A poco più di 90 anni dalla sua inaugurazione il prossimo 18 Maggio lo Stadio dei Marmi vedrà di nuovo l’atletica al centro delle sue attività. La sua storia è molto lunga e meriterebbe di essere percorsa tutta. Solo per quanto riguarda l’atletica dopo l’Arena di Milano ed il Comunale di Bologna è il terzo stadio di atletica più longevo.
Per me personalmente rappresenta alcuni dei momenti più importanti della mai carriera sportiva. Da modesto mezzofondista, da apprendista tedoforo, da speaker ed organizzatore di manifestazioni internazionali, tutte gavette fondamentali.
L’impianto fu inaugurato nel 1932, ma come scrive Gianfranco Colasante nel suo libro su Bruno Zauli e lo sport italiano fino a Roma ’60 –, libro che chiunque parla o scrive di sport dovrebbe leggere con attenzione –, “il 22 settembre del 1929, di buon mattino, la chiatta Apuano lasciò Ripa Grande per risalire il Tevere, diretta alla scesa della Farnesina, per andare ad ancorarsi di fronte al Viale Angelico, che allora iniziava a Ponte Milvio. Trasportava il gigantesco monolite – con la scritta Mussolini Dux – che andava a completare l’Accademia di Educazione Fisica voluta da Renato Ricci, capo dell’ONB e ideatore dell’intero progetto del Foro”.
Continua Colasante: “L’opera occupava un’area prospicente il Tevere, tra Ponte Milvio e Viale Angelico, su un appezzamento di oltre trentamila metri di terreno alluvionale, incolto ed adibito al pascolo degli armenti. L’intero progetto, con la sistemazione della zona, era dovuto all’architetto Enrico Del Debbio che aveva lavorato su commissione dell’Opera Nazionale Balilla, organismo nato due anni prima per ‘l’assistenza e l’educazione fisica e morale della gioventù’”.
E grazie a ciò dal 1932 diventò sede dell’Accademia Nazionale di Educazione Fisica, precursore dell’ISEF, che tanti grandi tecnici ha dato allo Sport Italiano. Per questo più che a Pietro Mennea, che vi ha corso solo una volta, avrei intitolato lo Stadio dei Marmi ad uno dei più grandi tecnici dello Sport Italiano, Sandro Calvesi, che fu uno dei primi diplomati ed il cui nome era inciso all’ingresso dello Stadio per poi essere inopinatamente cancellato. Questo della titolazione di stadi ed eventi meriterebbe un capitolo a parte. Ma che c’entra il buon Nando Martellini con lo Stadio delle Terme (una creatura voluta da Zauli), forse non c’era mai stato, ed il Golden Gala con Mennea – anche qui vi corse una sola volta – e non a Primo Nebiolo che lo ha inventato?
Torniamo alla storia. Fino al dopoguerra lo stadio fu utilizzato per le parate e le esercitazioni degli accademisti. I gradoni e la tribuna principale – un vero catafalco – vennero allestiti sempre con marmo di Carrara, città natale di Renato Ricci, il capo dell’Opera Nazionale Balilla, – scrive sempre Colasante – “marmo ricavato da una cava di proprietà della moglie dello stesso Ricci”. Mi meraviglia che Fiorello – parcheggiato alle porte del Foro Italico – nelle sue trasmissioni mattutine non abbia ripreso un po’ di questa storia. Forse anche lui, come il sottoscritto, è timoroso di fare un po’ di apologia.
VIGILIA OLIMPICA – L’avvicinarsi dei Giochi Olimpici Roma 1960 ha visto un secondo risorgere dello Stadio dei Marmi con una restituzione dello stesso allo sport attivo. Non si può dimenticare che nel 1960 lo Stadio dei Marmi, oltre che sede di alcune eliminatorie del torneo olimpico di Hockey Prato, fu sede del preriscaldamento delle gare di atletica dei Giochi. Ero lì spesso per fornire informazioni ad Alfredo Berra, allora al Corriere dello Sport, su chi si allenasse ed altro. Solo una decina di anni dopo Joszef Sir, tre medaglie nella velocità ai primi Campionati Europei di Torino del 1934 (con possibilità di definizione della classifica dei 100 metri solo dopo che il fotofinish fu mandato a stampare a Milano, uno dei tanto motivi perché Torino ha subito per anni una forma di complesso d’inferiorità rispetto a Milano), e poi per lungo tempo importante dirigente internazionale della IAAF, mi raccontò una divertente storiella.
