Il tennis è quello sport che affascina il pubblico più di altri. Forse sono i movimenti della racchetta ad ammaliare lo spettatore, forse gli scatti veloci degli atleti. In ogni caso, a molti potrebbe essere capitato, dopo aver visto una partita in tv, di ricercare un sito di scarpe da tennis e lasciarsi trascinare dall’entusiasmo. Tra un rovescio e l’altro, inoltre, sul campo da tennis, ciò che attira l’attenzione, oltre alla traiettoria della nota pallina gialla, è il dress code. Questo è un abbigliamento dalla storia centenaria, che ha ispirato gli stilisti di tutto il mondo, che partendo da quella divisa hanno creato collezione di grande successo, tanto da far divenire quel dress code iconico. Ma chi è stato il primo a indossarlo? Scopriamo insieme la storia dell’abbigliamento da tennis.
Esordio del dress code
L’abbigliamento da tennis, inteso come divisa, fece capolino sui campi di terra rossa agli inizi del secolo Novecento. Un secolo in cui mostrare il proprio corpo era proibito in pubblico e il senso del pudore dell’epoca richiedeva di coprirlo nella sua totalità, specie se donne. Questo il motivo per cui le tenniste, seppure sotto il sole cocente, giocavano la loro partita indossando un abito lungo fino ai piedi, un corpetto in pizzo e, non raramente, un cappello a falda larga. Incredibile comprendere come riuscissero a muoversi agilmente sotto quel peso. Agli uomini era concessa qualche libertà, come, ad esempio, rimboccarsi le maniche della camicia. Sotto si indossavano pantaloni lunghi in lino o flanella a seconda della stagione. Un unico elemento accomunava i due abbigliamenti, il colore bianco.
Suzanne Lenglen e la sua rivoluzione nell’abbigliamento da tennis
Suzanne Lenglen fu una celebre giocatrice di tennis di origine francese che ebbe successo negli anni Venti. Un successo non solo in termini di partita vinte (conquistò nella stessa stagione il Roland Garros e il Wimbledon), ma anche di obiettivi raggiunti nell’emancipazione femminile in ambito sportivo. Si dice che suo padre, a dir poco autoritario, ponesse sul campo delle monetine costringendola ad esercitarsi fino a colpirle tutte. Fu la prima a disfarsi dei pesanti abiti a cui erano obbligate le sportive dell’epoca, che non apprezzarono il suo gesto. Indossò sul campo, grazie al sostegno dello stilista Jean Patou, vestitini senza maniche, gonne tagliate sopra il ginocchio e, in testa, fasce e turbanti. Iniziò con lei una collaborazione tra tennis e moda che non conobbe fine.
Anni Quaranta e gambe scoperte
Dalle prime conquiste in termini di abbigliamento tennistico maschile e femminile alla libertà di scoprire le gambe trascorsero decenni. Fu una conquista lenta e tutta in salita. Il primo passo verso un dress code prossimo a quello a cui siamo abituati a vedere in campo si ebbe negli anni Quaranta. Fu allora che Benny Austin, a Wimbledon, inaugurò i calzoncini. Le donne dovettero attendere ancora molti anni. La prima a mostrare durante una partita delle lunghissime e allenate gambe nude fu un italiana, Lea Pericoli. Oltre che per le sue performance divenne celebre per rouches, pizzi e grandi fiocchi.
L’avvento del colore sui campi da tennis
La piena rivoluzione nell’abbigliamento da tennis si ebbe con l’avvento del colore negli anni Settanta. Se è vero che fino ad allora vi erano state piccole conquiste è anche vero che restava il bianco il colore più utilizzato e a cui lo spettatore aveva abituato l’occhio. In America, negli anni Settanta, la World Championship Tennis permise agli uomini di indossare delle t-shirt colorate. Così fecero il loro ingresso in campo, per la prima volta, abiti personalizzati e coloratissimi e calzoncini sempre più corti.
Oggi le divise da tennis, seppure mantengono alcuni caratteri classici, sono state sostituite da un abbigliamento del tutto personalizzato ed espressione del gusto e dello stile dei vari giocatori. I tennisti in campo, quindi, portano la storia di una divisa iconica reinterpretata secondo la propria personalità.