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Pallacanestro

Basket, Milano ancora più forte. Recalcati è un tesoro per tutti noi: sfruttiamolo!

Da Luca Chiabotti 28/09/2018

Al via la stagione con la Supercoppa: Armani sempre più favorita grazie alla chiarezza dei suoi obbiettivi: triplete e playoff di Eurolega. Il grande Charlie si è ritirato dalla panchina a 73 anni ma sarebbe un delitto se la pallacanestro italiana non sfruttasse le sue qualità rare e la modernità delle analisi per costruire un futuro migliore

Ho pensato spesso a Carlo Recalcati in questi mesi. Ma non per l’annuncio di qualche giorno fa del suo ritiro da coach, a 73 anni, dopo una carriera meravigliosa. Accade  quasi ogni volta che passo da via Niccolini, a Milano, la via dove sono nato. All’angolo con via Giusti, quello che era il Centro Giovanile Pavoniano, è stato raso al suolo. Lì mosse i primi passi cestistici proprio il Charlie, o Charly chissà, rubato alle stradine che costeggiano via Paolo Sarpi. Sempre lì allenava Arnaldo Taurisano, che lo portò, poi, a Cantù facendolo diventare un giocatore di primissimo livello europeo. Al posto del Pavoniano col suo campo in cemento utilizzato ormai da quasi 50 anni come parcheggio, stanno costruendo il Giusti Garden, condominio di lusso nel cuore di Chinatown ormai gentrificata al contrario dopo l’invasione cinese, e oggi tornata di gran moda. Nelle sere d’estate fino ai primi anni settanta, la luce emanata da quel rettangolo di gioco e il rumore di palloni e del pubblico dietro a un cancello, faceva evocare ai più piccoli che passavano per la strada chissà quali scenari misteriosi. Forse è per quello che ho cominciato ad amare la pallacanestro, prima di vederla, per quel Torneo Pavoniano dove le squadre di serie A si scontravano sul duro cemento, provando giocatori per la nuova stagione. Una volta passò, ma non giocò, Kareem Abdul Jabbar.
   Sono convinto che, anche a Recalcati, pur da quasi 60 anni approdato in Brianza, verrebbe un tuffo al cuore nel vedere il grande buco che oggi c’è all’incrocio di via Giusti con via Niccolini. Fossimo in America, almeno una targa per ricordare il nostro Ebbets Fields, il mitico stadio dei Brooklyn Dodgers diventato un condominio, la metterebbero. In realtà, nessuno del quartiere, e non solo perché molti provengono dalla Cina, immagina che dietro quel cancello fosse esistito un posto magico per la pallacanestro. E da qui mi torna ancora in mente Recalcati e il suo ritiro.
Molti ne hanno scritto con parole giuste e sacrosante per un campione, in campo e in panchina, della sua caratura. Non c’è nulla da aggiungere, se non forse la cosa di cui giustamente va molto fiero: nessuno ha mai dato più di lui alla Nazionale italiana. Sommando le 166 presenze da giocatore con le 229 da allenatore fanno 395 caps azzurri. Il mito Sandro Gamba lo segue a oltre 130 partite di distanza. Auguro a Meo Sacchetti di raggiungerlo, ma sarà davvero difficile… Io vorrei sottolineare solo un paio di cose perché Carlo Recalcati ha una qualità rara: non ha mai detto “ai miei tempi”.
   A differenza di altre leggende del nostro sport che quando parlano lo fanno solo per criticare il basket di oggi, Recalcati ritiene che quello che si vede in campo e in spogliatoio sia solo la trasposizione di ciò che accade nella vita. Per cui ha sempre trovato una via per apprezzare il gioco e giocatori che ha allenato, anche se non sono Marzorati, Meneghin o Jura. Diversi, ma non inferiori per definizione. Cioè non ha mai commesso l’errore di erigere un muro tra la sua generazione d’oro e quelle successive, cosa che ha provocato dei danni irreparabili nella popolarità attuale del basket italiano. E visto che oggi i millenials cominciano a far fatica a sapere chi è Pozzecco, non Riminucci, e respingono, o peggio ignorano, chi gli dice solo che una volta tutto era più