Lui era allora allo Stadio dei Marmi in quanto dirigente della squadra di atletica ungherese. Era la vigilia dei quarti di finale dei 100 metri maschili. Il microfono gracchiante dello Stadio dei Marmi sollecitava alla call room gli atleti di uno dei Quarti. Più volte aveva chiamato Armin Hary, che tuttavia non si presentava. Sir che era nella lunetta della pista vide che Hary era lì ma non dava segni di rispondere alla chiamata. Allora lui, che parlava tedesco, si avvicinò e gli disse: “non sente che la stanno chiamando?”. Ed Hary di rimando gli rispose “Io non sono Armin Hary ma Herr Hary (il Signor Hary)”. Indovinate che vinse quei 100 metri olimpici?
Proprio l’anno prima dei Giochi lo Stadio dei Marmi ebbe un battesimo importante. Infatti il 31 Ottobre vi furono organizzati i Campionati Militari Internazionali, quelli che poi sarebbero diventati i Mondiali Militari del CISM. Non trovavo dati sulla manifestazione, neanche tramite Gianni Gola, a lungo presidente del CISM, eppure vi avevo assistito dal vivo. Indovinate da chi li ho avuti? Da Livio Berruti, che in quell’occasione, così come Tito Morale, consegui un’importante vittoria nei 100 metri. Sicuramente un battesimo ed un auspicio importante per lui.
Proprio nel 1960 lo Stadio dei Marmi fu sede di una delle più belle edizioni dei Campionati Provinciali Studenteschi, quella manifestazione inventata da Bruno Zauli dopo l’accordo con il Ministero della Pubblica Istruzione del 1953. Quella edizione, non sarà ricordata per il mio terzo posto nella finale dei secondi dei 1000 con la maglia del Liceo Tasso, ma soprattutto perché vide la consacrazione di Giancarlo Peris come ultimo tedoforo olimpico ed anche, dopo il salto in alto dell’anno prima, una nuova performance nel salto in lungo di Beppe Gentile.
PÉNNEL O PENNÉL? – Sulla scia dei Giochi Olimpici lo Stadio dei Marmi ebbe un decennio di gloria atletica. A partire dalla seconda edizione del Memoria Zauli. Quel 4 settembre del 1965, sfruttando la presenza in Europa di grandi campioni americani di passaggio dopo le Universiadi di Budapest, lo stadio dei Marmi vide sugli spalti oltre settemila spettatori, due ministri e l’allora sindaco di Roma. Oltre alle performance di campioni olimpici come Bill Toomey e John Pennel (di cui lo speaker della manifestazione – indovinate chi? –, fra i fischi generali, spiegò la giusta pronuncia), due atleti italiani furono fra i protagonisti: Eddy Ottoz che si prese la rivincita su Blain Lindgren che lo aveva preceduto l’anno prima a Tokyo e Franco Radman che superando gli 80 metri batté un grande del giavellotto, il polacco Janusz Sidlo, che cumulò tre presenze al Memorial Zauli. Presenza affettuosa quella di Sidlo che aveva la necessità ad ogni presenza di
aggiungere un pezzo di ricambio – anche usato – alla sua gloriosa e vecchia Mercedes, pezzi puntualmente procurati dal “trasteverino” Giorgio Lo Giudice.
Poi lo Stadio dei Marmi fu sede di alcune delle finali dei Giochi della Gioventù. In una delle prime Gabriella Dorio, futura campionessa olimpica a Los Angeles, vinse i 1000 metri. Nel 1967 un’epica staffetta 100×1000 del CUS Roma. La frazione più veloce fu quella di Roberto Frinolli, molto veloce perché poi andò via di corsa per correre all’altare per sposare Daniela Beneck. Maurizio Damilano vi ha stabilito il record italiano dei 20.000 m di marcia e dell’Ora. Lo stesso fecero Franco Fava e poi Giuseppe Gerbi nell’equivalente gara di corsa. Più avanti Silvana Cruciata fece il record del mondo dell’Ora migliorato solo 17 anni dopo.
Ben poco come si vede tanto che mi è stato impossibile stilare una tabella con i record dello Stadio dei
Marmi. Mennea ci ha corso una volta in 10”4, lamentandosi della pista. Il record “manuale” della pista
dovrebbe essere di Stefano Curini con 10”3. Questa dei record degli stadi è un’usanza poco nota in Italia.
Mentre in Germania e Gran Bretagna è un must per qualsiasi tipo di impianto, non solo per quelli iconici. È
una forma di cultura che dovrebbe essere incentivata.
