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La testimonianza

Vecchio, malato, ferito? Macché, il pugilato torna a riempire le palestre. Grazie anche alle donne!

Da Vincenzo Martucci 15/04/2017

L’apertura dal 2001 della pratica agonistica alle donne da parte della Federazione italiana ha aiutato il rilancio della “noble art”, insieme al ruolo dei maestri, educatori sociali del millennio

Il pugilato è uno degli sport olimpici più antichi. I primi cronisti di questo sport di combattimento furono Omero e Virgilio che, a ragione, inculcarono nelle generazioni che ebbero l’opportunità di studiare l’Iliade e l’Eneide, il timore di esercitarsi in questo sport per il rischio e la pericolosità che lo scontro, con le mani ricoperte con protezioni rudimentali, provocavano per la salute dei protagonisti. Nonostante  l’ingresso nei Giochi Olimpici dell’antichità – 668 a.c. – e la continuità nell’antica Roma non ne migliorarono la qualità e la crudeltà dei combattimenti si confermò fino alla fine dell’impero romano, nel V secolo DC, fino a scomparire per più di mille anni.

Il pugilato moderno riveduto e corretto dal marchese di Queensberry offrì maggiori garanzie mediante l’adozione di alcune importanti regole tecniche tra le quali la durata dei combattimenti, le tre categorie di peso, il conteggio a seguito di un atterramento, l’uso dei guantoni. Anche questi sostanziali accorgimenti non riuscirono però a modificare il retaggio culturale e la convinzione popolare che la boxe fosse uno sport violento e non consigliabile per il benessere psico-fisico dei giovani. La necessaria rottura del naso provocata da un pugno di un allenatore o un pugile più esperto fin dall’inizio dell’addestramento tecnico, era una convinzione diffusa che si è protratta fino ai giorni nostri ed ha tenuto lontani dalle palestre di pugilato tanti giovani desiderosi di provare a tirare pugni.

Oggi le regole imposte dall’AIBA e dalle Organizzazioni professionistiche hanno prodotto una sicurezza in termini di prevenzione e tutela della salute degli atleti che colloca il pugilato nella parte bassa della classifica infortunistica legata alla pratica sportiva in allenamento ed in  competizione. Qualche grave incidente è legato, come in tutti gli sport, alla casualità e, talvolta, alla superficialità nella gestione tecnica ed agonistica degli atleti.

La boxe moderna ha vissuto periodi di grande popolarità per merito dei grandi campioni del ring. Tante stelle del ring hanno galvanizzato le folle di tutto il mondo e taluni sono diventati veri e propri miti, legando le loro leggendarie gesta sul ring a fenomeni sociali, artistici e  politici che hanno caratterizzato la loro epoca. Si pensi a Cassius Clay, alias Mohammed Ali, Primo Carnera, Max Schmelling, Marcel Cerdan, Nino Benvenuti, Tiberio Mitri, George Carpentier, Rocky Marsciano, Joe Louis, Duilio Loi, Emile Griffith, Sandro Mazzinghi, Ray Sugar Robinson, Jack La Motta, Carlos Monzon, George Foreman, Mike Tyson, tanto per citare i più popolari, quelli  che hanno fatto scrivere fiumi d’inchiostro ed hanno ispirato la letteratura ed il cinema che ha prodotto film di grande successo. “Lassù qualcuno mi ama” con Paul Newman, i 6 film di “Rocky ”, “Ali”, “Cinderella Man”  “ One Million dollar baby” “Rocco e i suoi fratelli”, le  divertenti scene di boxe interpretate  da Charlie Chaplin ed altri attori comici.

Oggi, viviamo un periodo di “crisi di popolarità” che si protrae da molti anni dovuto principalmente alla carenza di talenti e di popolari campioni. I Promoters non hanno più il sostegno dei grandi network TV, che sono fortemente attratti dal Calcio, Ciclismo, Tennis, Formula Uno, Motociclismo che con i loro eventi si accaparrano quasi interamente il “mercato sportivo”. Il Global Sport Market si aggira intorno ai 115-120 miliardi di dollari, ebbene il pugilato, che era tra gli sport più ricchi di sponsors, di diritti televisivi, di spettatori paganti, oggi riesce a racimolare solo il 3-4% di quella straordinaria torta miliardaria.

In questa drammatica situazione che non è solo italiana o europea ma universale, il pugilato sembrerebbe quindi avviarsi verso un inesorabile tramonto ed invece,  incredibile, ma vero, il numero dei praticanti non è mai stato così in crescita in tutto il mondo. Come si spiega questo fenomeno? Tra le variegate interpretazioni degli addetti ai lavori voglio esprimere anche la mia. Ritengo che le motivazioni  fondamentali di questa, altrimenti inspiegabile, rinascita siano legate a due grandi processi culturali:

  • La riscoperta dei valori formativi, educativi e ricreativi di questa disciplina sportiva
  • L’apertura della pratica agonistica alle  donne

Dal 2001 la Federazione Pugilistica Italiana ha promosso una grande campagna di diffusione del pugilato sul territorio nazionale attraverso la formazione di un elevato numero di tecnici che, pur non essendo preparati ai massimi livelli scientifici e metodologici, avevano tutti una grande motivazione e la volontà di divulgare, nelle nuove palestre che si sono aperte ed anche nei centri fitness dove sono andati ad insegnare, il pugilato moderno. E cioè uno sport per tutti. Adolescenti, giovani, adulti, maschi e femmine che avessero la passione, il piacere, la curiosità di prendere a pugni un sacco, fare lo “sparring condizionato” ed anche salire sul ring se in possesso delle qualità tecnico-tattiche ed atletiche per disputare un combattimento, hanno fatto crescere in modo esponenziale il numero dei praticanti.