bello, profondo, intelligente di oggi, per il mondo del basket sarebbe fondamentale non perdere uno come Recalcati, e non solo come “legend” da proporre nelle grandi occasioni. Charlie ha sempre studiato, analizzato (grazie al suo grande amore per i numeri), cercato soluzioni pratiche a problemi politici (l’utilizzo degli italiani e i vivai, ad esempio) tutte cose che uno può fare solo se ha passione per il presente ma con l’esperienza maturata in 60 anni di carriera. Recalcati ha chiuso la seconda fase della sua vita cestistica, sarebbe fondamentale, per il nostro movimento, che ne aprisse una terza.
    Intanto, con la Supercoppa del weekend, parte ufficialmente la nuova stagione: è sempre un momento curioso e interessante, uno dei più belli dell’anno per un appassionato. Vero che anche quest’anno si ricomincia con una super-favorita, l’Olimpia Milano campione d’Italia, cosa che smorza un po’ le attese. Difficile per Trento, Torino e Brescia provare a toglierle il primo trofeo della stagione, anche per assenze pesanti, come quella di Pascolo, e per un ritardo ovvio e generale dei nuovi roster, anche per l’arrivo di marziani come Larry Brown. Il 78enne tecnico di Torino, leggenda del basket Usa, allena la Fiat come fosse un college, più insegnando che facendo correre giocatori non più abituati a questo stile di gioco.
    Funzionerà? Forse Brescia, che riabbraccia un impianto storico cittadino completamente ristrutturato dopo vent’anni, e già esaurito per la semifinale con Milano, potrebbe avere quella spinta mentale in più così difficile da innescare a inizio stagione. Ma sarà difficile battere l’Armani che sembra presentarsi quest’anno con una consapevolezza diversa. In una intervista a Fabio Cavagnera di Baskettissimo, il presidente Livio Proli ha dichiarato una cosa molto chiara: la sua squadra punta al triplete in Italia e ad entrare nei playoff di Eurolega. Significa zero alibi o aggiustamenti un po’ goffi dopo una sconfitta (tipo “siamo fuori dalla coppa ma il nostro vero obbiettivo è lo scudetto”). Poi è chiaro che non cascherà il mondo se Supercoppa o Coppa Italia dovessero sfuggire: sono eventi che valgono per i pochi giorni in cui si svolgono, dove tutto può accadere.
    La vera corsa l’Olimpia la farà in Europa: il calo notevole del pubblico della passata stagione dimostra che è la città ad essere stufa del brutto atteggiamento avuto dalla squadra in Eurolega (per brutto intendo il 30% di vittorie, 21-49, nelle ultime tre edizioni…). Raggiungere i playoff è un obbiettivo più che realistico visto il roster che è stato costruito e dove già spopola Mike James. E anche in questo, cito sempre l’intervista di Proli, l’Armani ha cambiato: meglio avere 13 giocatori, tra i quali un uomo di punta in Europa come James, che 16 come un anno fa. Vi ricordate le parole di Proli a metà della scorsa stagione, quando disse che, per competere anche in Europa, avrebbe allestito una “doppia squadra” per il futuro? I dati suggerivano il contrario, la realtà ha poi confermato che lo scudetto è arrivato accorciando le rotazioni e il roster dell’Olimpia.
    L’esperienza è servita: oggi Milano parte con 13 giocatori veri, che sono tanti ma non tantissimi davanti a una stagione da quasi 80 partite. Poi, tanto, in caso di bisogno, la società interverrà. E’ la chiarezza, anche nelle ambizioni, che rende ancora più forti i campioni d’Italia.
Luca Chiabotti
Tags: armani milano, Basket, Carlo Recalcati, ritiro

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Nota sull’autore: Luca Chiabotti

(La Firma) Inviato a 6 Olimpiadi, 7 mondiali e 15 europei basket, oltre 200 partite dello sport che è il suo grande amore ed ha caratterizzato la sua carriera, 35 final four, finali italiano del 1978. Esperto anche di sport americani, dal football al baseball.

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