Il tennis, come ben sappiamo, si gioca in due o in quattro, ma l’originalità di Luca Guadagnino con Challengers è di proporci, in senso vero e proprio, un tennis a tre. Sergio Leone, a suo tempo, aveva reso famoso il “triello”, tramite lo scontro dei tre protagonisti de Il Buono, il Brutto, il Cattivo. Solo che, in Challengers, l’arena in cui si affrontano i tre “avversari” è un campo da tennis e, nella fattispecie, mai di terra battuta. Per quanto riguarda la trama amorosa del film, si penserebbe piuttosto a Jules et Jim di François Truffaut, oppure, com’è doveroso nel nostro caso, all’imprescindibile Match Point di Woody Allen. Nei panni della protagnista femminile, la splendida attrice californiana Zendaya, ormai grande appassionata di tennis e presente quest’anno anche ai tornei di Miami e Montecarlo per tifare il nostro Jannik Sinner. I suoi spasimanti nel film sono Mike Faist (nel ruolo di Art Donaldson) e Josh O’Connor (Patrick Zweig).
LA TRAMA
Siamo nel 2019. A New Rochelle (New York) sta per svolgersi la finale di un torneo Challenger; a contendersi il titolo, Patrick Zweig e Art Donaldson, tennisti trentenni, grandi amici all’epoca dei tornei juniores. Art è riuscito a sfondare, diventando un pluricampione Slam ma, a fine carriera, è sceso in classifica, stanco e sfiduciato; Patrick si è perso per strada, non ha mai vinto nulla di importante, costretto per anni a partecipare ai tornei Challengers per assicurarsile qualificazioni dei tornei maggiori e guadagnare un po’ di soldi. Insieme a loro, o meglio, tra di loro, la bellissima Tashi Duncan, ex grande promessa del tennis femminile americano, la più vincente e la più bella ai tempi del circuito Juniores; all’epoca un mélange in erba tra Serena Williams e Maria Sharapova e moglie e coach di Art.
I tre si conoscono da adolescenti allo US Open 2006: Tashi è la campionessa del torneo junior femminile, Zweig e Donaldson campioni del doppio maschile e avversari nella finale di singolare maschile, della stessa categoria. Tutti e due, quando vedono Tashi, ne rimangono folgorati. La corteggiano insieme, una sera, in un rendez-vous a tre; ma, dopo alcuni torridi baci, lei se ne va, lasciandoli soli e delusi. Solo alcuni mesi dopo, quando frequentano tutti e tre il College a Stanford, Tashi comincia una relazione con Patrick, allora il più forte e promettente tra i due ragazzi. La giovane, in gara, è una “fighter” determinata, glaciale, cinica, “feroce” con le avversarie, disciplinatissima in campo e fuori.
Tuttavia, durante un match di campionato a squadre, subisce un terribile infortunio al ginocchio che mette definitivamente un termine alla sua promettente carriera. Per rimanere nel mondo del tennis, decide allora di diventare allenatrice. Nel frattempo, lascia Patrick, si fidanza con Art, ne diventa la coach, lo sposa e nasce una bambina. Il miserioso rapporto tra i tre e, in particolare, l’amicizia tra i due ragazzi, si spezza definitivamente. Tuttavia, nei continui flash-back che attraversano la pellicola, capiamo che, in realtà, questa realazione a tre, apparentemente scioltasi sul nascere, non è mai svanita e si prolungherà fino alla fine…
TRA PASSATO E PRESENTE
Il film, complessivamente, ricorda un match di tennis al meglio dei tre set. Comincia la finale a New Rochelle. Il primo set viene vinto da Patrick. Tra un punto e l’altro, i flash-back ci riportano indietro nel tempo e ci mostrano come Patrick abbia vinto, allora, il primo “set” della sfida amorosa, conquistando Tashi.
La finale di New Rochelle continua: questa volta è Art a vincere la seconda manche. I soliti flash-back ci raccontano infatti che, dopo aver lasciato Patrick, Tashi si fidanza con Art, vincitore, dunque, del secondo atto della sfida d’amore.
Terzo set. Chi vince? Non si sa, né per la gara sportiva né per quella amorosa. A New Rochelle, i due avversari sono pronti a tutto pur di conquistare il trofeo, la coppa, certo; ma, in fondo, dentro di loro, ormai ex amici, ce n’è tuttora un altro di trofeo in palio, anche dopo tredici anni e dopo un matrimonio. Art sa che deve vincere per non perdere la moglie; Patrick vuole ancora dimostrarle che può conquistare una vittoria importante. Ma anche Tashi è disposta a tutto in quanto allenatrice di suo marito. Probabilmente, alla fine, vincerà qualcuno o qualcos’altro, che lascerà a bordo campo, anche nel vero senso della parola, una Duncan sbalordita e furiosa (ma forse anche rassegnata).
Ma non sveliamo tutto, rimandiamo alla visione del film per i dettagli…
UNA SFIDA CONTINUA TRA RABBIA E PASSIONE
Grandi amici, i due protagonisti maschili, durante l’adolescenza, condividono allenamenti, gare e momenti di svago, nella continua ricerca dell’affermazione di sé. Il tennis, nel film, serve allora nel portare in superficie i caratteri e le debolezze di ognuno. Il percorso dei due personaggi maschili illustra, in parte, come, nella vita, ci siano coloro che partono col turbo, pensano di essere arrivati e poi si perdono per strada; e chi, invece, sembra meno predestinato per poi, al contrario, crescere e costruire il proprio successo nel tempo. Una delle chiavi di lettura del film potrebbe essere questa: quando pensi di aver raggiunto l’obbiettivo prima dei risultati concreti, quasi sempre hai perso, proprio come spesso avviene nel tennis. C’è inoltre chi, pur dovendo interrompere la “corsa”, grazie a un piano “B” decide comunque di continuare la sfida. È quello che fa la protagonista femminile: conquistare l’affermazione di sé attraverso gli altri. Il che, si sa, nel tennis reale avviene molto di frequente; numerosi ex tennisti non particolarmente vincenti diventano coach di grande successo grazie alle imprese gloriose dei loro campioni.
