio Emilia nel 2014. Adesso toccherà a Venezia o Avellino con quella di quarta serie. Va bene così, suoniamo un po’ la grancassa tanto il grande pubblico non capisce niente del casino che abbiamo fatto nel basket con tutti questi cambi di nomi e significato alle coppe europee. Ma tra di noi, cerchiamo davvero il modo per tornare a contare davvero.
Luca Chiabotti
Tags: Basket, Luca Chiabotti, ma l'Italia in Europa è sparita…, Pallacanestro, Viva Avellino e Venezia

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Nota sull’autore: Luca Chiabotti

(La Firma) Inviato a 6 Olimpiadi, 7 mondiali e 15 europei basket, oltre 200 partite dello sport che è il suo grande amore ed ha caratterizzato la sua carriera, 35 final four, finali italiano del 1978. Esperto anche di sport americani, dal football al baseball.

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1 Commenti

  1. Viva Avellino e Venezia, ma l'Italia in Europa è sparita (di Luca Chiabotti) - basketnet.it
    26/04/2018 at 8:13

    […] sportsenators.it a cura di Luca […]

I commenti sono chiusi.

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