Quando ero al CONI ho avuto modo di vedere quanti autobus turistici si fermassero per visitare sia
l’Olimpico che lo Stadio dei Marmi. Alcune guide mi dissero che dopo il Foro Romano e con l’EUR erano i siti
più richiesti, anche perché “a gratis”. Ed erano meravigliati che non esistessero gadget o DVD sul Foro Italico
stesso. Mi arrischiai a proporre a chi allora era sopra di me la produzione di un DVD che raccogliesse la storia
del Foro Italico e narrasse gli avvenimenti più importanti lì avvenuti, incluse le visite di Papi e tutto il resto,
compreso qualche bel goal delle squadre di Roma e spezzoni della partita inaugurale del 1953 all’Olimpico
contro l’Ungheria di Puskas ed Hideguti. Il risultato? Sconfitto con perdite. D’altronde in uno Stadio
(Olimpico) dove non c’è una targa che ricorda la vittoria olimpica di Berruti …
Non va dimenticato che lo Stadio è stato spesso usato per oscene manifestazioni, tipo rassegne di cavalli,
finali del football americano, parate di auto, mostre ed anche qualche allestimento per divertimenti para
sportivi, del genere Luna Park. Alla fine del secolo vi si tennero le esequie all’aperto di Primo Nebiolo con
ricordo letto fra le lacrime da Sara Simeone, ghost writer Massimo Fabbricini.
LA STATUA RAPITA – C’è un altro episodio dei Marmi che non è molto noto, anzi è molto controverso.
Alcuni anni dopo i Mondiali di calcio del ’90 (allora gli impianti sportivi del CONI dipendevano dalla mia
Direzione Generale) venne trafelato da me il dirigente responsabile della Gestione degli Impianti CONI,
Beppe Rinalduzzi. Con gli occhi sbigottiti mi disse che mancava una delle 60 statue dello Stadio dei Marmi.
Corremmo a vedere ed effettivamente a metà del rettilineo opposto una statua era stata troncata di netto.
Mancava la statua 17 della Provincia di Perugia, che rappresentava un lanciatore di giavellotto.
Ovviamente facemmo la dovuta denuncia ai Carabinieri, ma a tutt’oggi la statua non è stata più ritrovata. Ora
che dovrebbe rientrare dal Getty Museum l’Atleta di Fano (forse di Lisippo) anche questa potrebbe saltar
fuori. Indubbiamente è difficile da nascondere essendo alta quasi 4 metri. Su questa vicenda si è poi costruita
la classica leggenda romana che ancora circola: che un fulmine l’avesse colpita e frantumata e che i resti
fossero ora nei meandri dello Stadio o del Palazzo H. Nulla di più falso. Quando andai con Rinalduzzi a
vedere cosa era accaduto, non c’erano pezzi del marmo bianco. Come spesso accadde, la leggenda è diventata
realtà. Nel 2004 presenti Rutelli, vice premier, e la Melandri, ministro della cultura, fu inaugurata una nuova
statua. I testi di allora la davano scomparsa per un fulmine nel 1970! Che fantasia noi romani!
Ora, il prossimo 18 Maggio, la pista atletica dei Marmi ritroverà nuova vita. In origine come tutte le piste di
allora era di 500 metri. Poi quando il Foro Italico fu “rivisitato” in vista dei Giochi Olimpici la pista venne
riportata a 400 metri. Purtroppo è una pista anomala in quanto ha un raggio di 33 gradi contro il raggio
classico delle piste normali di oggi (da 36,50 a 38,50) e per questo potrà avere l’omologazione solo di IV
livello e non di V livello, con curve di oltre 103 metri. Curve difficili per i 400 ostacoli e per la staffetta veloce.
Va detto che la pista ha subito una nuova importante modifica: è stata “ruotata”! Infatti, causa la “balaustra”
centrale sul rettilineo d’arrivo, balaustra necessaria per le parate del regime di allora (come il tetto della
balaustra del Mausoleo di Lenin nella Piazza Rossa dove fino al 1990 i leader sovietici apparivano in fila a
seconda dell’importanza), ma che rendeva impossibile vedere completamene i 100 metri. Ora con la nuova
configurazione i cento metri saranno posizionati sul rettilineo opposto e la buca delle siepi sarà dopo il
vecchio traguardo.
Sperando che non si tratti di un unicum. SKY trasmetterà l’avvenimento che non è importante solo dal punto
di vista sportivo, ma anche da quello storico. Andrebbe celebrato anche questo secondo aspetto.
Luciano Barra (Tratto da sportolimpico.it – foto tratta da Fidal.it)