Il “Terra di Siena” è un colore che ricorda molto il passato e soprattutto le fotografie d’epoca, quei negativi che un tempo raffiguravano il mondo in assenza di reflex o smartphone. Una tinta che prende il nome dal terreno presente in Piazza del Campo in occasione del celebre Palio così come della polvere che le strade bianche che circondano la città.
Quando la pioggia si mischia al terriccio tutto diventa ancor più affascinante per gli appassionati di ciclismo complice il ricordo di quelle imprese epiche che hanno fatto grandi corridori come Costante Girardengo come Alfredo Binda, Gino Bartali come Fausto Coppi. L’avvento della tecnologia ha cambiato drasticamente questa disciplina tanto da renderla a volte prevedibile se non scontata.
Per fortuna il carattere di questi folli che ogni giorno saltano in sella e percorrono centinaia di chilometri è rimasto intatto regalandoci imprese senza tempo come quella compiuta da Tadej Pogacar sui sentieri limacciosi della Strade Bianche. Già correre su strade sterrate in mezzo a colline verdi e puntellate di cipressi è qualcosa di straordinario, che in pochi possono godere, tuttavia quanto realizzato dallo sloveno ha veramente dell’imprevedibile, un po’ come capitava ai tempi dell’Airone che si involava fra due ali di polvere.

Sotto un forte acquazzone che spegnerebbe la voglia di muoversi di qualsiasi essere umano, il talento dell’UAE Team Emirates si è messo in testa alla gara quando mancavano 81 chilometri al traguardo, ma soprattutto nove tratti di sterrato da superare con cautela e soprattutto non in solitudine. Il cuore a volte è però più forte della ragione e così Pogacar ha preso la palla al balzo e ha iniziato ad alzare il ritmo della propria pedalata, come se davanti a sé non ci fossero numerose difficoltà altimetriche e meteorologiche da superare.
Quello che sembra una follia per chiunque è la normalità per l’atleta nativo di Komeda che nei tredici chilometri del Monte Sante Marie ha guadagnato due minuti mostrando l’impotenza dell’intero gruppo condotto dal giovane impavido Maxim Van Gils, deciso a provarci fino in fondo a resistere su quello che non appare un campione qualunque, quanto piuttosto un fenomeno che fa scomodare “cannibali” del passato come Eddy Merckx.

A far ancora più paura agli avversari c’è la facilità di pedalata mostrata da Pogacar, apparentemente incapace di subire la fatica e l’infuocato tentativo di recupero da parte degli sfidanti, costretti a guardarsi negli occhi mentre picchiano sui pedali anche nel solo vano tentativo di stabilizzare il ritardo. Nulla da fare, il distacco ha continuato ad ampliarsi mentre dietro la paura di non farcela aumentava con il passare dei chilometri come scolaretti pronti a subire la ramanzina della maestra per non aver fatto il proprio dovere.
A chiudere il cerchio ci ha pensato la tranquillità di Pogacar, apparso rilassato negli ultimi cinquanta chilometri tanto da muoversi come se si trattasse di una scampagnata fra le colline del Chianti, pronto a godersi le bellezze di Siena davanti a un bel calice di vino. Nessun fenomeno degli anni Novanta e Duemila avrebbe anche solo pensato di fare ciò, anche solo per evitare una piccola distrazione che potrebbe costare caro. Come un campione dell’era dei pionueri, catapultato nel 2024, ha iniziato a salutare i propri tifosi e si è preso pure il lusso di stringere la mano ad alcuni di loro sul terribile strappo di Santa Caterina prima di scendere di sella in vista del traguardo e alzare la bici davanti a un pubblico impazzito per quella maglia bianca sporcata da alcune chiazze di fango.

Andando avanti il ciclismo sarà anche tornato indietro, ma quella “Terra di Siena” che ha puntellato la divisa di Tadej Pogacar è soltanto un messaggio per tutti i nostalgici che avrebbero preferito uno sport più libero e meno schiavo della tecnologia. Una comunicazione che è stata inviata con forza da quel cavaliere che, solcando le Alpi, ha riportato in vita il “Rinascimento” delle due ruote.