Il terzo posto di Danilo Petrucci a Donington, due settimane fa, ha riportato il Barni Spark Racing Team sul podio della WorldSBK dopo quasi 5 anni. “Un bellissimo risultato. Devo molto alla squadra, che non si è mai persa d’animo. Ora punto a tagliare per primo la bandiera a scacchi, per entrare nel club esclusivo dei rider che hanno vinto sia in MotoGP sia in WorldSBK”, racconta il campione della Superstock italiana 2011 33 anni, qualche ora prima di debuttare sulla pista di Imola.
Il campionato è al giro di boa in questo weekend, il settimo dei dodici programmati: come l’hai vissuto fino a oggi?
“Con qualche difficoltà, ma va sempre meglio. Rimettermi in gioco dopo la MotoGP è stato abbastanza duro. Qui ti confronti con piloti che sono in sella alla stessa moto da qualche stagione e hanno veramente un buon feeling con il mezzo. Dopo avere guidato la V4 l’anno scorso, con gomme diverse, mi aspettavo di fare meno fatica; invece, gli pneumatici cambiano davvero il carattere della moto ed è stato come salire su una moto nuova. C’è voluto più tempo del previsto per ottenere un buon risultato. Anche perché il livello del Mondiale è molto alto”.
Le tue prime impressioni del paddock delle derivate?
“Ottime. Apprezzo ancora di più l’ambiente, a distanza di qualche mese. Mi piace tantissimo il contatto con il pubblico, che può entrare nel nostro habitat e vedere da vicino come funziona. I tifosi mi erano mancati molto: la pandemia nel 2020 e 2021, poi la Dakar, dove non esistono spettatori e la MotoAmerica, che ha un seguito inferiore. Alla fine erano quattro anni che non vedevo tanti appassionati e la tappa della WorldSBK, in Australia, mi ha stupito: vedere T-shirt e sciarpe con il mio numero e il mio nome è stato super emozionante”.
I colleghi?
“Mi trovo bene con loro, come del resto con gli avversari della MotoGP: la mia vittoria più bella non è stato Le Mans o il Mugello, ma le amicizie che mi sono costruito in carriera”.
Una differenza tra la WorldSBK e la MotoGP?
“Sicuramente l’ambiente: tra le derivate è più rilassato, più umano. Questo non significa che l’ambiente della classe regina sia peggiore”.
Hai trascorso un lungo periodo negli Stati Uniti: cos’hai scoperto di te?
“Ho scoperto che mi piace vivere in Europa. Oltreoceano è fantastico andare in giro, sono passato praticamente da ogni Stato, ho conosciuto tante realtà e vissuto esperienze intense, ma lì non vivrei”.
Perché?
“Gli americani sono avanti per un sacco di cose, però io arrivo dalla campagna e il legame forte con famiglia e amici mi riporta sempre a Terni. In America è tutto più distaccato, non solo le persone: le catene di hotel, per esempio. Quando ti svegli in una camera di albergo, fatichi a capire se sei a Seattle o a Miami. Però, anche in America ho conosciuto persone speciali e mi piacerebbe tornare a correre, perché ho finito il campionato secondo: vorrei provare a vincerlo”.
Ti sei portato a casa altro?
“Il desiderio di comprare una Dodge Challenger, simbolo del sogno americano. L’ho acquistata in Italia, però, e guidarla qui non è semplicissimo” (ride, ndr).
Racconta.
“Sulle strade americane, con il prezzo della benzina che c’è là, va benissimo; qui, un po’ meno La Dodge è lunga come un furgone, non entra nei parcheggi, la benzina ha un altro costo. Ma non la vendo, mi piace per troppo il motore V8 – certo, inquina, hai presente la correlazione cane-padrone? Uguale – e poi mi ricorda l’America”.
Come procede il tuo progetto di realizzare a Terni un parco-giochi per bambini dedicato alle moto?
“Forse è la volta buona che si muovano le acque. Con la nuova giunta, si è insediata dopo le elezioni di maggio, sto affrontando la questione dei permessi. La mia città ha aree agricole e industriali, non ci sono terreni a uso sportivo: per crearli bisognerebbe cambiare il Piano regolatore. Le idee ci sono, adesso mio fratello se ne occupa con me, e continuiamo a cercare referenti e persone interessate. Vorrei tanto lasciare qualcosa che riguarda le moto, dopo tutto quello che le moto mi hanno dato: ho provato anche moto elettriche da cross, perché è importante guardare avanti. Le moto elettriche non fanno rumore, non inquinano e sono perfette per la città. Al contrario della mia Dodge”.
Foto: Dario Aio