Il mercato Nba ha fatto il botto quando sembrava che, ormai, il meglio se ne fosse andato: Kyre Irving, che a sorpresa un mese fa aveva chiesto ai Cleveland Cavaliers di essere ceduto non sopportando più la sudditanza nei confronti di LeBron James va ai Boston Celtics in cambio di Isaiah Thomas, il piccolissimo eroe della cavalcata bostoniana dell’ultima stagione finita, proprio contro i Cavs, nella finale dell’Est. Uno scambio tra le due candidate a rivincere la conference, con i Celtics già fortificati dall’acquisto di Gordon Hayward, pronti a mettere la freccia e sorpassare LeBron nella corsa al titolo. Personalissima e inutile opinione: Thomas non l’avrei mai dato via dopo quello che ha dato, anche a livello emotivo, ai Celtics. Sono discorsi che esulano dalla pura tecnica e che solo Danny Ainge, g.m. di Boston, può sapere davvero. Peraltro, un LeBron con al fianco un Thomas sbranato dal desiderio di vincere il primo titolo, può rivitalizzare una franchigia che aveva deluso sul mercato fino a questo momento. Vedremo…
L’ultimo botto fa salire la temperatura di un mercato che ha mosso centinaia di milioni di dollari. Ma, a differenza di quello che succede nel calcio europeo, quando si parla di soldi parliamo di cifre che, tolte le tasse, vanno in tasca ai giocatori. Non esiste, nella Nba, la possibilità di “comprare” un giocatore per soldi né di mettere sul piatto, come ha fatto il Paris Saint Germain, 222 milioni affinché Neymar pagasse al Barcellona il buyout per andarsene. Il sistema Nba basato sul salary cap, il tetto dei salari, dipende da quando le squadre incassano e, di conseguenza, possono spendere per pagare i giocatori. Ma siccome la lega va benone e gli introiti non sono mai stati così alti, anche la cifra spendibile nei contratti degli atleti, complice il nuovo contratto collettivo entrato in vigore nel 2016, ha portato a cifre record come quella spesa da Golden State per trattenere la sua stella, Steph Curry: quasi 35 milioni quest’anno per un ammontare complessivo dell’accordo pluriennale di 201 milioni. Per fare un paragone, più o meno gli stessi soldi spesi dal Paris Saint Germain per l’asso del Barcellona solo per acquistarlo. Poi dovrà pagarlo. Ecco perché la Nba è un sistema che economicamente funziona e il calcio europeo un po’ meno…
Un’altra particolarità del mercato Nba di quest’anno è che sono stati spesi soldi mai visti ma, soprattutto, per “trattenere” i giocatori più importanti nelle varie squadre, una volta in vista della scadenza del contratto. Anche perché, altra bellissima cosa della Nba, secondo me, le regole sono fatte per aiutare i club a confermare le loro stelle creando un legame coi tifosi. Per noi, questo, non sarebbe “mercato”, considerando come tale solo il passaggio di un giocatore da una squadra all’altra. Cosa non corretta considerando che i campioni di Golden State hanno si sono impegnati a spendere (su base pluriennale) quasi 300 milioni, e 88 solo la prossima stagione, per mantenere inalterata la squadra che ha vinto il titolo, rifirmando Curry, Durant, Iguodala, Livinston, Pachulia e McGee. In molti club, la spesa per trattenere i big è stata enormemente più alta di quella investita su nuovi giocatori: pensiamo a cosa fatto Washington con Otto Porter e John Wall, 47 milioni in due la prossima stagione, oppure Houston con James Harden (contratto complessivo da 181 milioni) o i Clippers con Blake Griffin (173 milioni).
Così, alla fine, il mercato come lo intendiamo noi, ma sempre relativo ai soldi investiti sui giocatori e non a passaggi di denaro tra società inesistenti o quasi, è stato brillante ma non così clamoroso. Spiccano i 31 milioni che guadagnerà Paul Millsap a Denver, 29.7 di Gordon Hayward ai Celtics, i 24.5 di Chris Paul a Houston, i 23.5 di Dwight Howard a Charlotte, i 23 di JJ Redick a Philadelphia, i 22 di Brook Lopez ai Lakers, i 21 di Oladipo a Indiana, i 20 di Danilo Gallinari ai Clippers e di George Hill a Sacramento via via a scendere. Le squadre che hanno puntato di più sullo scambio di giocatori sono state Minnesota, Jimmy Butler e Jeff Teague (per 38 milioni quest’anno), Brooklyn (Alan Crabbe e DeMarre Carroll per 34 milioni), Sacramento (George Hill, Zach Randolph). E adesso Boston con l’arrivo di Kyre Irving e dei suoi 18.8 milioni di ingaggio (fanno impegni per 48,5 assieme a Hayward) al posto di Thomas che guadagna incredibilmente poco, solo 6 milioni (almeno per il momento…). Perché la Nba è anche questo: fa specie vedere giocatori bravi ma tutti da verificare come Tim Hardaway Jr. sul quale New York ha investito 51 milioni, 16.5 quest’anno, e stelle magari in difficoltà ma pur sempre straordinarie come Derrick Rose che a Cleveland ha accettato il minimo salariale, 2,1 milioni. Ma il sistema così funziona. Senza grandi debiti.
Luca Chiabotti