Il Prof. Massimo Scioti che ha diretto i nostri Corsi di Formazione ha sempre posto come obiettivo prioritario dei nuovi Istruttori l’aspetto educativo e formativo del pugilato. Gli allenatori, i maestri di pugilato nel Terzo Millennio, inoltre, hanno la necessaria preparazione e consapevolezza di essere un esempio, un modello ed un  riferimento affidabile per i giovani che frequentano le loro palestre. Oggi l’adesione alle varie discipline sportive è più concorrenziale del passato e il prestigio dell’allenatore diventa un fattore determinante per la promozione della disciplina sportiva sul territorio. I maestri di Pugilato devono saper elaborare e divulgare l’educazione sportiva come sana opportunità per rendere i nostri giovani più forti mediante la chiara comunicazione, la fiducia, l’avventura  e la proposta di  nuove esperienze.

Se consideriamo che i più allarmanti problemi che danneggiano il presente ed il futuro dei nostri giovani sono:

  • l’aggressività e la  violenza verso il prossimo, il cosiddetto Bullismo
  • il consumo  degli stupefacenti con la conseguente dipendenza
  • l’obesità giovanile che sfocia molto spesso in malattia in età adulta

possiamo riaffermare che la pratica del pugilato deve essere riproposta come strumento educativo a livello scolastico, come sta avvenendo in tanti Paesi del Mondo: Gran Bretagna, USA, Francia, Belorussia, Uzbekistan, India…, per la sua riconosciuta capacità di prevenire e combattere queste devianze.

Il pugilato, sport di combattimento, costringe l’atleta a rispettare  la regole di non colpire irregolarmente l’avversario, di rispettare prontamente il richiamo dell’arbitro, di non girare le spalle o scappare, di non infierire su un avversario più debole, di mantenere il peso di categoria, di accettare la sconfitta abbracciando e facendo  cavallerescamente i complimenti all’avversario che ti ha duramente battuto. Il rispetto delle regole diventa sicuramente stile di vita e sono proprio gli sport più duri ad  interiorizzare la “regola” con efficacia duratura. La corretta pratica del pugilato è, pertanto, un valido strumento pedagogico per potenziare l’orgoglio, la fiducia in se stessi, il coraggio, l’autocontrollo, la disciplina e la creatività. Il pugilato è un utile esercizio per scaricare e riequilibrare l’aggressività attraverso la fatica, il dolore, lo sforzo, la pazienza, l’attesa, l’autocontrollo, la ricerca della vittoria ottenuta in un confronto leale e nel rispetto delle regole. La pratica del pugilato non riuscirà da sola ad abbattere il bullismo, il consumo, la dipendenza e l’obesità, ma crediamo fermamente che, insieme agli sport duri e di combattimento, potrebbe dare un contributo sostanziale alla soluzione dei problemi.

L’altro fattore che ha prodotto la moltiplicazione del numero dei praticanti il pugilato è stato l’inserimento dell’attività agonistica femminile nei programmi della FPI a partire dal 2001. Le donne sul ring hanno demolito il tabù del rischio e del pericolo di farsi male combattendo con i guantoni. Hanno dimostrato che allenarsi duramente, combattere ed anche soffrire sono prerogative più congeniali con la natura femminile che con quella maschile. Inoltre, fare pugilato offre alle donne evidenti benefici fisici e psichici. Sviluppa lo spirito di iniziativa, contribuisce  in modo efficace ad arginare lo stress, permettendo di prendere le distanze dalle situazioni complesse e di gestire con razionalità e determinazione le preoccupazioni del quotidiano. Migliora le capacità del sistema cardiocircolatorio, la tonicità di tutti i muscoli, poiché la gestualità tecnica e la preparazione atletica richiedono la mobilitazione di tutti i muscoli. Le braccia ed i glutei ben  modellati, il giro vita  più fine diventano l’ideale battaglia contro il sovrappeso, poiché l’allenamento basato su un dispendio energetico prevalentemente aerobico consuma le riserve di grasso superfluo.

Qualcuno sostiene che educare a diventare bravi cittadini valga più di una medaglia olimpica. Io penso che nel futuro prossimo si potranno centrare contemporaneamente i due obiettivi, perché la quantità solitamente  produce qualità. Ecco perché sono ottimista anche sul rilancio qualitativo e spettacolare del pugilato sia a livello olimpico che professionistico.

Franco Falcinelli

 

* Presidente EUBC (European boxing confederation) e Vice Presidente AIBA (Associazione internazionale boxe amatori).

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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