Due Mondiali vinti consecutivamente, una nuova avventura in una scuderia gloriosa come la McLaren ma, ad un certo punto, in quelle grandi camerette che, in fin dei conti, sono i box di Formula 1 ecco arrivare un pilota che per ego, sicurezza, fame e precocità pare arrivare da un altro pianeta. E, d’un tratto, meccanici, addetti alla telemetria, tifosi, grandi capi sciamano da un lato all’altro del locale, pronti a contendersi un po’ delle attenzioni di questo “bel tipo”. Così i tuoi poster, il tuo volto sorridente viene pian piano rimpiazzato dal nuovo arrivato, col suo sorriso fresco e luccicante come l’avorio, i media accendono i riflettori tutti su di lui e tu sei solo, al massimo circondato dai due amici più fedeli, quelli di sempre. Che ti restano, tuttavia, potrebbero anche loro iniziare a dubitare di te e passare alla concorrenza. Parafrasando Riccardo Cocciante, sai che “ti volti anche un attimo e ognuno pensa per sé”.
Questo è il ritratto dell’annata 2007 di Fernando Alonso. L’asturiano non ci voleva proprio finire in una scatola. La soffitta non faceva per lui. Aveva ancora molto da dare e credeva, dall’alto di due allori messi in bacheca tra 2005 e 2006, di aver diritto a un po’ più di rispetto. La McLaren, però, decise di affiancargli Lewis Hamilton, pilota marziano, senza timore reverenziale per nessuno, uno quasi ai limiti dell’incoscienza, che sembrava davvero non capire dove si trovasse, quale fosse il suo posto nel paddock e il ruolo che gli era stato cucito addosso.
Tutta colpa di Ron Dennis che, per fortuna, non ha scelto di fare l’artificiere nella vita, quanta era notevole la sua capacità capace di infiammare quel che toccava. Tanto che, al terzo tentativo di maneggiare una valigia piena di materiale fortemente combustile, ha finito con il bruciarsi le mani, mandando a fuoco tutto il contenuto. Potremmo dire che “ha avvelenato il pozzo”, “ha messo un serpente” non nello stivale ma nell’abitacolo di Alonso e di Hamilton. Non era la prima volta, gli era già accaduto , pur già con qualche pericoloso effetto collaterale, con Lauda e Prost e poi con Prost e Senna. Ma con l’accoppiata Hamilton-Alonso il castello di carte ha ceduto di schianto, finendo per regalare il titolo mondiale al terzo incomodo, Kimi Raikkonen. Il finlandese riuscirà a rimontare diciassette punti nelle ultime due gare della stagione sulla coppia della McLaren.
Hamilton, un debuttante particolare…
Nel primo anno dopo Schumacher, la McLaren motorizzata Mercedes punta dunque sul nuovo grande-vecchio della Formula 1 e sul giovane esordiente. Alonso lascia la Renault dopo due Mondiali di fila e Hamilton arriva in squadra dopo il successo in GP2, oggi Formula 2. Sulla carta non dovrebbero esserci problemi. La compatibilità dovrebbe esserci. I due dovrebbero avere pile differenti, spazi differenti nella grande cameretta di Ron Dennis, e invece. Hamilton è un debuttante particolare, si piazza subito nel punto più luminoso della cameretta, sullo scaffale più in vista. Non ha timori reverenziali nei confronti del compagno spagnolo che ha quattro anni, due Mondiali e 26 milioni di euro di stipendio in più di lui. Lui è quel ragazzino che a 9 anni si era presentato da Ron Dennis chiedendogli di farlo correre e, sentendosi rispondere “Torna quando avrai vinto qualcosa”, non ci aveva pensato due volte a rifarsi vivo tre anni dopo, diventando un giovane protetto del grande capo che vedeva in lui l’uomo del futuro, il primo pilota di colore della Formula 1. Insomma Lewis sarà stato anche un debuttante, ma del tutto particolare. I libretti di istruzioni vanno sempre letti attentamente.
“So di aprire una pagina storica perché la mia pelle è nera ed è un inedito nella Formula 1. Ma sono pronto. Un giorno vorrò vincere il titolo, per ora mi accontento di avere il numero 2 e di provare a colmare il gap con Fernando”, dice Lewis a Valencia il 15 gennaio, nel giorno della presentazione della McLaren che tra l’altro ha portato via anche lo sponsor, la Vodafone, alla Ferrari.
