L’Arabia Saudita è uno dei paesi che maggiormente sta investendo nel mondo dello sport, basti vedere il Six Kings Slam vinto da Jannik Sinner. Un esempio di spettacolo offerto al grande pubblico, ma che purtroppo nasconde dietro di sé grosse incongruenze come la gestione dei diritti umani e in particolare di quelli delle donne. Ciò ha creato discussioni, forfait da parte di grandi atleti, ma anche voci fuori dal coro come quella di Casper Ruud, in occasione dello Stockholm Open, ha aperto una nuova strada per migliorare la situazione nel paese mediorientale.
“Non ho ricevuto un’offerta dal Six King Slam, ma ne ho ricevute in passato e ho sempre scelto di non andare. Ovviamente l’Arabia Saudita è un paese controverso in molti aspetti, ma anche altri paesi in cui andiamo a giocare sono allo stesso modo controversi – ha sottolineato il giocatore norvegese in un’intervista rilasciata a Nicholas Albek per “SpilXperten” -. In termini di diritti umani si può sicuramente discutere della Cina, ma noi ci andiamo ogni anno. Si è parlato molto di Peng Shuai e di quello che le è capitato, questo è soltanto per dire che se vogliamo considerare l’Arabia Saudita un paese controverso allo stesso modo dovremmo menzionare anche altri paesi che invece non consideriamo”.

L’onda lunga dello “sportswashing”, ovvero l’utilizzo dei grandi eventi sportivi per “ripulire l’immagine” dei paesi, potrebbe diventare anche un’opportunità per spingere chi governa a cambiare atteggiamento nei confronti dei propri connazionali, spingendo magari gli stessi campioni ad alzare la voce su quei temi durante le manifestazioni a cui partecipano. E soprattutto a cancellare quell’ipocrisia che spinge a puntare il dito con l’Arabia Saudita e non contro la Cina dove si svolgono regolarmente una serie di tornei, fra i quali il Masters 1000 di Shanghai.
Ruud rimane però convinto che l’aria possa cambiare soprattutto in riva all’Oceano Indiano dove la continua nascita di competizioni ad alto livello sia un sintomo di innovazione sul fronte dei diritti umani. “Ovviamente hanno un sacco di soldi e so che quello che sto per dire sarà probabilmente descritto come sportswashing, ma mi sembra che il loro nuovo leader Mohammed bin Salman voglia fare qualcosa e soprattutto un sacco di cose nello sport”. Vuole, forse, cambiare il paese e forse renderlo un po’ più occidentalizzato. Gli atleti che ci vanno potrebbero portare a un cambiamento, chi lo sa? – ha confessato Ruud -. So che potrei sembrare molto ingenuo dicendo questo, perché la gente dirà semplicemente che è uno sportswashing che copre ciò che sta realmente accadendo. Ma se non avessero mai iniziato da nessuna parte, non sono sicuro che ci sarebbe mai stato un cambiamento. Se vuoi iniziare con lo sport, penso che sia qualcosa che hanno fatto altri paesi mediorientali, sai, accogliere gli sportivi e la cultura occidentale nel loro paese, come Dubai e Abu Dhabi. Un po’ anche Doha in Qatar”.

A questo punto Ruud è convinto che il Six Kings Slam sia soltanto un’anteprima di quello che accadrà prossimamente nel circuito maschile e che potrebbe riportare il grande tennis in Arabia Saudita, magari chissà, un giorno con un quinto torneo del Grande Slam: “Vediamo. Sono sicuro che sarà sempre di più in futuro, e ci sono anche molte voci sul tour ATP se ci sarà un torneo extra in Arabia Saudita. Ho scelto di non andare così lontano, ma mi sembra che sia inevitabile, che in qualche modo saranno grandi nel tennis in futuro e hanno già le Next Gen Finals; quindi, vediamo cosa ci riserva il futuro”.