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Tennis

Un “Fedal” tutto suo: il tennis invidia Fabio

Da Vincenzo Martucci 21/09/2019

Deve essere una bella sensazione avere Roger e Rafa che dalla panchina ti incitano ad ogni punto e sono sempre pronti a consigliarti. Chissà quanti avrebbero voluto essere al posto di Fognini all'esordio in Laver Cup... o forse no!

Come vi sentireste voi se al cambio campo aveste Federer e Nadal che vi parlano e vi suggeriscono e vi incitano? Sì, proprio così: quel Federer e quel Nadal, Roger & Rafa, il “Fedal” da sogno dello sport, la coppia più bella ed indimenticabile del tennis! Benvenuto alla Laver Cup, caro Fabio Fognini: nastri e lustrini, hotel a cinque stelle e ristoranti da favola, campo nero, divise e organizzazione da urlo, guanti gialli, compagni ed avversari di primissima qualità, i migliori in circolazione ma, soprattutto, i due veri capitani dell’Europa, che scavalcano la flemmatica staticità di Bjorn Borg, imbalsamato in panchina e mantengono elettrica l’atmosfera, stimolando anche il fronte del Resto del Mondo.

Non dev’essere facile vedere il Magnifico e l’Extraterrestre che, a due metri dal campo, non stanno zitti un attimo, che discutono su ogni tuo colpo, che si agitano, che tifano smodatamente, chiassosamente, vistosamente accendendo la polveriera di Ginevra. Quella Casa-Federer vestita a festa che vibra come già l’anno scorso, Chicago, e l’anno dell’inaugurazione del torneo a inviti Vip, Praga. Quest’immagine dei due fenomeni è l’immagine simbolo, assolutamente irripetibile, della riuscitissima gara inventata dal campione svizzero e dal suo manager storico, Toni Godsick. E’ esaltante, è appassionante ed è insieme eloquente dei valori che hanno mosso, negli anni, la carriera dei due campioni, spingendoli al limite e quindi ravvivando continuamente la loro rivalità.

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Come ci sentireste voi se al cambio campo aveste Federer e Nadal che vi parlano e vi suggeriscono e vi incitano? A questa domanda, su twitter, la gente del tennis risponde di pancia: “Avere due motivatori così sarebbe fantastico”. E’ la stessa gente che poi, nella partita della domenica, inveisce col proprio padre che gli fa segno dalla tribuna di insistere sul rovescio dell’avversario o che, per una volta, proprio non ce la fa più e scuote deluso la testa (come fa vistosamente il capitano ufficiale del Resto del Mondo, John McEnroe, davanti alle volée sconsiderate di Jack Sock). Da fuori, si sa, è sempre tutto facile

Da dentro, Fabio Fognini si rode dalla rabbia: a lui non gliene va bene una, all’avversario gli funziona incredibilmente tutto e, in quel salotto buono dov’è stato invitato per la prima volta – ed è il primo italiano a fare passerella -, non può nemmeno sbraitare, arrabbiarsi, urlare e gettare la racchetta. Ma, trattenendosi, così tanto non può nemmeno tentare di scuotersi e rovesciare un match che, tecnicamente, potrebbe vincere. La sua frustrazione cresce, si dilata, si moltiplica, implode, anche proprio per la presenza dei quella coppia di eroi della racchetta che, in modo esemplare, gli suggeriscono quel che lui sa. Rafa, in spagnolo, nella seconda lingua di Fabio che vive a Barcellona, con qualche colorita imprecazione, lo esorta ad accettare la situazione, a insistere, a star lì, Roger, col suo fare più flemmatico, ma insieme deciso, da padre di due coppie di gemelli, sbotta. “Basta, adesso non voglio più vedere negatività”.

Che spettacolo nello spettacolo. Ancora una volta Rog e Rafa si prendono il proscenio, vanno in campo, si appoggiano alla panchina, si sfogano, scuotono il compagno in difficoltà, lo blandiscono e lo tirano per la maglietta. Sono proprio loro in carne ed ossa, i due famosi campioni, i due esempi, proprio loro, il sogno di qualsiasi tennista, quelli che, quando giocano, tengono tutto dentro, e reagiscono con freddezza impressionante davanti alle situazioni più disperate, sui campi più importanti del mondo, contro gli avversari più feroci.
Come fanno? Come ci riescono, a dispetto degli anni propri che avanzano e dei pochi anni e delle forze sempre più fresche che devono fronteggiare? Chi cerca una risposta è accontentato con una spiegazione semplice, basic, che i giocatori cercano nel super-coach, negli ex campioni che hanno vissuto sulla propria pelle le stesse emozioni, gli stessi problemi, le stesse frustrazioni. Facile, non ci sono segreti: Federer e Nadal invitano amabilmente, vibratamente, emotivamente a Fognini a star calmo, a dominarsi, ad usare la testa, a vincere quel suo io lamentoso e autodistruttivo. E’ la stessa cosa che decine di amici, tecnici, familiari hanno ripetuto negli anni al talento tennistico italiano più puro dopo Adriano Panatta. Parole che, ahilui, Fabio, “infognato” com’è nelle dinamiche del match, dopo quell’inizio disastroso, dopo aver sbagliato la sciolina per la superficie, dopo essere inciampato in una marea di occasioni, coi suoi problemi alle caviglie, non riesce a concretizzare. E, dentro, piange due-tre-mille volte, davanti a una situazione da sogno che brucia come un falò di carta.
Proprio davanti ai due fenomeni, mitici anche da tifosi. I soliti, inarrivabili, Roger Federer & Rafa Nadal.
*articolo ripreso da supertennis.it

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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