Fernando e Lewis sono rasati come Palla di Lardo nella scena iniziale di “Full Metal Jacket”. Manca solo “Hello Vietnam” di Johnny Wright in sottofondo. Posano da bravi compagni di squadra per le foto ricordo, non si vedono ancora delle crepe pericolose nella loro unione anche se le dichiarazioni successive di Lewis dovrebbero suonare come un campanello d’allarme: “Non mi fa paura niente, sono pronto a dare battaglia”. Racconta di non avere Schumacher, ma Senna (“Il pilota più forte di sempre”) come modello e anche questo dovrebbe essere un segnale per il suo compagno di squadra. Il primo scontro va in onda alla quinta gara della stagione, a Montecarlo. La McLaren vi arriva dopo aver vinto una sola volta con Alonso, ma con Hamilton in testa al campionato con due punti in più del compagno. È quanto basta a far pensare in grande il giovane Lewis che, oltretutto, ama questa pista folle dove è al debutto con una Formula 1: «È il miglior circuito dell’anno, non c’è nessun altro posto dove si libera tanta adrenalina perché la pista è stretta e non ci sono vie di fuga».
Alonso, al contrario, non gradisce: “Non è una bella sensazione guidare a trecento all’ora sulle strade. Ho sempre detto che Monaco non è la mia gara preferita”. Il dualismo inizia ad emettere le sue prime pulsazioni. Alonso, in ogni caso, è il più veloce fin dalle prove del giovedì, mentre Hamilton disintegra la sua McLaren alla Santa Devota. “L’avevo detto che non si può sbagliare”, commenta Alonso, mentre i giornali spagnoli cominciano a deridere l’inglese titolando: “È umano!” Ron Dennis fa finta di niente. A chi gli chiede se la rivalità tra i suoi piloti lo preoccupa o gli ricorda qualche vecchia storia risponde: “Le voci sulle presunte rivalità tra i miei piloti mi fanno ridere”. Nella sessione che conta per la pole, Lewis è più veloce nel primo settore, Fernando più rapido nel secondo. Lewis viene rallentato da Webber (“Ho perso un bel po’”), ma anche Fernando parla di “traffico inevitabile”. E allora finisce che per due decimi Alonso si prende una pole che vale oro, oltretutto la prima dell’anno per la McLaren.
Al suo esordio nel Principato, Lewis è comunque secondo. “Ora credo che qualcosa il team ci dirà, prima di partire”, dice Alonso. “Noi ci rispettiamo e vogliamo il meglio l’uno per l’altro”, aggiunge Fernando, “ma partiamo primo e secondo al Gran premio di Monaco e confidiamo di finire primo e secondo.” Hamilton conferma: “Sono d’accordo, il team ci parlerà prima, ma noi siamo due professionisti. Vogliamo vincere, ma in partenza saremo meno aggressivi delle altre volte in cui dovevamo lottare con le due Ferrari. Insomma, saremo prudenti e poi vedremo cosa accade”.
Al via mantengono la parola. Sono realmente prudenti. Tutto fila liscio e dopo il secondo pit stop le posizioni sono invariate: primo Alonso, secondo Hamilton. Quindi non resta che gestire la situazione. A quel punto, Steve Hallam, l’ingegnere campione in McLaren ai tempi di Senna e Prost, decide di risparmiare i motori, così comunica via radio a Fernando di ridurre la potenza. Fernando esegue l’ordine, mentre Hamilton si fa sotto cominciando a pressarlo. Interviene, allora, Ron Dennis via radio per riportare l’ordine. Ma ormai è chiaro dove voglia arrivare Hamilton, tanto che dopo la gara alla domanda sulla pressione ad Alonso per indurlo all’errore Lewis risponde: “Ho fatto il possibile per stargli sotto e ho provato pure a sorpassarlo. Ma, tento di indovinare… sarà per la prossima gara”. Il ragazzino esce così allo scoperto. “Alla fine di questo giorno, mi rammento che sono un esordiente in Formula 1. Sono arrivato secondo nel mio primo Gran premio di Monaco, non posso lamentarmi. Vedere che ho tenuto lo stesso ritmo di Fernando è positivo. Ma c’è qualcosa con cui devo coesistere: “Sulla mia auto c’è il numero 2 e io sono il secondo pilota.” Qualcosa che non gli va giù. Ha solo cinque gare in Formula 1 alle spalle, il suo compagno, quello con il numero 1 sulla carrozzeria, è due volte campione del mondo, ma il giovane Lewis ha una fame incontenibile.