Tashi appare, fin da subito, come un elemento allo stesso tempo destabilizzante e catalizzatore, che mette a dura prova l’amicizia dei ragazzi. Ma, soprattutto, la sua inesauribile ambizione e voglia di successo, fanno sì che il suo presunto “amore” per l’uno o per l’altro, dipenda, in verità, dai loro successi. Sprezzante e glaciale, anche da moglie (e poco presente come madre), Tashi tratta il marito da manager cinica e calcolatrice, facendo del tennis il fulcro attorno al quale ruota la loro intera esistenza, perfino durante i loro amplessi amorosi. A tal proposito, la stessa Zendaya, ha dichiarato di non sapere “come mai il mio personaggio si comporti in questo modo, e per quale ragione abbia intrapreso una relazione con i due giovani; e penso che, in realtà, non lo sappia neanche la stessa Tashi”.
La Duncan è una donna che oscilla costantemente tra la collera e il desiderio; Tashi in campo, nonostante giovanissima, sembra una “belva” feroce dal tennis potente e accompagna i vincenti con urla rabbiose. Allo stesso tempo, la grinta furiosa lascia trasparire un attaccamento viscerale alla competizione. Fin da ragazzina, il tennis per lei è tutto anche se, dopo aver vinto lo US Open junior, decide di iscriversi al College: “Non voglio essere una che nella vita sappia solo colpire una pallina da tennis“. Tuttavia, dopo il gravissimo infortunio, avrebbe potuto scegliere un’altra strada e, invece, vuole ancora il tennis. Ad Art, infatti dice: “perché voglio allenare? Perché l’unica cosa che so fare è colpire una pallina da tennis“.
Personaggio dalle tante contraddizioni e sfaccettature, così da tennista come da amante, è pronta a tutto pur di realizzare i propri sogni attraverso il successo del marito. All’inizio della storia, con i ragazzi è beffarda e sprezzante; si prende gioco di loro, poi ne sceglie uno, poi l’altro… forse tutti e due, forse nessuno dei due. Li ama? Per tutto il film non si capisce, travolta lei stessa da una sorta di rabbia nei loro confronti, in momenti diversi e per ragioni diverse con l’uno e con l’altro e, allo stesso tempo, attratta dalla passione (vera?) per l’uno, l’amante, e dalla tenerezza (reale?) per l’altro, il marito. Oggetto di conquista tra i due per tutto il film fino alla sequenza finale, Tashi, seduta in prima fila durante la finale di New Rochelle, sembra essere lei stessa l’arbitro di questo match a tre ma, in verità, forse, alla fine, è la grande perdente di un match incompiuto, la partita della vita.
IL TENNIS, TRA FINZIONE E REALTÀ
La pellicola è costruita un po’ come un puzzle più psicologico che amoroso di cui non è sempre facile assemblare i pezzi. Il lato positivo è che non ci si annoia mai per più di due ore. Un appunto negativo: gli effetti sonori troppo esagerati che fanno degli scambi tennistici quasi una sparatoria più che un palleggio. Il gioco del tennis è messo in risalto (in modo forse eccessivo) da varie modalità della tecnica cinematografica: scene con angolazioni dal basso, mentre la palla rimbalza a terra (come se la cinepresa si trovasse sotto un campo da tennis trasparente), angolazioni dall’alto, con il servizio; primi e primissimi piani sui volti, sulle smorfie, i sorrisi, gli sguardi e le gocce di sudore dei giocatori; l’uso alternato del montaggio accelerato e delle immagini a rallentatore, ecc.
Del tennis più “reale”, troviamo soprattutto le difficoltà quotidiane di molti tennisti tra i primi 300 del mondo che partecipano ai Challenger. Da soli, o al massimo con un genitore o un collega, percorrono in macchina lunghe distanze per spostarsi da un torneo all’altro, quasi sempre a spese proprie e, se non si vincono le partite, si ritrovano a corto di soldi. Ci viene in mente lo spumeggiante Dustin Brown, che girava l’Europa con il suo furgone, o le avventure di Marco Trungelliti al Roland Garros 2018 che, per ritornare a Parigi da lucky looser dopo aver perso alle quali, si è fatto ben dieci ore di macchina insieme alla mamma e alla nonna. Per lui, la vincita di un primo turno Slam, costituiva, più o meno, la somma guadagnata in dieci anni. Sintomatica, in tal senso, la scena in cui Patrick è costretto a dormire in macchina sul parcheggio del Club del torneo perché non ha neanche i soldi per pagarsi un motel.
E poi i terribili infortuni e le loro conseguenze. Quello che accade a Tashi è purtroppo molto frequente; nella scena della caduta in cui si sente addirittura scricchiolare il ginocchio, non si può fare a meno di ricordare la povera e sfortunatissima Bethanie Mattek-Sands, accasciatasi a terra urlante di dolore durante un match di doppio a Wimbledon, nel 2017. E poi alle spaventose cadute di David Goffin, Sasha Zverev e, la settimana scorsa, quella di Arthur Cazaux a Barcellona. Per loro fortuna, tutti questi atleti (tranne Cazaux il cui infortunio e recentissimo), solo per citarne alcuni, sono riusciti a recuperare e a continuare la loro carriera, a differenza della protagonista di Challengers.
Per concludere, andate pure a vedere il film. Non garantiamo piena soddisfazione ma, una cosa è certa, non vi annoierete…