La bufala è uno dei vanti italiani più consistenti ed è bene difenderla dagli impostori. Da Mondragone arrivano segnali incoraggianti sulla mozzarella più rinomata del mondo, ma bisogna stare attenti a un altro genere di bufale, quelle propinate dai tuttologi. Mi astengo, perché non è questa la sede, dal buttarla in politica, ma il calcio è materia trattabile a tutti i livelli. Uno dei luoghi comuni dopo la “sVentura” della nazionale chiama in causa il numero spropositato di calciatori stranieri che intasando gli organici delle squadre di club renderebbero arduo, se non impossibile, il compito del selezionatore azzurro. Un discorso del genere lo avevo sentito già negli anni 80 quando irruppero nel campionato Falcao, Platini, Zico e compagnia cantando. Vincemmo il mondiale nella memorabile notte di Madrid e tutto passò in cavalleria. Ma adesso?
Adesso state a sentire. Nelle venti formazioni impegnate nell’ultimo turno di campionato figurano 101 italiani su 220. Una percentuale che non è poi così scarsa da generare allarmi e, appunto, bufale. E’ vero che le squadre cosiddette di vertice sono formate da un numero maggiore di stranieri e che il Napoli, per esempio, schiera solo Insigne nella squadra base, ma questo dipende dalla qualità che è quella che manca da qualche anno a questa parte. Dobbiamo chiederci, in primis, perché non nascono più Totti, Pirlo, Del Piero e in secondo ordine domandarci perché Insigne, uno dei pochi talentini (uso il diminutivo non per caso) venga escluso nella partita della vita. Questo è il punto sul quale mi piacerebbe aprire un dibattito prima ancora di fare le scarpe a Tavecchio che era impresentabile già prima della disfatta svedese.
Enrico Maida