La FIA apre addirittura un’inchiesta per verificare se la McLaren non abbia cambiato le strategie in corsa, fermando Hamilton e favorendo Alonso. Una di quelle azioni controsenso che rischiano di rovinare tutto. Radio box racconta che Hamilton fosse partito con più benzina prevedendo un solo stop, ma che poi si sia deciso di cambiargli strategia per impedire che a vincere fosse lui. Solo Ron Dennis lo sa e in fin dei conti poco importa. Certo il comportamento di Lewis autorizza ad essere maliziosi. Comunque presto anche per lui arriverà il momento di aprire la stagione della caccia per saziare la sua fame: le praterie americane e le zone boschive del Canada danno sempre grandi soddisfazioni. Lewis si trasforma in Buffalo Bill. Hamilton è come Bruce Nolan in “Una Settimana da Dio”, catapultato in testa al campionato con 10 punti di vantaggio su Alonso e addirittura 26 su Raikkonen, col finlandese sempre più simile a Wheezy, il pinguino dal fischietto rotto destinato a essere venduto per qualche centesimo di dollaro ai mercatini dell’usato.
Lo sfogo di Alonso
A Montréal Lewis conquista la prima pole e vince la prima gara della vita dopo un Gran Premio movimentato con quattro Safety Car e il terrificante incidente di Robert Kubica. Alonso cerca – senza conseguenze – di mettergli i bastoni tra le ruote fin dal via, con una partenza da kamikaze che per poco non innesca un patatrac biblico. È nervoso. Si vede e, dopo la gara, si sente. Il suo sfogo con Cadena SER, popolarissima radio spagnola, fa il giro del mondo:
“Sin dall’inizio non mi sono sentito completamente a mio agio nella squadra. Ho un compagno inglese in un team inglese. Inoltre Lewis sta facendo un grande lavoro e so che tutto il supporto e l’aiuto va a lui, l’avevo capito subito”.
Alonso è lo stesso che per due anni di fila aveva battuto Schumacher, un pilota fortissimo anche di testa. Ma, nonostante le smentite e le rassicurazioni di Ron Dennis, non sente attorno la fiducia che vorrebbe. Lewis è cresciuto con Ron Dennis, è inglese come il team, come la maggior parte di tecnici e meccanici, è destinato a scrivere la storia diventando il primo campione del mondo di colore. Vede troppe ombre, troppi nemici attorno e Fernando inzia a complicarsi la vita all’interno del team, a rendersi antipatico, a costruire barriere che finiranno col costargli carissimo. “L’unico errore che ha fatto in carriera Fernando è di andare alla McLaren. Ma lui non è un rompiscatole, le squadre che seguono i suoi consigli vincono”, spiegherà a “il Giornale” Flavio Briatore, che da più di vent’anni gli fa da manager consigliere.
Lewis è l’uomo del giorno. Per il Times, la McLaren gli offrirà presto un contratto da 150 milioni di sterline per cinque anni, cosa che lo renderebbe il pilota più pagato di sempre. Lui non ci bada e dice in giro che per essere felice gli bastano la PlayStation 3 e una bicicletta per allenarsi. Ad Alonso risponde:
“Nessuno mi aiuta, abbiamo le stesse auto. Lui è arrivato nel team come un pilota due volte campione del mondo e non è cambiato nulla rispetto agli inizi. Rimane anche un buon amico al di fuori delle gare. D’altra parte, Fernando sta vivendo una situazione difficile: non gli era mai successo di avere a fianco un compagno così competitivo”.
Lewis dimostra di saperci fare anche con le parole. Sa come far innervosire il compagno.
Vincendo anche a Indianapolis davanti al compagno Hamilton non si nasconde più: “Dopo due vittorie di fila, è chiaro che qualcosa cambia e che posso guardare al titolo. Ma lo faccio con prudenza e con i piedi piantati per terra: la stagione è ancora lunga”. Hamilton ringrazia la famiglia, Dio e la squadra. Ecclestone va in giro a dire: “Abbiamo trovato il nuovo Schumacher”. Immaginatevi come possa sentirsi Fernando Alonso nonostante le dichiarazioni di fiducia del manager amico Flavio Briatore: “I miei soldi li metto su Fernando, fino all’evidenza matematica. La migliore qualità di Lewis? Prende dei rischi pazzeschi e gli va tutto bene. Ed è presto per paragonarlo ai più grandi».
Dopo due vittorie della Ferrari di Raikkonen in Francia e Inghilterra, Alonso torna al successo al Nürburgring nel Gran premio d’Europa approfittando dell’incidente che ha tolto di mezzo Hamilton in qualifica, quando per colpa di una ruota montata male gli salta una sospensione e finisce nel muro di gomme a 280 all’ora. È il primo brutto incidente della carriera e lui reagisce bene. Chiede solo di poter correre nonostante la botta e il decimo posto sullo schieramento. La McLaren però sta vivendo un momento particolare.
