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“Difendiamo l’orgoglio della Sampdoria fino alla fine” – pensieri e parole in sala stampa di Dejan Stankovic, ennesima reincarnazione del Capitano Edward John Smith o, se preferite, del direttore d’orchestra Wallace Henry Hartley, entrambi inghiottiti dalle gelide acque dell’oceano Atlantico il 15 aprile 1912. Un naufragio tutt’altro che spettacolare quello Doriano: nove minuti, poi ecco l’iceberg friulano con i volti glaciali di Roberto Pereyra e Adam Masina. Partono i titoli di coda.
“Giornata più brutta per tifoso non è quando sa che sua squadra retrocede, ma è quando sa che giocare serie B è cosa migliore che può capitare anno prossimo” – firmato account Twitter apocrifo di Vujadin Boskov. Il 2-0 maturato in terra friulana ha sancito la matematica retrocessione della Sampdoria in serie B, evento che non si verificava dalla stagione 2010 – 2011 e che per i tifosi doriani fa ancora più male, vista la crudele concomitanza con la promozione del Genoa in serie A maturata nel fine settimana. Un’armata Brancaleone, quella blucerchiata, capace di raggiungere il tutt’altro che lusinghiero terzo posto nella classifica delle peggiori medie punti mai registrate in serie A: 0,50 punti a partita dopo 34 giornate. Hanno fatto meglio solamente il mitologico Ancona 2003 – 04 (0,38) e il Pescara 2016 – 17 (0,47). Tre le vittorie in campionato fino a questo momento, la pochezza di 20 gol segnati e ben 61 i palloni raccolti in fondo al sacco da Emil Audero prima e Nicola Ravaglia poi. Un evento doloroso ma che non può stupire e sul quale si allungano le ombre ancora più inquietanti del fallimento, della rifondazione e, giocoforza, anche di un nuovo nome da affibbiare alla società. Il peggio, così, pare non avere fine, soprattutto se ritorniamo con la mente a due anni fa: nono posto in classifica sotto la sapiente egida di Claudio Ranieri. Un finale gonfio di lacrime e rabbia.
La disasterclass, per dirla all’americana, prende forma in quel di Corte Lambruschini col ritorno nel gennaio 2022 di Marco Giampaolo, chiamato a raddrizzare la barra dopo il deludente avvio di Roberto D’Aversa, reduce l’anno prima dalla retrocessione col Parma (1 sola vittoria, 5 pareggi e ben 16 sconfitte alla guida dei ducali da gennaio a maggio 2021), e che aveva portato i doriani a solo quattro lunghezze dalla zona calda della classifica, un piazzamento figlio degli appena 20 punti racimolati in 22 partite. La svolta col tecnico di Giulianova, però, stenta ad arrivare. Giampaolo colleziona 16 punti in 16 partite, e si salva grazie alle prodezze di Audero, su tutte il rigore parato a capitan Criscito, e ai risultati deludenti delle concorrenti. Con la permanenza in A scatta il rinnovo automatico del contratto da 1,3 milioni per il tecnico ex Milan fino al 2023. Un macigno sulle già esauste casse del club, messe ancora più in ginocchio da scelte in sede di calciomercato che si sono poi rivelate totalmente errate, come Gonzalo Villar, e riconducibili alla mancata risoluzione del problema del doppio direttore sportivo. A ingarbugliare poi il tutto, l’esonero assolutamente tardivo dello stesso Giampaolo nel mese di ottobre 2022, con la Sampdoria in fondo alla classifica con due punti in otto partite. Una decisione procrastinata il più possibile: meglio non avere, infatti, due allenatori a libro paga.
E chi ha il calcio nel cuore non può che gridare allo scandalo. Nonostante la Federcalcio faccia orecchie da mercante e, negli oscuri antri della Lega calcio, Casini non accolga come legittime le proteste dei tifosi della Sampdoria, gli unici incolpevoli in questa situazione. Siamo di fronte a un caso Parma 2.0. I carnefici della Samp hanno svariati volti. C’è quello di Edoardo Garrone, colui il quale cedette ad un euro il club a Ferrero, sostenendolo anche con moneta sonante, salvo fare poi iniziare ad avere i sensi di colpa e a voler fare marcia indietro quando ormai era troppo tardi. C’è quello stralunato di Massimo Ferrero, un sedicente produttore cinematografico, bancarottiere seriale stando ai pronunciamenti di svariati tribunali, eppure aggrappato come un panciuto koala alla proprietà di un club che gli ha sempre garantito l’immunità. Chi criticava il presidente era, infatti, un genoano. “I tifosi devono fare i tifosi” – ergo bersi o soprassedere a qualsiasi sparata del loro patron. Ci sono i volti solcati da ghigni mefistofelici della Federazione che glissò, ha glissato e tutt’ora glissa imperterrita circa ogni tipo di accertamento sulle capacità di far fonte agli obblighi contributivi, retributivi e societari di chi entra nel sistema calcio.
Che la Sampdoria avrebbe salutato la compagnia lo sapevano anche gli scogli del porto di Genova. Per evitare il paggio sarebbero serviti 40 milioni, più altri duecento per ripianare i debiti accumulati. I volenterosi che hanno provato ad interessarsi a questo “grande malato” o sono stati rispedito a casa a mani vuote o hanno compreso immediatamente che un’operazione di questo tipo era un investimento a perdere annunciato. Quella che fu l’Unione Calcio Sampdoria non ha convenienza ad essere acquistata da alcuno. Meglio attendere ancora un po’. Tra qualche settimana, con poche migliaia di euro ce la si potrà aggiudicare in tribunale.
Ma non si era detto: “Mai più un altro caso Parma”?