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La testimonianza

“Rossi & Rossi rinnovano le dinasty in pista, l’allievo non supera il maestro. Ma se papà è Rossi…”

Da Sport Senators 21/07/2018

Carlo Canzano ci illumina sulla lunga storia di fratelli, padri e figli piloti fra auto e moto. Ma voi, vostro figlio, lo mettereste su una pista?

Carlo Canzano, come giudica le prime esperienze in moto 2 di Luca Marini, fratellastro e membro dell’Academy di Valentino Rossi? Nei motori si rinnovano le dinasty. 
“Non è di certo la prima volta che succede. Ricordo molte di coppe di fratelli nell’ambito dei motori: nel 1975 Johnny Cecotto venne etichettato col nome “baby fenomeno” e poco dopo suo fratello minore, Josè, si affacciò nel contesto diventando un pilota di medio-buona qualità. Anche se non riuscì ad eguagliarlo. Gli stessi fratelli Sarron divennero una coppia di un certo livello con Christian, il fratello maggiore, che vinse nel ‘78 il campionato 250cc.
Per quanto riguarda Luca, non credo possa mai avvicinarsi al livello di Rossi, ma è molto determinato, nel lavoro così come nella preparazione: non ha il grande talento di Vale, ma è tenace, oltre ad essere veramente un ragazzo per bene ed educato. La madre Stefania, nonostante sia sempre stata un po’ timorosa, è stata molto partecipativa con loro e li ha aiutati a crescere”.
 Ci sono stati casi in cui l’allievo ha superato il maestro?
“Mi sembra di no, per lo meno per quanto riguarda la velocità. Junior Roberts, per esempio, fu solo una fotocopia sbiadita del padre. A volte per i figli una figura importante di padre può risultare quasi dannosa. Molti piloti di oggi hanno un padre che un tempo correva anche lui. Mi viene in mente Rossi: il padre Graziano fu sfortunato nei motori, ma proprio lui è il segreto del successo di Valentino: è l’esempio del padre di pilota perfetto. Non so quanti genitori agevolino l’ingresso nelle corse per i propri figli, sicuramente molti lo hanno fatto ma altri no: il già citato figlio di Kenny Roberts non fu spinto a percorrere la stessa strada del padre, anzi, Kenny sperava si desse al golf. Un caso contrario può essere quello di Lorenzo. Quando era piccolo disse che il padre lo obbligava letteralmente a farlo correre in pista fino a tarda sera, e lui piangeva. Questo spesso succede quando un padre vede nel figlio una sorta di rivalsa, un’occasione di successo per interposta persona, perché difficilmente un bambino autonomamente pensa di voler fare il pilota. In più c’è consapevolezza nei genitori che si corrono dei rischi facendo questo mestiere. Certo, oggi è tutto molto più sicuro, dalle moto alle tute passando per le vie di fuga delle piste, quindi è diminuito il limite del rischio, ma a certi livelli è quasi più pericoloso avere la presunzione di dire “a me non succede”.
Ritorniamo  alle coppie di fratelli più famose.
“Mi piacciono i fratelli Espargaro, sono molto legati. Quando uno correva in moto GP e l’altro in moto 2,  Aleix lo ha sempre seguito ovunque per supportarlo e dargli consigli, gli ha fatto proprio da fratello maggiore. Ci sono anche i fratelli Marquez: Alex, il più piccolo, ha vinto il mondiale nel 2013 e ora corre in moto 2, voleva salire di categoria ma non ne ha avuto la possibilità, per il momento.”
Lei personalmente con l’esperienza che ha di auto e moto, spingerebbe mai suo figlio in pista?
“No, non lo farei mai. Mio figlio ora è grande, certo è cresciuto con le moto e da piccolo andava sulle minimoto, ma non gli avrei mai permesso di diventare un pilota, è troppo pericoloso, per me, come padre. Nel mio caso, comunque, è stato abbastanza semplice, dal momento che lui stesso non ha voluto intraprendere questo tipo di carriera”.
Riccardo Bordino
Tags: moto, motori, valentino rossi

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Nota sull’autore: Sport Senators

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