Spy Story, GP d’Ungheria e il pasticcio ai box
È appena scoppiata la spy story che coinvolge anche la Ferrari da cui sono stati trafugati progetti importanti. È una storiaccia di vendette trasversali e spionaggio industriale portato avanti con un certo dilettantismo se è vero che tutto esplode per colpa della moglie di Mike Coughlan, il tecnico della McLaren, che si era rivolta a una copisteria per convertire 780 pagine (su carta intestata Ferrari) in digitale. È una storia che non ha nulla a che fare con il duello Hamilton-Alonso, ma è anche una storia che vede le dichiarazioni di Alonso, ormai in piena rotta con il team, giocare una parte importante per portare alla condanna il team di Ron Dennis con la cancellazione dei punti del Mondiale Costruttori e una mega-multa da 100 milioni di dollari. L’inchiesta sulla spy story fa da musica di sottofondo a tutta l’estate ed è ormai incontrollabile quando in Ungheria la convivenza tra Hamilton e Alonso raggiunge un punto di non ritorno.
Alla vigilia del weekend ungherese, Alonso butta lì una frase che, letta con il senno di poi, manda un chiaro messaggio:
«Per noi piloti la situazione è serena, ma forse per qualcuno dei capi non molto. Noi facciamo il nostro lavoro, cerchiamo di guidare la macchina e di tenerci fuori da questa storia. Team, ingegneri e piloti sono a posto, penso che i capi abbiano più difficoltà».
Ma come se la spy story non bastasse, al box McLaren scoppia una rissa quasi da saloon. Alonso in qualifica ostacola apertamente Hamilton impedendogli di tornare in pista in tempo utile per cercare di strappare la pole al compagno. Il box McLaren è come una corsia autostradale italiana in un weekend estivo. In McLaren, sapendo con chi hanno a che fare, da tempo hanno deciso di stabilire a tavolino l’ordine di uscita dei piloti in Q3, così da cercare di non favorire nessuno. In Ungheria, dopo che Hamilton era finito nelle barriere al Nürburgring, tocca ad Alonso. Lewis non la prende bene, secondo il suo punto di vista toccherebbe a lui perché al Gran premio d’Europa, a causa dell’incidente, non ne aveva beneficiato.
Succede così che, pur uscendo dopo il compagno, lo sorpassa durante il giro di lancio. Una manovra che Alonso non accetta e chiede giustizia via radio a Ron Dennis. Dal muretto dei box parte il messaggio di ristabilire le posizioni. Hamilton non ne vuole sapere e litiga via radio con Ron Dennis. Quando mancano pochi minuti alla fine delle qualifiche, Alonso rientra ai box per montare le gomme morbide, quelle giuste per strappare la pole ad Hamilton. Ma a sorpresa vede che gli vengono montate delle gomme dure e usate. Fernando urla via radio, chiede il motivo della scelta e si arrabbia ancora di più quando vede che alle sue spalle per Hamilton sono pronte delle soft. A quel punto Alonso non si muove. Ron Dennis urla «Go! Go! Goooo!» alla radio, ma Alonso discute tranquillamente con i suoi tecnici sul perché della scelta. Il tempo passa e quando capisce che ormai Hamilton dietro a lui non farà più in tempo a montare le gomme nuove e a tornare in pista, riparte e va a prendersi la pole.
Ron Dennis si precipita da Fabrizio Borra, il fisioterapista amico di Fernando, gli strappa quasi le cuffie per avere una spiegazione, lo accusa di aver fatto ad Alonso dei segnali per permettergli di ritardare al punto giusto Hamilton. Insomma una vera rissa. Borra, da sempre legato ad Alonso dopo esser stato nel ciclismo con Pantani, non può raccontare tutto. Ma congedandosi dalla stampa italiana, che lo pressa, butta lì una battuta che racconta tanto: «Sappiate che se mi vedete volare dalla finestra, non mi sono suicidato…”
Due ore e quaranta minuti dopo aver analizzato i fatti, i commissari chiamano i due piloti della McLaren per interrogarli. Sono sotto accusa. Loro e la squadra. Davanti agli steward, Hamilton si scaglia contro il compagno di squadra, ma anche contro il suo team accusando tutti di averlo ostacolato. Ron Dennis prova a difendere Alonso, davanti ai commissari e poi davanti ai giornalisti: “I nostri ingegneri consultano dei monitor abbinati a un sistema di GPS: in questo modo siamo in grado di stabilire quando non c’è traffico. Alonso non ha fatto niente di irregolare. L’errore al massimo è stato nostro: non abbiamo ragionato da team. Perché così facendo abbiamo aumentato la pressione sui due piloti. È davvero molto difficile gestire due campioni così competitivi. Più di Senna e Prost? Si, perché sono più giovani…” Non gli crede nessuno.
