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Calcio

Così Imke sceglie i calciatori da mandare in campo

Da Vincenzo Martucci 19/01/2019

Una risposta ad un giornalista ha reso Imke Wubbenkorst famosa in tutto il mondo, lei allenatrice dei un club professionisti tedesco di uomini, dopo una ottima carriera da calciatrice. "Penso a come impormi con le idee e il comportamento, a come coinvolgere i giocatori nel progetto e guadagnarmi il loro rispetto"

Negli spogliatoi i suoi giocatori sono obbligati a indossare i pantaloncini?”. “Certo che no, sono una professionista, scelgo i giocatori in base al pene”. Donna, forte, di personalità, prima allenatrice di una squadra di calcio professionistico maschile tedesca, il VP Cloppenburg, di quinta divisione in Bassa Sassonia, e quindi allenatissima al maschilismo più sfrenato degli spogliatoi e del mondo del pallone, Imke Wubbenkorst s’era preparata mille volte alla riposta a una domanda del genere. Lei, centrocampista, che, fino ai 16 anni, non essendoci squadre di calcio donne nella regione, ha militato nel Wallinghausen uomini e, dopo aver vinto i campionati Europei con la nazionale under 19 ed aver messo insieme quasi 100 presenze nell’Amburgo SV,  ha poi seguito tutta la trafila di coach al femminile sempre col Cloppenburg, dopo essere stata anche giocatrice-allenatrice, fino a diventare manager della squadra di seconda visione.

E a far talmente sensazione, ad appena 30 anni, con la sua squadra donne, da spingere la direzione del club a promuoverla il 31 dicembre alla guida della formazioni degli uomini che stentava nelle ultime posizioni nel campionato della regione di Oberliga.

“Lasciar avanzare il processo di evoluzione di genere è stata una decisione facile, abbiamo guardato solo alla qualità”, si vanta adesso il dirigente  Herbret Schroeder. In realtà il processo è stato ben più complicato, come ha raccontato la stessa Wubbenhorst a proposito di un vice-allenatore che ha lasciato la squadra dicendo che non avrebbe raccolto i coni d’allenamento per una donna. Un altro dello staff le aveva chiesto di mettersi una sirena in testa così da segnalare il suo arrivo negli spogliatoi, per evitare di vedere che qualche giocatore nudo.

Ma la ragazza è tosta ed ha insistito: “Anche se, sinceramente, nel ventunesimo secolo, non mi sarei mai aspettata tante resistenze e perplessità per un allenatore donna di una squadra maschile”. E ha subito cercato qualche soluzione concettuale per rimuovere le difficoltà della squadra, come rivedere i filmati dei match a gruppi separati, coi difensori, coi centrocampisti e con gli attaccanti, e come approfondire la tecnica di base individuale.

“Nei sette anni e mezzo che ho vissuto nel club, ho sempre cercato il dialogo tecnico coi colleghi uomini ma non mi davano retta, semplicemente perché sono donna. Eppure, non avevano mai lavorato con analisi video, ed avrei tanto voluto dirgli: ‘Amico, lasciamo parlare un attimo col tuo allenatore e lo inchiodo al muro coi miei argomenti'”. Imke non si illude: “Vorrei tanto pensare che la scelta è caduta sulla mia figura perché possiedo il patentino di allenatore A, perché ho un pedigree importante anche come giocatore, perché ho tanto studiato lo sport, e sono anche pedagogo, oltre ad aver già allenato tanto. Anche se tutto è successo perché l’allenatore, Olaf Blancke, ha accettato l’offerta dei rivali e la mia società ha trovato più conveniente, anche finanziariamente, favorire una soluzione interna”.

Imke non ha tempo e voglia di filosofeggiare: “Sinceramente, non penso tanto a quanto devo o posso essere orgogliosa di essere il primo allenatore donna di una squadra di calcio maschile, o al mio ruolo magari di pioniere. Penso piuttosto a quando mi sono presentata a centrocampo ai giocatori e ni hanno chiesto: “Come dobbiamo chiamarti?”. E io gli ho detto: ‘Chiamatemi allenatore’. Penso a quanto posso ottenere da questo lavoro, penso alle perplessità che accompagnano il mio ruolo, a cominciare dalla parola autorità. Penso a come impormi con le idee e il comportamento, a come coinvolgere i giocatori nel progetto e guadagnarmi il loro rispetto. Penso che, comunque sia, ora, finalmente, posso cercare di fare qualcosa di diverso e di concreto”. Per tentare una salvezza-miracolo per l’ultima in classifica, lontana sei punti dalla zona salvezza con appena dodici partite ancora da giocare.

Imke, che aveva bussato invano alla porta dell’Oldenburg e del TV Dinklage maschile, ce la metterà tutta fino in fondo: “Voglio realizzare l’impossibile. Contro tutti i pregiudizi, sessuali e anche legati alla mia giovane età”. I suoi giocatori, sono con lei, a cominciare dal centrocampista Leon Neldner: “La squadra ha reagito bene al cambiamento di rotta: Imke ci aiuta, è competente, può trasmettere qualcosa di importante”.

*articolo ripreso da agi.it

Tags: #allenatrice, #Imke Wubbenkorst, calcio

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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