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La testimonianza

Comaneci: “Noi romeni siamo così, vinciamo ogni 40-50 anni”. Tiriac: “Simona è emotiva, ma si merita il n. 1”

Da Vincenzo Martucci 09/06/2018

Nadia, un mito col famoso, primo, storico, “10” alle parallele a Montreal ’76, è accorsa in tribuna al Roland Garros a fianco dell’ex tennista, poi manager di Vilas e Becker, per il trionfo della Halep. E’ romena anche la manager Ruzici che 40 anni fa conquistò il Roland Garros 

Nadia Comaneci, che cosa ha provato nel veder vincere Simona?
“L’inno romeno mi ha commosso come sempre. Così come il pensiero che, Simona, come me, e come tutti gli atleti, abbiamo cullato il sogno di vincere le gare più importanti sin da bambini. Vincere il Roland Garros era il sogno di Simona sin dai 14 anni. E quando ha alzato la coppa, io ho capito che cosa provava, perché io so che cosa significa quando sogni quel momento”.
Ha avuto paura che ancora una volta Simona non ce la facesse?
“Non ha mai mollato, all’inizio è stata un po’ lenta, ma che importa? Quel che conta alla fine è sempre il risultato, e lei è n. 1 ed è campionessa del Grande Slam, sono cose che nessuno nessuno può toglierle mai”.
Ha giocato in casa: c’erano tantissimi tifosi romeni.
“Siamo tanti, ovunque, ancor di più quando gioca Simona. Che trasmette forti emozioni alla gente, alla sua gente”.
L’ultimo trionfo romeno qui al Roland Garros risaliva a 40 anni fa, con Virginia Ruzici, che si impose nel 1978.
“Ogni 40/50 anni arriva qualcuno di noi che fa qualcosa di straordinario. E così il risultato diventa ancor più forte ed indimenticabile, appassionando tutto il nostro paese. Perché tutti hanno visto questa finale, nessuno voleva perdersela, io per prima”.
Conosce Simona personalmente, ci ha passato del tempo insieme?
“Sì, la conosco, abbiamo parlato più volte, e a New York durante gli Us Open abbiamo anche fatto un po’ di shopping insieme. La conosco talmente bene, e conosco così tanto questi momenti, che so che forse Simona capirà quello che è successo solo domattina quando si alzerà dl letto”.
Ion Tiriac, da ex tennista e manager di tennisti famosi, come giudica Simona?
“E’ una cosa molto semplice: è una ragazza di 1.65, non 1.80 come tante altre, che ha talento enorme, ma è molto introversa, noi latini siamo un po’ diversi degli altri, ma si emoziona enormemente. Per questo ragione ha regalato due finali Slam, e questa non ha voluto regalarla. Non ha giocato bene, la metà di giovedì, ma ha avuto il merito di essere restata in campo finché la palla ha fatto click ed è andata più forte.”
Dopo il primo set, ha avuto paura che perdesse la quarta finale Slam?
“Ho avuto paura prima del primo set. La partita doveva essere 6-1 6-2. Ma quando ha vinto il secondo set, ho detto a mia figlia: “Se vince il primo game, finisce 6-0 o 6-1”.
Che cos’è successo per cambiare tanto il match?
“La palla ha cominciato a marciare un po’ di più. Contro Muguruza il suo rovescio andava più veloce di quello di Nadal, 121 km all’ora invece dei 120 di Rafa. Contro Stephens non è stata la stessa cosa. E non dipendeva dall’avversaria che non è enorme da nessun punto di vista, ma rimette la palla a velocità media. Dipendeva da Simona che avrebbe dovuto aprire il campo di più e si è accontentata di rimettere una palla in più, giocando un metro e mezzo, anche due, fuori, una cosa inammissibile, un suo difetto, che contro Muguruza non ha avuto perché sapeva che altrimenti avrebbe perso”.
Halep è la degna numero 1 del mondo?
“Oggi non è tanto difficile come 30 anni fa quando c’erano Graf o Navratilova. Ci sono molte che giocano molto bene, lei, quasi da 7-9 mesi, è numero 1. Non l’ha comprato al supermarket, l’ha meritato perché, per il momento, ha vinto più punti di tutte. Può migliorare enormemente, ma si deve trovare il tempo per lavorare sulla strategia molto più che sulla tecnica”.
C’era una marea di romeni: come hanno fatto a procurarsi i biglietti così cari di una finale al Roland Garros?
“Sì, c’erano duemila persone come minimo. E’ difficile trovare i biglietti, ma i romeni se non trovano i biglietti li costruiscono anche. Non è un problema…”.
I romeni hanno spesso atleti di talento, ma hanno vittorie così solo dopo tanti anni. Come mai?
“Non abbiamo una base amatoriale, non abbiamo infrastrutture e non abbiamo una cosa che avete voi, che si chiama Coni, che ha soldi senza fine e può supportare questa cosa. Simona, al 99% se non 110% è stata aiutata solo dalla sua famiglia. Che non è ricca, non esiste in Romania. Lei e le altre 6 ragazze che sono fra le prime 100 del mondo sono venute fuori così, e fra gli uomini che è anche più difficile, abbiamo meno giocatori”.
Perché, da uomo più ricco di Romania, non diventa presidente della federtennis?
“Non ho tempo. Mi sono già preso una grande soddisfazione da presidente del comitato olimpico, a Sydney quando con l’1% del budget dell’Italia ho vinto più medaglie io (Non vero, ma di poco: il totale fu 34 per l’Italia 26 per la Romania, 13-11 gli ori, n.d.r.).
Anche Tiriac il duro ha versato una lacrimuccia? L’abbiamo vista scappare dalla tribuna.
“No, è mia abitudine. Anche nel primo Wimbledon di Boris Becker andai via. Non è mio dovere stare lì, il merito è dell’atleta e tutti quelli che sono stati a lavorare con lui”.
VINCENZO MARTUCCI
Tags: comaneci, halep, tiriac

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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