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Calcio, Full Time

L’Italia, il capolavoro di Mancini: in Europa non ha mai vinto da tecnico, la rivincita possibile con la nazionale

Da Enzo D'Orsi 21/06/2021

Ha costruito il gruppo azzurro in tre anni di lavoro – L'ispirazione dalla Spagna che vinse due europei e un mondiale consecutivi dal 2008 al 2012 – Il rinvio di un anno della fase finale dell'Europeo lo ha aiutato: adesso la squadra è pronta a tutto – Non è più una sorpresa: secondo Tardelli, noi e la Francia siamo superiori a tutti

Sul conto di Roberto Mancini, la più bella definizione che abbia mai letto e condiviso l’ha data un grande giornalista come Roberto Beccantini: “Sottovalutato da giocatore, sopravvalutato da allenatore”. Aggiungo che, a parer mio, Mancini è stato inferiore a Roberto Baggio come goleador, ma superiore – leggermente superiore – come inventore dei gol cosiddetti impossibili. Baggio segnava molto, senza essere un centravanti – da qui la celebre sintesi di Michel Platini: “Non è un numero dieci, semmai un nove e mezzo” – ma sul piano dell’imprevedibilità il sampdoriano e poi laziale ha fatto numeri senza eguali, almeno in serie A.
Premesso questo, e detto anche che Mancini ha vinto molto in panchina senza tuttavia centrare un grande successo internazionale, non c’è dubbio che la sua Nazionale sia la più bella degli ultimi decenni. Aggressiva, veloce, organizzata, generosa. Ogni aggettivo le calza alla perfezione. E’ una squadra mosaico, che il ct ha costruito anno per anno, sfruttando come meglio non avrebbe potuto il rinvio di una stagione dell’Europeo 2020, che difatti è diventato l’Europeo 2021. Un anno fa, con tutta probabilità, gli azzurri non avrebbero potuto raggiungere la sicurezza e la convinzione mostrate nei primi dieci giorni della fase finale della competizione. Ora fanno impressione per qualità e compattezza. Non è un caso che da possibile sorpresa siano diventati, a giudizio di Marco Tardelli, una delle due squadre da battere. L’altra è la Francia, nonostante la brutta esibizione contro l’Ungheria.
Mancini ha sempre privilegiato la tecnica, non c’è un giocatore tra i convocati che non sappia dare del tu al pallone. La velocità d’esecuzione di spiega così: piedi buoni e grande dinamismo. Una certa rassomiglianza c’è con la Spagna euromondiale, che dal 2008 al 2012 vinse tutto: vantava una cifra tecnica irraggiungibile – basti citare Xavi Hernandez, Iniesta, David Silva e Fernando Torres – e imponeva il gioco mantenendo il controllo della palla per interi quarti d’ora. L’Italia si avvicina a quell’idea, con interpreti più muscolari e meno raffinati. Ma è l’idea che conta. Un’idea che molte nazionali, pur dotate di eccellenti giocatori, non hanno.
Il modulo di Mancini contempla quattro difensori, tutti attivi nella proposta di gioco, non solo gli esterni, ma anche la coppia centrale; tre centrocampisti, con Jorginho in regìa e Barella e Locatelli (o Verratti) ai suoi lati; tre punte, con Immobile in mezzo e Berardi e Insigne che non sono ali pure, ma amano accentrarsi per arrivare al tiro oppure cercare l’assist filtrante. Il movimento continuo rende più agevole l’approdo alle soluzioni offensive. Se ci fosse anche un cannoniere implacabile come Lewandowski stile Bayern, sarebbe una Nazionale perfetta. Immobile, tuttavia, dannandosi l’anima col pressing è di notevole utilità.
Va anche sottolineato come il recupero di Verratti sia molto importante: uno come lui, capace di tenere la palla, dotato di buona esperienza internazionale, può far respirare i compagni, dal momento che non è pensabile mantenere la stessa velocità di crociera del girone. La mezz’ala del Psg, alternata al prorompente Locatelli, è un’arma in più. E che arma.
Subentrato a Ventura dopo la mancata qualificazione al mondiale 2018, Mancini ha lavorato con fervore e coerenza. Non ha fenomeni nel gruppo, ma un livello medio più che accettabile. Il resto lo ha fatto imponendo uno stile di gioco che non ammette deroghe. I trenta risultati utili consecutivi, sia pure in massima parte contro avversari mediocri, non sono arrivati per un capriccio della sorte. Le vittorie uniscono, cosicché l’Italia attuale sembra un blocco invincibile. Bisognerà vedere come saprà reagire ad un eventuale episodio negativo, ora che comincia la parte decisiva dell’Europeo, con l’eliminazione diretta. Le ragioni per essere ottimisti sono molte: i ricambi appaiono adeguati e soprattutto la condizione atletica sembra eccellente.
Enzo D’Orsi
Tags: il capolavoro di Mancini: in Europa non ha mai vinto da tecnico, L'Italia, la rivincita possibile con la nazionale

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Nota sull’autore: Enzo D'Orsi

Classe 1953, per ventun anni al Corriere dello Sport, capo della redazione torinese e inviato. Quattro Mondiali, cinque Europei, migliaia di partite di tutte le competizioni, dai dilettanti alla Champions league. Ha lavorato anche a Paese Sera e Leggo, nonché al settimanale Rigore. Ha collaborato con numerose pubblicazioni, anche straniere: in particolare, l'Equipe e France football. Dai tempi di Bobby Charlton, simpatizza per il Manchester United. E' convinto che il più grande calciatore di ogni epoca sia stato Alfredo Di Stefano, non Maradona e forse neppure Pelé. Adora il calcio inglese, l'Umbria e Parigi, non sempre in questo ordine. Sposato con Maria Paola, medico, ha tre figli e cinque nipoti. Si considera per questo molto fortunato. Fin da ragazzino, sognava solo di fare il giornalista. Tre libri per Edizioni InContropiede: “Gli undici giorni del Trap” (2018), “Non era champagne” (2019) e “Michel et Zibi” (2020). Non ama i social, ad eccezione di Twitter: @Edorsi53.

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