“The most complicated skill is to be simple”.
Nelle parole del poeta serbo Dejan Stojanovic è racchiusa una grande verità: essere semplici è la cosa più complicata che ci sia, ed è proprio nella semplicità con cui Andrea Volpini risponde alle mie domande che si riflettono i valori trasmessi al suo allievo. Testa bassa e lavorare. Restare umili, sempre. Concetti banali all’apparenza ma difficili da esercitare nel quotidiano, specialmente quando il vento della vittoria ti accarezza il volto ad appena 17 anni, perché le luci della ribalta, si sa, rischiano di accecare i più giovani.
Tuttavia, nelle ultime due settimane Jannik Sinner ha mostrato una maturità tale che gli ha permesso di conquistare ben due titoli consecutivi. Prima il Challenger di Bergamo, poi l’ITF di Trento per il classe 2001 (primo giocatore della sua età a vincere un Challenger), che con i risultati appena ottenuti ha scalato duecentoventidue posizioni nel ranking mondiale (da n. 546 a n. 324 ATP). Tutto grazie al lavoro svolto negli ultimi quattro anni insieme ad Andrea, sotto l’attento sguardo dell’illuminato del tennis Riccardo Piatti, che con premura si dedica alla crescita della sua cerchia di giovani eletti presso il Piatti Tennis Center di Bordighera, divenuto polo del tennis internazionale e solido punto di riferimento per i top player, oltre che casa del nuovo enfant prodige del tennis italiano.
Mi racconta il suo percorso da allenatore? Come si è avvicinato al Piatti Tennis Center?
“Ho conosciuto Riccardo ad un raduno, quando giocavo. Successivamente ho iniziato a lavorare ed è venuto a fare tre stage in un anno con dei ragazzini che allenavo. Da lì mi sono accorto che ne capivo veramente poco di tennis. Mi ha aperto un mondo. Quando ho finito di fare scienze motorie, spinto dalla voglia di iniziare un’esperienza importante, un giorno ho preso la macchina, sono andato a Bordighera ed in maniera molto diretta gli ho detto che desideravo lavorare con lui”.
Come avete scoperto il talento di Jannik?
“Massimo [Sartori, ndr] lo ha visto giocare ad Ortisei e quando è arrivato a Bordighera abbiamo notato in lui qualcosa di diverso. Ce ne siamo accorti dal modo in cui stava in campo: giocava sempre a rete ed era molto propositivo, esattamente il tipo di giocatore che piace a Riccardo. Infatti se ne è innamorato subito”.
La cosa più importante che le ha insegnato Riccardo Piatti
“Il lavoro, che alla fine porta sempre risultati. Poi la curiosità, il confronto ed il non aver paura di buttarsi nel fuoco”.
Come mai il progetto di Jannik è stato affidato a lei?
“Non c’è mai stato un discorso per quanto riguarda l’assegnazione di ruoli o giocatori quindi non esiste un motivo specifico. Ho iniziato con lui praticamente da subito, nel frattempo allenavo anche Gian Marco Moroni, e ora lo sto seguendo in prima persona anche nei tornei”.
Cosa l’ha colpita di lui inizialmente?
“Fuori dal campo che è un ragazzo vero, in campo invece la sua forza mentale”.
Come avete deciso di impostare il suo gioco?
“Il suo, di base, è un gioco di comando, molto aggressivo fin dalla risposta. Abbiamo lavorato molto sulla parte fisica ed in particolare sul servizio, dove è migliorato notevolmente”.
Una cosa che ha voluto trasmettere a Jannik:
“Essere sempre una persona autentica ed affrontare le situazioni difficili senza tirarsi indietro”.
Riguardo la vittoria di Bergamo, qual è stato il match in cui si è sbloccato ed avete capito che poteva arrivare fino in fondo?
“Lui l’ha capito dopo la seconda partita, quando ha battuto Caruso. Io invece mi aspettavo un risultato del genere già prima dell’inizio del torneo. Alla fine è stato il frutto di tutto il lavoro e la preparazione fatta negli ultimi quattro anni”.
Una vittoria simile, peraltro arrivata ad una così giovane età, porta inevitabilmente con sé tante pressioni esterne. Come le gestirete adesso?
“La qualità migliore di Jannik è che è un ragazzo semplice. Queste sono cose che fanno parte della professione dello sportivo ma le priorità restano il tennis, la sua crescita ed il lavoro quotidiano. Quando c’è bisogno di affrontare situazioni extra-tennis occorre ricordare che va fatto sempre in maniera leggera. Bisogna restare coi piedi per terra e lavorare duro, questo è un passaggio, non il punto di arrivo. La strada da percorrere è ancora molto lunga”.
Cosa deve migliorare e dove può arrivare in stagione?
“L’obiettivo non è di ranking. Deve continuare a lavorare su quelli che erano gli obiettivi prima di Bergamo e giocare un determinato numero di partite durante l’anno (circa 60-70) che gli faranno alzare il livello”.
A cura di Arianna Nardi