Dopo un’ora e quarantacinque minuti di discussione la sentenza retrocede Fernando e cancella preventivamente alla McLaren i punti per il Mondiale Costruttori che avrebbe eventualmente conquistato il giorno dopo. Così in pole scatta Hamilton che va a vincere, mentre Alonso non riesce a salire sul podio. «La penalizzazione?» dice Alonso dopo la gara. «Una decisione divertente destinata a condizionare questa gara. come quando ti fischiano un calcio di rigore ingiusto: non puoi farci nulla, devi continuare a giocare. Hamilton? Non parla più con nessuno nel team. Io non ho alcun problema, è la scuderia che se ne ritrova uno grosso. Un’atmosfera nervosa, da noi? L’avete visto che è così. Per la prima volta Lewis non ha eseguito gli ordini di Ron Dennis.”
Lewis ammette: “Ero finito nei guai con il capo. Gli ho chiesto scusa e ho assicurato che l’incidente non si ripeterà. Il nostro rapporto non verrà scalfito e porterà a qualcosa di sempre più grande”. Poi attacca: “Avevo una nube sulla testa: a causa di quanto era capitato non avremmo totalizzato punti nella classifica Costruttori e non sapevo se il team mi odiasse o meno. Comunque, io ho incitato tutti: uno solo non mi ha dato retta, ma la cosa non mi ha disturbato. Il rispetto verso Alonso è immutato. Mi pare che non abbia voglia di parlarmi, ma è un problema suo. Io resto aperto, se lo incontro posso chiacchierare. Ma non lo inseguirò per farlo sentire meglio. C’è modo per ricostruire le relazioni? È sempre difficile, se in squadra hai i due piloti forse più competitivi del mondo: in questo scenario è complicato gareggiare in modo leale”.
Ecco la verità. È complicato. “O io o lui” è una frase che ripetono entrambi i duellanti di questo strano gioco al massacro, Alonso l’ha fatto probabilmente con più convinzione perché lui con Hamilton proprio non voleva più condividere il ripiano della cameretta. E anche se a Monza vincerà poi Alonso e a Suzuka Hamilton, alla fine il Mondiale se lo aggiudicherà Kimi Raikkonen, glaciale nell’approfittare dell’atmosfera tesa in casa McLaren e delle liti tra i suoi avversari. Non ha rubato nulla, Kimi ha solo scartato sornione il regalo che Alonso, Hamilton e Ron Dennis avevano, inconsapevolmente e incoscientemente, preparato per la Ferrari. “Duobus litigantibus, tertius gaudet” disse un anonimo medievale.
Vent’anni dopo…
Quasi vent’anni dopo, Hamilton e Alonso non hanno ancora mollato. Lewis ha addirittura rilanciato firmando con la Ferrari. Fernando è sospeso in uno strano limbo tra il fare da chioccia a Lance Stroll e il voler ancora dire la sua in pista. Nel 2022 si sono ritrovati ruota a ruota in Belgio, quando Hamilton ha sbagliato le misure dell’attacco e si è preso uno di quei messaggi radio di Alonso destinati a restare nella memoria: “È un idiota. Sa solo guidare partendo dalla prima posizione”. Lewis, che per quel colpo ha dovuto ritirarsi, ha poi ammesso lo sbaglio: «È stato un mio errore, riguardando il video non gli ho dato sufficiente spazio, ma era nel mio lato cieco e non mi sono reso conto della nostra distanza. Mi prendo comunque le mie responsabilità». La maturità porta anche ad ammissioni che una volta non ci sarebbero state.
Oggi Lewis può guardare Fernando dall’alto di sette Mondiali. Nel 2007 era l’ultimo arrivato, una sfavillante action figure che avrebbe riscritto le regole del gioco. Non sono certo diventati amici come Woody e Buzz Lightyear, non li vedremo mai fianco a fianco sulle note di “Hai un amico in me”, ma almeno ora riescono a scherzarci un po’ su. E sembrano, allora, quei due vecchietti del corto Pixar “Il Gioco di Geri” impegnati in un’infinita partita a scacchi senza esclusione di colpi ai tavolini di un parco autunnale, salvo poi rendersi conto che lo sfidante altro non era che l’altra faccia di se stesso.