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Tennis

Bautista, il prototipo dell’uomo qualunque. Non è un carneade…

Da Vincenzo Martucci 01/04/2021

Scopriamo chi è l’avversario di Sinner nelle semifinali di Miami dove lo spagnolo ha beffato Djokovic, il giocatore cui Jannik somiglia, e dove ha appena schiantato Medvedev

Roberto Bautista Agut: chi era costui? Chi è il prossimo avversario a sorpresa di Jannik Sinner nelle semifinali del Masters 1000 di Miami? Chi è lo spagnolo che ha beffato il favorito Daniil Medvedev, numero 2 del mondo? Intanto non è un carneade: è uscito dai “top ten” ma prima della pandemia era numero 9 del mondo, è un giocatore esperto, compie 33 anni il 14 aprile e dal 2005 è professionista ATP, s’è aggiudicato 9 tornei in 18 finali sul circuito al 2005 con 300 partite vinte, ha toccato una semifinale Slam a Wimbledon 2019 e un quarto agli Australian Open sempre di due anni fa, è uno dei magnifici sei che ha superato Novak Djokovic almeno tre volte quando il serbo è stato numero 1 del mondo, una anche a Miami, nel torneo di questi giorni, sempre nel 2019.

Certo, all’apparenza, lo spagnolo non colpisce più di tanto. Non nell’aspetto perché ha molto meno appeal dei Next Gen che stanno catalizzando l’attenzione, da Titsipas a Zverev, da Shapovalov a Rublev, così come anche dei “Fab 3”, Federer, Nadal e Djokovic, e degli altri belli Thiem e Berrettini. Nè spicca per  l’avvenenza del suo gioco, che non è appariscente ma ha la importantissima qualità è solido, preciso, regolare, essenziale, senza fronzoli e ha la capacità di sfornare il colpo giusto al momento giusto, dalla smorzata al lob, dal servizio vincente alla volée. Bautista è l’ideale uomo qualunque del tennis, non certo in modo dispregiativo, anzi.

Rappresenta il giocatore che non impressiona e non resta impresso, quello che non conquista tifosi se non della sua nazione, quello che però devi battere perché lui da solo non regala alcunché e lotta fino all’ultima stilla di sudore. E’ quello capace di far risultato sulla terra come sul cemento, sull’erba come indoor, col caldo e il freddo, col vento e con qualsiasi condizione esterna.

Il soldato comune delle racchette, l’esecutore affidabile che non esalta ma porta a termine la missione, non strappa l’applauso ma colleziona pacche sulle spalle.

E’ l’uomo cui affideresti la tua vita perché non è mai davvero sicuro di vincere ma difficilmente perde contro uno più debole o che gli concede l’occasione.

Vedi Medvedev che s’è innervosito davanti al muro che gli ha eretto Bautista Agut a Miami nelle particolari serate della Florida quelle in cui il particolare mix campi-palle rallenta notevolmente la velocità delle azioni. Proprio come succede sul cemento degli Australian Open di Melbourne.

La racchetta frantumata da Medvedev a Miami (foto Getty Images)

Roberto Bautista Agut esulta (foto Getty Images)

Bautista è il prototipo del tennis mascherato, che sembra senza qualità e che invece ha la risposta a tutto, non ha punti deboli evidenti nel repertorio tecnico dietro il dritto di prima qualità e la velocità di piedi da centometrista.

E, soprattutto, risponde sempre, corre sempre, si difende benissimo, pensa sempre al sistema per venire fuori dai guai e, in special modo, crearne all’avversario. Bautista è il precursore del connazionale Pablo Carreno Busta e dell’ungherese Marton Fucsovics, del polacco Hubert Hurkacz e del norvegese Casper Ruud, e del finlandese Emil Ruusuvuori.

Come definire questi giocatori: evoluzione degli incontristi, figli di un dio minore del tennis moderno, rompiballe o guastafeste? A Sinner l’ardua sentenza. L’ha appena domato a Dubai, ma solo per 7-5 al terzo set, dopo due ore e mezza di battaglia, facendo sempre lui gioco, con 48 vincenti e 36 gratuiti. Spingendo e spingendo con la sua palla più pesante, che significa anche prendersi rischi ed accettare di correre un po’ di più su una palla in più che l’uomo qualunque del tennis gli rispedirà di là del net.

Certamente con un gioco lontano anni luce dalla folle creatività dell’ultimo avversario, Alexander Bublik, ma mai generoso e inaffidabile come il russo-kazako. Mai davvero disposto a un colpo in più o di troppo. O a un merletto per lo spettacolo. Mister concretezza, “Bati”, come lo chiamano negli spogliatoi, figlio di un ex calciatore, cresciuto nel mito dei connazionali Ferrero e Ferrer, due grandi faticatori come lui, sa gestire i puledri come Sinner. Ha una scuderia di sette cavalli: li coccola, li blandisce, ci parla, sono il suo relax. Di sicuro, quando stringerà la mano all’italiano sul net, Bautista Agut non gli farà battute come quella di Bublik: lui adora battere i “non umani del tennis” così dotati di punti facili e quindi così diversi da lui che soffre il triplo per portare a casa ogni “15”.

*articolo ripreso da https://www.supertennis.tv/News/Campioni-internazionali/Roberto-Bautista-Agut

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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