Nonostante abbia già corso il primo round della stagione, Alessandro Delbianco, 21 anni, di Cattolica, stenta a credere di essere un pilota della WorldSBK. “Se penso che divido la pista con i campioni a cui chiedevo l’autografo non molto tempo fa, devo darmi un pizzicotto: non starò sognando?” dice il rider dell’Althea Mie Racing Team (che l’ha promosso dalla Superstock 1000), pronto per la seconda tappa del campionato, questo weekend in Thailandia.
Il campione che ti ha meravigliato di più a Phillip Island?
“Tra tanti, scelgo Jonathan Rea: avrei dovuto pagare il biglietto per godermi uno spettacolo del genere dal primo giorno di prove. Solo quando lo vedi da così vicino, ti rendi conto della sua bravura; guida in un modo pazzesco. Nel 2016 lo rincorrevo nel paddock e adesso mi sembra davvero incredibile trovarmelo in griglia di partenza”.
Il debutto com’è andato?
“È stata un’esperienza fantastica, ecco perché ho voluto renderla indimenticabile con il tatuaggio ‘Step by step’, che ho fatto proprio in Australia. Purtroppo non ho conquistato punti, ma ho cominciato a capire le dinamiche: per me è tutto nuovo e ho bisogno di rodare. In più, devo sciogliermi un po’ mentalmente e metterci più grinta: sono entrato nel Mondiale in punta di piedi e con molta deferenza. Anzi, troppa: per timore di disturbare i fenomeni vado più piano di quanto dovrei e fatico a sorpassare”.
Ti trovi bene sulla Honda CBR1000RR SP2?
“Sì, in particolare nelle stacccate e nel misto. Invece devo abituarmi alla velocità: non avevo mai preso una curva a 200 km orari. Tra le 600, e le derivate c’è un abisso, a cominciare dalla potenza”.
Quando è nata la tua passione per la moto?
“Sono salito su una minimoto a 6 anni e sul podio a 7. I due titoli italiani, i tre europei e il trofeo Honda Irp Italian Racing Project sono arrivati subito dopo. Poi, però, la mancanza di budget mi ha costretto a fermarmi per tre anni. Andavo a scuola e ho anche lavorato: mi alzavo alle 6 di mattina per trasportare le carrozzine dei disabili e ho imparato quanti sacrifici comporti una vita ‘normale’. Altro che allenamenti e circuiti: so di essere molto fortunato, correre è un mestiere, ma è anche divertimento”.
Hai mai paura di montare in sella?
“L’anno scorso, sì: ogni volta che scivolavo, mi rompevo qualcosa: ho avuto cinque infortuni a catena. Oggi no: basta una bella gara per cancellare gli infortuni”.
Il tuo idolo?
“Valentino Rossi. Mi piacerebbe un sacco girare con lui al ranch. Qui nelle derivate, però, mi ispiro a James Toseland, l’ultimo pilota della Honda ad avere vinto un Mondiale, nel 2007. Il numero che porto sulla carena è anche un omaggio al tre volte campione del mondo inglese: il mio ’52’ ha una grafica speculare proprio come il suo”.
*Credito foto: Luca Gorini