E’ talmente contro, talmente alternativo, divergente e ribelle, talmente avverso al “politically correct”, talmente diverso, da essere l’unico vero big a presentarsi questa settimana alla coppa Davis. A differenza dei ben più giovani colleghi, lui, a 36 anni, supera la fatica per quell’amor di patria che i più hanno perso, pur avendo – unico del lotto – la giustificazione ideale: ha appena vinto lo Slam numero 3 stagionale (in 4 finali), il 24-record totale. Così è Novak Djokovic, numero 1 del tennis e dei no vax, bandiera della sua Serbia e dell’amore per lo sport, padre e marito ideale, figlio riconoscente dei genitori che si sono sobbarcati ogni sacrificio per farlo emergere dalla povera Belgrado schiacciata dalle bombe Nato, sempre memore di quanti l’hanno aiutato nel suo travagliato percorso. Lui che aveva problemi di respirazione e di alimentazione, lui che doveva dribblare il magico “Fedal”, lui che nessuno ama veramente, ma dev’essere stimato per forza. Insomma, a dispetto degli altri, dei luoghi comuni, del destino stesso, il campione di gomma che secondo coach Ivanisevic punta all’Olimpiade di Los Angeles 2028 spicca ancora per la sua personalità contro corrente, s’è presentato a Valencia per affrontare Spagna e Repubblica Ceca. “Ho avuto molte esperienze di Davis, il mio desiderio è quello di contribuire nel miglior modo possibile anche sapendo che avrò a malapena il tempo di adattarmi dopo gli US Open. A inizio stagione ho detto molto chiaramente che quest’anno i miei obiettivi principali erano il Grande Slam e difendere i colori del mio Paese, aiutando la Serbia ad arrivare in finale a Malaga. Tutto il resto è un bonus, compreso chiudere l’anno al numero 1”.
PROPOSTA DAVIS
Novak era stato fra i fautori di un cambiamento, non si era espresso nel 2019, quando l’ex calciatore spagnolo Piqué aveva cambiato faccia alla coppa Davis, adesso che il contratto è stato rescisso dalla ITF per inadempienza economica, in scia alle proteste di Stan Wawrinka e molti altri, da paladino senza macchia e senza paura, dichiara: “Il formato ha bisogno di una revisione. Spero che la ITF consulti i giocatori per il cambio perché non ci consultano mai: dobbiamo sederci tutti insieme e parlare del futuro. Se l’ITF non fa le cose bene, onestamente non so cosa accadrà a questo torneo. Per il bene del tennis e della sua storia, questa competizione deve sopravvivere, perché è la gara a squadre più longeva che abbiamo. Non c’è niente di più importante che rappresentare il proprio Paese, quindi vedremo come ridefiniranno il format”. Il ribelle è ribelle dentro. E così come aveva attaccato l’ATP pre-avvento di Andrea Gaudenzi alla presidenza, ottenendo una serie di miglioramenti per le fasce più basse dei colleghi, così adesso Nole I di Serbia punta il dito non già contro Piqué ma contro la Federtennis mondiale: “Non credo che sia realmente colpa sua, credo che l’ultima decisione sia dell’ITF, e quindi che sia stata l’ITF a cambiare il format 5 anni fa. Pur con l’intento di far crescere il movimento e la Coppa, che tutti eravamo d’accordo di cambiare. Ora è il momento di trovare un equilibrio migliore su un format che funzioni. Il primo anno tutti avevano giocato a Madrid togliendo al 99% dei paesi la possibilità di impegnarsi in casa. La Serbia per esempio non gioca davanti ai suoi tifosi da 4-5 anni, è troppo tempo per noi, è un periodo troppo lungo senza che i serbi possano vedere i propri giocatori”.
SUPERMAN
Subito dopo il trionfo di New York, la festa di Novak si è protratta e s’è raddoppiata a Belgrado: il re degli US Open si è infatti unito, sul tetto del municipio della sua città, alle celebrazioni della nazionale di basket, seconda ai Mondiali. Dopo aver alzato al cielo l’ennesimo trofeo, s’è commosso per l’abbraccio fisico dei cestisti e virtuale della sua gente, ed ha pianto commosso davanti a oltre 50mila persone che si erano riversate in strada per omaggiare gli eroi sportivi. Riuscendo a sussurrare soltanto: “Pochi momenti mi lasciano senza parole e questo è uno di quelli, una emozione così non accadrà mai più”. Alla festa si è aggregato anche l’MVP NBA, Nikola Jovic, che ha saltato i Mondiali, distrutto, e s’è distratto in Italia con la sua passione per i cavalli mentre il suo contributo sarebbe stato decisivo nella finale per l’oro persa contro la Germania. Forse anche per questo, lontano dalle polemiche feroci che ci sarebbero state in altri paesi, Novak ha aggiunto: “Voglio concludere con questa frase: “Nessuna nazione sportiva al mondo ha lo spirito che abbiamo noi. Viva la Serbia!”.
PENSIERO CONTRO
Novak gioca comunque, a 36 anni, ma non critica il rivale diretto, il 20enne Carlos Alcaraz che diserta ancora la nazionale a Valencia: “Non arrabbiatevi con lui. L’anno ha giocato la Davis nonostante la vittoria agli US Open e il pochissimo tempo a disposizione per recuperare. So che ama giocare per la Spagna e che lo farà molte volte nella sua carriera. So che la vincerà, lo stimo molto, il suo arrivo ha fatto bene al tennis. In 20 anni di carriera anch’io non ho sempre giocato le qualificazioni e la risposta del pubblico non è sempre stata positiva. E’ difficile essere sempre un esempio per tutti, ma giriamo il mondo tutto l’anno e giochiamo tantissimi tornei, spingiamo il nostro corpo al limite e, a un certo punto, è necessario riposarsi. Bisogna proteggere i giocatori in queste situazioni. Naturalmente molte persone sono deluse, ma è importante comprendere ogni contesto. Non capiscono perché un ragazzo di 20 anni sia stanco e io a 36 sia qui. Anche se da giocatore serbo: non dover sfidare Alcaraz ci aiuta tantissimo”. Poi si aggrega al coro dei nostalgici di Federer e Nadal. Ma questo è un altro lato del carattere di Nole I di Serbia.