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Calcio

Calhanoglu, il miglior tuttocampista della serie A

Da Enzo D'Orsi 09/01/2021

Maturato con Pioli, può giocare dovunque: tecnica raffinata e grande fisicità gli consentono di essere nella stessa partita mediano ed esterno, regista e rifinitore

Bisogna cominciare da un fatto ormai chiaro. Calhanoglu è il miglior centrocampista del campionato, il simbolo del Milan che ha sbalordito tutti, ancora più di Ibrahimovic, il cui valore assoluto è indiscutibile da più di un decennio. Nella gestione di Pioli, un tecnico che sa bene come il football esistesse prima ed esisterà dopo di lui, la trasformazione di Calhanoglu si è compiuta in modo definitivo: da trequartista-esterno intermittente, quasi un’illusione ottica, a leader del gruppo, rifinitore ma non solo.
E’ diventato una sorta di tuttocampista, capace di illuminare il gioco d’attacco, concludere a rete con notevole incisività, avviare il gioco come deve un regista arretrato (o basso, secondo il lessico corrente), recuperare la palla strappandola agli avversari. Emblematico il suo intervento su Rabiot, giudicato regolare dall’arbitro Irrati, dal quale è nata l’azione dell’1-1 rossonero contro la Juve la sera dell’Epifania. Tecnica lucente, grande fisicità, notevole resistenza alla fatica. Anche questo ha contribuito a rendere il giocatore turco irrinuciabile per il Milan. E non suscita stupore che molti club stranieri siano interessati a lui, alle prese con il rinnovo del contratto.
A ventisette anni, la stessa età in cui Michel Platini planò sulla serie A diventandone un’icona prima dell’avvento di Maradona, la maturazione di Calhanoglu è completa. Che avesse un grande talento era accertato fin dagli esordi nella Bundesliga con l’Amburgo. Che avesse un tiro micidiale anche: passato al Bayer Leverkusen, segnò un gol con una conclusione da quaranta metri, tuttora considerata una prodezza degna di essere ricordata. Che potesse occupare qualsiasi ruolo da un’area all’altra era sicuro: da lì, la definizione di tuttocampista. Una definizione che può essere riservata a pochi altri: Luis Alberto, per esempio.
Per questa capacità di frequentare più ruoli da protagonista è stato da taluni paragonato a Juan Sebastian Veron, anche lui un trasformista del centrocampo, esterno, interno, regista, rifinitore. Senza scomodare i grandi campioni del passato, si può dire che Calhanoglu – che nel tempo ha irrobustito la fiducia nei suoi mezzi e conquistato la simpatia del tifo milanista – sia il giocatore ideale per il calcio contemporaneo, che richiede non solo abilità tecnica, ma anche velocità di pensiero. Bisogna giocare dove occorre, a seconda dei momenti della partita. Ad ogni giocatore viene chiesto di svolgere più funzioni, persino i difensori non possono permettersi di bivaccare nella propria zona in attesa degli eventi, devono partecipare alla manovra non appena la squadra entra in possesso della palla. Da questo punto di vista, Calhanoglu teme pochi confronti. Può avanzare in dribbling come un’ala vecchio stile, distribuire la palla ai compagni come un regista, scodellare assist per gli attaccanti come un rifinitore, battere a rete con forza e precisione. Per paradosso, troppa precisione: ha colpito un numero impressionante di pali e traverse. Pochi centimetri rischiano di impedirgli di migliorare il suo record di gol in A, nove nel campionato scorso.
*foto ripresa da www.ilbianconero.com
Tags: #hakan chalanoglu, milan

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Nota sull’autore: Enzo D'Orsi

Classe 1953, per ventun anni al Corriere dello Sport, capo della redazione torinese e inviato. Quattro Mondiali, cinque Europei, migliaia di partite di tutte le competizioni, dai dilettanti alla Champions league. Ha lavorato anche a Paese Sera e Leggo, nonché al settimanale Rigore. Ha collaborato con numerose pubblicazioni, anche straniere: in particolare, l'Equipe e France football. Dai tempi di Bobby Charlton, simpatizza per il Manchester United. E' convinto che il più grande calciatore di ogni epoca sia stato Alfredo Di Stefano, non Maradona e forse neppure Pelé. Adora il calcio inglese, l'Umbria e Parigi, non sempre in questo ordine. Sposato con Maria Paola, medico, ha tre figli e cinque nipoti. Si considera per questo molto fortunato. Fin da ragazzino, sognava solo di fare il giornalista. Tre libri per Edizioni InContropiede: “Gli undici giorni del Trap” (2018), “Non era champagne” (2019) e “Michel et Zibi” (2020). Non ama i social, ad eccezione di Twitter: @Edorsi53.

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