Felix Auger Aliassime e Borna Coric non sono due giocatori qualsiasi: hanno un bel passato da juniores, vantano numeri tecno-fisici ed età che promettono grandi cose sul’ATP Tour. Eppure, a livello ATP Tour, stanno buttando giù bocconi amari a iosa, almeno in considerazione delle considerevoli aspettative sulla massima ribalta del tennis pro.
Il ventenne di bandiera canadese, di papà del Togo, già numero 17 del mondo, oggi 22, ha perso 6 finali su 6, 3 su 3 quest’anno: dopo le due sul veloce indoor di Rotterdam Marsiglia pre-pandemia, domenica si è arreso sulla terra rossa di Colonia a Sascha Zverev.
Il croato, quasi 24enne (il 14 novembre), già numero 12 della classifica, oggi 26, di titoli ATP ne ha già firmati 2, in carriera, ma ha ceduto per il secondo anno di fila sotto il traguardo del torneo-tabù, San Pietroburgo: dopo i ko di dodici mesi fa contro Medvedev, domenica si è fermato contro Rublev.
Il futuro, o almeno una fetta di futuro, quella che gli altri Next Gen gli lasceranno, sarà comunque anche loro. Per una questione d’età e anche di qualità, che sicuramente i due ragazzi possiedono in modo importante, ma non in modo così decisivo. O che è almeno da correggere, rivedere, completare.
Aliassime deve sicuramente fortificarsi di fisico. Dopo aver risolto i problemi cardiaci e respiratori che l’hanno penalizzato ad inizio corsa, sicuramente deve aumentare peso di palla e resistenza. Il rischio per chi è nato lo stesso giorno e mese, l’8 agosto, del famoso Roger Federer, ed è accompagnato da sempre da grandi aspettative, è quello che accusi un violento contraccolpo da questa lunga attesa e dalle tante dolorose sconfitte, minimizzando i progressi, che comunque ci sono, come dimostra il bel successo di Colonia su un giocatore solido e coriaceo come Roberto Bautista Agut.
Ma il tabù dei ko in finale resta, accompagnato a una statistica nerissima: non è il primo a perdere le sue prime 6 finali, ma i predecessori, Benneteau (addirittura 10), Dupre e Pioline (9), Pioline, Mannarino, Duncan, Denton e Malisse (6) come lui si sono in parte realizzati, come Cedric Pioline per esempio, ma certamente non ai livelli che Aliassime spera.
Lo stesso discorso vale per il grande difensore Coric che, nei momenti topici della partita, proprio non trova gli indispensabili spunti offensivi, rovinando il gran lavoro che fa nella costruzione dei punti e le invenzioni col delizioso rovescio a due mani.
Come ha evidenziato ancora una volta l’evoluzione della finale di San Pietroburgo, quand’è stato avanti 5-2 nel tie-break del primo set, contro un Rublev sempre più nervoso e frustrato nel torneo di casa, ed ha fallito due conclusioni possibili col colpo più debole, il dritto. Sul quale aveva tanto lavorato anche con Riccardo Piatti a Bordighera, per poi chiudere prematuramente il rapporto col tecnico comasco.
Ahilui, oggi il suo meglio non basta, a fronte di una nuova promessa di estremo impegno: “Tornando a casa lavorerò ancora di più e più duramente. L’anno prossimo tornerò sicuramente qui, sperando di poter finalmente vincere questo titolo”.
La voglia di emergere e la disponibilità al lavoro non mancano di certo anche ad Aliassime, dotato di un gioco ancor più completo di Coric, e di qualità tennistiche anche superiori, comprovate dall’essere arrivato a giocarsi sei finali ATP tour.
Ma anche lui, come il croato, manca del colpo del ko, di punti facili, di risolutezza nei momenti decisivi e della capacità dei più forti di trovare soluzioni radicali. Così, i suoi colpi diventano troppo corti ed attaccabili, le sue soluzioni troppo prevedibili, i suoi tentativi troppo velleitari.
E, quando il gioco si fa ancor più duro, in finale, finiscono sempre per infrangersi contro avversari più potenti come appunto gli ex rivali juniores, Zverev e Rublev. Che hanno una-due marce in più e le utilizzano al meglio, almeno nei match due set su tre. Pronti ad aumentare il gap sulla, distanza lunga degli Slam.
*ripreso da www.supertennis.tv