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Pugilato

Il bambino obeso è diventato pugile. E ora li mette tutti k.o….

Da Dario Torromeo / Firma 02/12/2017

Lawrence Okolie a 17 anni pesava oltre 120 chili ed era bersaglio dei bulli, la palestra e la dieta vegana lo hanno trasformato in un bell’atleta!

 Lawrence guardava i compagni che giocavano al calcio. Li guardava mentre facevano rugby e basket. Lui li guardava e basta. Provava raramente a entrare in partita, e quando lo faceva i risultati erano decisamente deludenti.

   Lawrence era alto per la sua età, viaggiava attorno ai diciassette anni, ma era decisamente su di peso. La mattina quando saliva nella bilancia custodita dietro la porta del bagno di casa, guardava con terrore i numeri che salivano in fretta.

Oltre centoventi chili. Troppi per passare inosservato.

Frequentava la Stoke Newington School a Hackney, un sobborgo di Londra a cinque miglia dal centro. Una zona difficile, dove le diversità non erano perdonate. Ed essere obeso voleva dire essere diverso.

Lawrence (a sinistra nella foto sopra) era vittima del bullismo. Lo prendevano in giro, lo insultavano, lo offendevano. Una vittima di chi pensava di essere più forte.

Bisognava fare qualcosa. Una palestra era il luogo giusto per cambiare, la boxe lo sport migliore per guadagnare il rispetto di tutti, cominciando da se stesso.

Rob England è stato il primo allenatore.

Era il 2009, Lawrence aveva 17 anni e pesava 120,650 chili.

Il primo a fare le spese del nuovo corso era stato lo spuntino di mezzanotte. Il ragazzo si svegliava mentre tutti in casa dormivano e saccheggiava la dispensa. Dolci e snacks sparivano a ritmo da record. Bisognava darci un taglio.

Il secondo colpo era rivolto alla cioccolata. Ne mangiava in quantità industriale. Meglio ridurre le dosi, comprare barrette più piccole, sempre più piccole fino a ridurle a zero.

La carta vincente era la scelta dell’alimentazione.

Lawrence diventava vegano. Niente più carne, pesce, uova o latte di mucca. Meglio frutta, verdura e riso.

E poi c’erano gli allenamenti, lo sparring, la corsa.

La struttura era quella del colosso, un metro e novantasei di altezza. Il peso calava a vista.

Campione nazionale universitario (il primo a sinistra nella foto sopra), bronzo al Torneo di Tampere, qualificato per l’Olimpiade di Rio 2016 con cinque vittorie nel turno europeo. Fuori ai Giochi per mano del cubano Erislay Savon negli ottavi di finale.

Passaggio al professionismo e firma con Eddie Hearn di Matchroom.

Peso massimo da dilettante, cruiser o massimo leggero (90,700) che dir si voglia da professionista. Quel bambino decisamente su di peso aveva messo via trenta chili e i compagni che lo deridevano adesso sognavano di non incrociarlo sulle loro strade.

Esordio facile facile il 25 marzo di quest’anno a Manchester contro Geoffrey Cave che in luglio avrebbe compiuto 34 anni e da professionista aveva disputato soltanto due match perdendoli entrambi: per kot dopo 2’05” contro Nick Parpa e ai punti in 4 round contro Daniel Mendes. Aveva esordito a dicembre 2016 e tre mesi dopo era già a 0-3-0 con due ko al passivo.

Era finita come era logico finisse.

Lawrence vinceva per ko al primo round, dopo soli venti secondi di lotta.

Poi venivano altri cinque combattimenti, altrettante vittorie, quattro prima del limite.

Lawrence Okolie, 1.96 per 90,700, è un pugile che marcia a ritmo spedito.

È un po’ legnoso nel portare i colpi, soprattutto ganci e montanti. Si apre troppo quando attacca, ha ampi margini di miglioramento. Ma ha già un buon jab sinistro e un diretto destro che fa decisamente male.

Del ragazzo obeso di un tempo non è rimasto assolutamente nulla.

Basta vederlo in azione per capire che, se fosse un tipo che non dimentica e se nel suo credo ci fosse la vendetta per i bulli di Hackney oggi la vita sarebbe davvero dura.

 

Dario Torromeo

(https://dartortorromeo.com)

Tags: boxe, dario torromeo, Lawrence Okolie, pugilato

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Nota sull’autore: Dario Torromeo / Firma

Per 40 anni al Corriere dello Sport. Inviato in 10 Olimpiadi, ha seguito 150 mondiali di boxe, 12 mondiali di nuoto, decine di Slam di tennis, un mondiale di calcio e altro ancora. Per due anni telecronista di Stream. Ha vinto il Premio Selezione Bancarella Sport e per tre volte il Premio Coni. Ha scritto 21 libri.

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