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Tennis

La pallina gialla dà e prende. Chi ha preso di più, Federer, dà a Del Potro e Kokkinakis. E anche a Rafa…

Da Vincenzo Martucci 25/03/2018

Provato di fisico e di testa da Indian Wells, Roger Express cede prima a Delpo e poi a Kok, due dei più forti stoppati dagli infortuni. Così restituisce il numero 1 a Nadal e, rinunciando ancora alla terra battuta europea, gli spiana la strada verso l’ennesima stagione trionfale sul rosso

Due stagioni d’inferno, fra un infortunio e l’altro, una frustrazione che avrebbe distrutto i più, come quella sensazione: “Per certi versi, mi sento un veterano. Ho 21 anni, ma in realtà sono parecchio più anziano, non so se è una cosa positiva, probabilmente no, ma mi sento che se fossi almeno nella trentina”. Thanasi Kokkinakis, nato ad Adelaide, Australia, da genitori immigrati dalla Grecia, cresciuto nel mito di Marat Safin, aveva disperso la fiducia dei giorni da juniores (finalista ad Australian Open e Us Open di categoria) e degli esordi pro, quand’era arrivato al numero 69 del mondo nel giugno 2015, e si stava facendo un nome solo quel “Kok si è scopato la tua ragazza”, col quale il gemello australiano, Nick Kyrgios, aveva provocato Stan Wawrinka, ricordandogli la storia che Thanasi aveva avuto con la collega Donna Vekic, prima di fidanzarsi con lui.
Aveva provato più e più volte a tornare sulla scena, ma vuoi la spalla, vuoi gli addominali l’avevano sempre stoppato. Marchiandolo con l’etichetta dell’ennesima sfortunata speranza dello sport, boicottata dagli infortuni. Con il solito contorno di sorrisetti di circostanza dell’ambiente, e troppa amarezza sua e dell’appassionata comunità greca che l’accompagna ovunque, nel mondo.
  La carriera tennistica di Thanasi, molto più dolce di carattere dell’amico del cuore Kyrgios, è stata davvero tormentata. Con questa discesa agli inferi della classifica che ha cominciato a fermarsi solo nel maggio scorso, al torneo di Lione, quando ha ripreso a giocare in singolare sul Tour – senza classifica -, quasi due anni dopo l’ultima apparizione, dell’ottobre 2015. La sua risalita è stata lenta e faticosa, con un primo acuto al Queen’s, quand’ha battuto per la prima volta un top ten (Raonic), e quindi subito dopo con la finale di luglio a Los Cabos, quand’ha infilato Tiafoe, Fritz e Berdych, arrendendosi in finale a Querrey. Chiudendo però ancora l’anno molto in anticipo, già col ko d’acchito agli Us Open, nuovi fortissimi dubbi sulla sua salute e, quindi, sulla possibile risalita. Così è stato anche in questi primi tre mesi dell’anno, con l’eliminazione al primo turno a Melbourne contro la bestia nera Medvedev, la semifinale del Challenger di Morelos, alla quale ha rinunciato, ritirandosi, la sconfitta al secondo turno ad Acapulco (con Feliciano Lopez), e quella d’esordio con Baghdatis, dieci giorni fa, a Indian Wells. Come sperare di dare la svolta proprio contro il numero 1 del mondo, il redivivo Roger Federer?
   Invece, prima di andare in campo, il bel ragazzo di 1.96 che serve prime-bomba e cerca costantemente la soluzione, di forza o a rete, si faceva coraggio: “Non cambio di match in match, io gioco per vincere, non vado in campo pensando: “Spero di fare qualche game”. Non è questa l’attitudine di cui ho bisogno. Penso che, se servo e gioco bene, posso avere un bell’impatto sul match, anche se giocare contro Roger è dura. La maggior parte del pubblico lo sosterrà. Ma posso fare buone cose”. Campione dentro, lui che a fine 2015, a 19 anni, era fra i primi 80 del mondo, in rampa di lancio insieme ai coetanei Vip, Borna Coric, Hyeong Chung ed Alexander Zverev, “Kok” si sente più forte che mai: “Ho avuto parecchi alti e bassi, ma il mio corpo non si sente così bene dal 2015 – toccando legno – perciò cerco di stare positivo e di non strafare. Eppoi vediamo dove arrivo. Sento di essere un giocatore molto migliore di tre anni fa”. Forte di quell’aiutino extra che la gente non sa, guardando solo ai numeri, al suo appena 175 del mondo contro l’1, il re di 20 Slam, e allo zero nella, casella dei testa a testa. A parte la carica accumulata nelle difficoltà dal’australiano, a parte la freschezza dei suoi 21 anni (22 il 10 aprile), e le pile scariche invece del Magnifico, spremuto da Indian Wells di fisico e di testa, dopo il contraccolpo emotivo della sconfitta in finale con Del Potro. La gente non lo sa, ma Roger ha invitato due volte Kokkinakis ad allenarsi con lui a Dubai, a fine stagione 2014 e anche l’anno scorso durante la stagione sulla terra rossa europea, regalandogli la chiave per batterlo. “Di lui so tutto, così se perdo è solo per quello che faccio io”, aveva ridacchiato in conferenza stampa. Tutti pensavano scherzasse, e invece diceva davvero: “Sono sicuro che in allenamento Roger non mostra tutto. Ma in quei giorni ho visto che cosa potrei fare contro di lui e cercherò di aprirmi una varco”.
    Senza la concreta partecipazione di Federer, Kokkinakis non ce l’avrebbe fatta. Ma i due cali dello svizzero, all’inizio del secondo set e nel tie-break del terzo, sono stati decisivi per il risultato più clamoroso del torneo. Che costa carissimo a RogerExpress e al tennis tutto: da lunedì restituisce infatti la corona di numero 1 del mondo al rivale di sempre, Rafa Nadal, spianandogli la strada per un’altra trionfale stagione sulla terra rossa. Perché, subito dopo la sconfitta,  Federer ha ufficializzato che, per il secondo anno consecutivo, non gareggerà sulla terra battuta europea, per risparmiare energie e fiducia per l’erba di Wimbledon. Peccato davvero. Sarebbe stato esaltante assistere ad un altro testa a testa nella rivalità più famosa dello sport tutto, con in palio magari l’ultima rincorsa di Federer al Grande Slam che è riuscito ben due volte al suo idolo Rod Laver. Ma questo è il tennis, affascinante e terribile, sempre senza certezze, senza un copione, senza una trama. Con la pallina gialla che decide il destino, dà e prende. Così, anche il dio del tennis, che tanto ha preso, dà volentieri agli sfortunato Del Porto e Kokkinakis, proprio i due che negli anni hanno preso meno.
VINCENZO MARTUCCI
vincenzomartucci57@gmail.com
Tags: atp miami, dà a Del Potro e Kokkinakis. E anche a Rafa…, federer, La pallina gialla dà e prende. Chi ha preso di più, tennis, vincenzo martucci

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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