Cominciamo dalle certezze.
Bene, ora andiamo avanti.
Il 19 e 20 giugno si terrà a Losanna una riunione del CIO. Sarà in quell’occasione che sapremo chi gestirà il pugilato ai Giochi di Tokyo 2020 (25 luglio/9 agosto).
In pratica, solo a 13 mesi dall’inizio delle competizioni si avrà certezza sul futuro della boxe olimpica. Si sa, il mondo del dilettantismo si muove così.
Il CIO continua a dire che il pugilato resterà nel programma.
Si tratterà di vedere quale Ente e soprattutto quali persone dovranno curarne l’attività.
Se non dovesse essere l’AIBA di Gafur Rakhimov, e al momento mi sembra assai improbabile che l’uzbeko resti alla guida del movimento, mi chiedo in quale incredibile labirinto andrebbe a finire questo sport. E sì perché l’Ente che sarà delegato dovrà indicare: date e città in cui si svolgeranno gli eventi di qualificazione, criteri adottati per ottenere la carta olimpica, regolamentazione dei tornei.
L’AIBA, pressata dallo stesso CIO, ha accettato imbarazzanti tagli al pugilato maschile. Le categorie da dieci sono scese a otto, modificando in modo almeno discutibile i pesi limite che al momento sono: 52, 57, 63, 69, 75, 81, 91, +91. Quello che crea i maggiori dubbi è l’accorpamento a 63 chili dei leggeri e dei superleggeri. Una fusione che fa male, storicamente e praticament.
Questo per consentire al torneo femminile di portare da tre a cinque le proprie categorie: 51, 57, 60, 69, 75.
Vado controcorrente e mi pongo ancora una volta l’antica domanda: è giusto tutto questo?
A Rio 2016, cioè nell’ultima edizione dei Giochi, dodici atlete sono andate a medaglia disputando un solo match. Le iscritte erano 12 per ogni categoria, che metteva quattro medaglie in palio. Sono i numeri, non la qualità a creare il dubbio.
Vado avanti.
I maschi disputeranno il mondiale a Yekaterininburg (7-21 settembre) in otto categorie.
Le donne avranno il loro mondiale (3-13 ottobre) a Ulan Ude in dieci categorie di peso, anche se all’Olimpiade potranno combattere solo in cinque.
Situazione grottesca per quel che riguarda le World Series of Boxing (WSB) di cui non si conosce ancora ufficialmente né la formula, né il calendario. Si conoscono però le defezioni. La più clamorosa è quella degli Astana Arlans: tre vittorie e due finali (l’ultima lo scorso anno) in otto tornei delle WSB. Era la franchigia più forte di sempre assieme ai Cuba Domadores.
L’altra defezione arriva dai Tigers dell’Uzbekistan, finalisti nel 2016.
L’AIBA non ce la fa più a reggere il costo della manifestazione, allora ha pensato di spezzare il torneo in due gironi da quattro: 52, 57, 63 e 69 da una parte; 75, 81, 91, +91 dall’altra. La franchigia che farà più punti sommando i due giorni sarà nominata campione 2019.
Sempre che le WSB si facciano.
In passato servivano a ottenere la qualificazione olimpica, e ora?
Si dice, ma al momento nessuno ha il diritto di dettare regole, che potrebbero andare a Tokyo tutti e sedici i finalisti. Sarà così?
In questa situazione paradossale il pugilato dilettantistico continua a muoversi come un fantasma nella nebbia.
*articolo ripreso da: dartortorromeo.com