Gianmarco Pozzecco è balzato in questi giorni agli onori della cronaca per essere stato, prima esonerato, poi rapidamente riconfermato come capo allenatore della Dinamo Sassari basket. Pozzecco alle prime pagine è abituato già dai tempi in cui calcava i parquet come giocatore. Istrionico ed estroverso, è stato sicuramente il giocatore italiano più rappresentativo della nostra pallacanestro. Nato il 15 settembre 1972 a Gorizia, guardia-play di 1.81, ha dovuto lottare contro i pregiudizi fin dall’inizio carriera, perché, come ha raccontato che già quando militava in serie C gli era stato detto che mai avrebbe potuto sognare la serie A. Invece ci è arrivato, eccome. Ma, una volta in vetta, gli dissero che nessun grande club l’avrebbe mai ingaggiato per via del fisico non eccezionale. Epperò, Gianmarco, grazie a una rapidità di mani, di piedi e di testa fuori dal comune, approdò nel 1994 alla Pallacanestro Varese. Lì pure, comunque, gli pronosticarono che, in regia, non sarebbe andata da nessuna parte, e invece proprio a Varese divenne campione d’Italia nel 1999. E lo scudetto della stella “Poz”, coi capelli fucsia, il naso rotto e la maglia sporca di sangue, che esulta alla fine della gara decisiva, vinta in casa contro il Benetton Treviso di Pittis e Marconato, è il simbolo della squadra di Varese e della cavalcata trionfale verso la vittoria. Era l’11 maggio 1999 e quel giorno si celebrò l’apoteosi di colui che si può considerare il giocatore italiano più spettacolare della storia. Gianmarco, con le sue giocate all’Allen Iverson, sembra essere immarcabile dagli avversari. Masnago è una bolgia, lo scudetto atteso 21 anni è un passo. Nemmeno la gomitata di Marcelo Nicola sul naso di Pozzecco può nulla contro colui che viene soprannominato “la mosca atomica”. Gianmarco trascina la squadra, capitanata da Andrea Meneghin e guidata in panchina da Charlie Recalcati, verso la conquista di un sogno. A Varese si grida al miracolo. Pozzecco viene venerato come un Dio. Quella notte il piccolo giocatore in cui nessuno aveva creduto è sul tetto del basket italiano.
Pozzecco regala magie anche con la maglia azzurra. Su tutte resta nella memoria la notte del 3 agosto 2004, quando in vista dei Giochi di Atene 2004, dove gli azzurri conquisteranno un argento che vale oro, l’Italia affronta il Dream Team USA in un’amichevole a Colonia. Sugli spalti 14 mila spettatori accorsi per sostenere la squadra a stelle e strisce. L’Italia gioca la partita perfetta. Contro i fenomeni NBA, Pozzecco non mostra nessuna deferenza e, dopo aver segnato una canestro in acrobazia, si inchina, beffardo, davanti al pubblico tedesco in delirio per i giganti americani. L’Italia tutta si innamora ancora una volta, perdutamente, di Gianmarco.
Pozzecco chiude la carriera il 15 maggio 2008 a Capo d’Orlando. A tre minuti dalla fine viene richiamato in panchina e tutto il pubblico si alza in piedi per tributargli un lungo, meritato e commosso, applauso. Col “Poz” lasciano il campo di gioco lo spettacolo, la classe, l’irriverenza e l’imprevedibilità.
Chiara Gheza