Eteri Tutberidze, la “strega cattiva” in cerca di bellezza ed emozioni |
  • Chi Siamo – Le nostre firme
  • Sport
    • Accadde Oggi
    • Atletica
    • Calcio
    • Ciclismo
    • Ginnastica
    • Golf
    • Motori
    • Nuoto
    • Pallacanestro
    • Pallavolo
    • Pugilato
    • Sci
    • Sport di contatto
    • Tennis
    • Vari
    • Politica Sportiva
  • TennisVintage
  • La testimonianza
  • Galleria
  • Sport per Tutti
Eteri Tutberidze, la “strega cattiva” in cerca di bellezza ed emozioni |
  • Chi Siamo – Le nostre firme
  • Sport
    • Accadde Oggi
    • Atletica
    • Calcio
    • Ciclismo
    • Ginnastica
    • Golf
    • Motori
    • Nuoto
    • Pallacanestro
    • Pallavolo
    • Pugilato
    • Sci
    • Sport di contatto
    • Tennis
    • Vari
    • Politica Sportiva
  • TennisVintage
  • La testimonianza
  • Galleria
  • Sport per Tutti
Sport

Eteri Tutberidze, la “strega cattiva” in cerca di bellezza ed emozioni

Da Gennaro Bozza 01/05/2025

L’allenatrice delle russe che hanno sconvolto il pattinaggio mondiale, accusata di insensibilità e di creare bambine-robot capaci solo di salti impossibili, ci concede un’intervista esclusiva e ribatte: “Voglio che le mie ragazze aprano il cuore degli spettatori” 

Per il mondo del pattinaggio artistico su ghiaccio, al di fuori della Russia, lei appare come la “strega malefica” delle favole, dura e cattiva con le sue allieve pur di arrivare alla vittoria, una allenatrice senza cuore che non ha pietà nemmeno per le lacrime della piccola Kamila Valieva dopo la prova nel Libero all’Olimpiade di Pechino 2022. Ma è davvero questa la rappresentazione giusta di Eteri Georgievna Tutberidze, 51 anni, il personaggio più “ingombrante” degli ultimi dieci anni almeno in questo sport? E lì a testimoniarlo c’è una serie incredibile di campionesse, a cominciare da Lipnitskaya per arrivare a Medvedeva, Zagitova, Kostornaya, Trusova, Shscherbakova e Valieva, che hanno letteralmente sconvolto il pattinaggio su ghiaccio femminile, e poi ancora a nuovi talenti come Akateva e infine Petrosyan.

La sua ritrosia nel concedere interviste, soprattutto negli ultimi due anni, ha contribuito parecchio all’immagine di una allenatrice chiusa e scostante. Perciò, può apparire come una sorpresa, ma per Sportsenators ha abbandonato per un momento questo silenzio e ci ha concesso un’intervista esclusiva durante i recenti Mondiali di Boston, dov’era presente come coach, in particolare del georgiano Nika Egadze. La questione più importante, naturalmente, è quella del ritorno dei russi alle gare, a cominciare dalle qualificazioni olimpiche a settembre, a Pechino, e poi a Milano 2026, ma c’è spazio per

altri argomenti, come il grande rimpianto per Kamila Valieva, ormai perduta per il pattinaggio agonistico, l’evoluzione del settore femminile, l’importanza dei salti e della componente artistica, e anche qualcosa di più riservato, come una per lei triste Olimpiade 2018, e altro ancora che potrebbe riservare qualche grande colpo di scena in vista di Milano 2026.
Si comincia con il ritorno dei russi alle gare per le qualificazioni olimpiche, argomento che pure rischia di provocare polemiche, visto che la partecipazione della Russia è stata ammessa al Torneo di qualificazione di Pechino, dal 17 al 21 settembre, ma non ai Mondiali di Boston, che pure valevano come gara che assegnava posti per Milano.

E qui l’atteggiamento di Tutberidze rappresenta un po’ quello della Federazione russa, anche se lei non era a Boston come sua allenatrice ufficiale, visto che era in panchina per la Georgia. Ed è un atteggiamento di rassegnazione, di chi vuole evitare polemiche nel timore che la strada riaperta dal Comitato olimpico internazionale possa essere di nuovo chiusa a causa di qualche dichiarazione poco diplomatica.

I Mondiali di qualificazione vietati alla Russia e poi l’ammissione all’ultima gara qualificante, a Pechino, appaiono come un gran pasticcio, un compromesso fra Cio e Isu, la Federazione internazionale del ghiaccio. Come l’avete presa in Russia e come vi state preparando per Pechino?

“Sto provando a non pensare così lontano perché tutto è cambiato e sta cambiando, specialmente in quest’ultimo periodo – dice Eteri Tutberidze -. Le nostre stesse vite stanno cambiando. Dobbiamo allenarci, ma senza poter partecipare alle gare internazionali e l’unica cosa che abbiamo potuto fare e possiamo fare è essere pazienti. Possiamo solo sperare che questo periodo finirà e torneremo alle nostre vite normali. Abbiamo solo bisogno di aspettare, e io sono pronta ad aspettare”.
E’ anche vero, però, che se l’Isu ha impedito ai russi la partecipazione alle gare dopo l’inizio della guerra in Ucraina molte altre Federazioni mondiali, a cominciare da quella del tennis, ammettono i russi, sia pure senza bandiera.
“Come ho detto, io prendo quello che viene perché so che non posso fare niente per cambiare la situazione. Queste sono le regole? Va bene. Se qualcuno domani ci dice che potremo competere a cominciare da quella gara, ok, e se ci diranno che dobbiamo aspettare ancora un altro anno, noi lo faremo.
Io non discuto queste regole, quali che siano noi le rispettiamo”.

Accettarle non significa condividerle. Sta usando la diplomazia per evitare equivoci?
“No, non è quello il motivo. Non vedo la ragione di contestare visto che non posso farci niente. Dire che tutto questo non è giusto non cambia niente. E se dico che tutto questo non mi piace, niente cambia ugualmente. E allora, seguiamo queste regole e basta”.

Quando tornerete in gara, si aspetta che dominerete di nuovo, soprattutto fra le Donne?
“Sono convinta che quanto torneremo in pista sarà una bella gara. Non possiamo dire se saremo più forti di prima o no, lo sapremo solo dopo”.

Per la verità, oltre ai punteggi, le russe hanno mostrato programmi inarrivabili per tutte le altre. Quindi, che siate più forti, sembra già un punto fermo, a cominciare da Adeliia Petrosyan, che appare già come la grande favorita per Milano.
“Dico soltanto che Petrosyan ha bisogno di stare calma, non le dobbiamo mettere pressione”.

Diciamo pure che questa “riservatezza” sulla sua nuova fenomenale allieva, Petrosyan, ha il sapore del bluff, ma lo si può concedere, se si considera che, con un solo rappresentante russo per gara ammesso ai Giochi, il timore di episodi negativi vari, fisici o mentali, in assenza di un secondo e un terzo atleta in grado di garantire ugualmente il successo, diventa un motivo forte di tensione. Quindi, si capisce bene questo mettere le mani avanti.

Ma oltre al futuro c’è da guardare al passato, perché le ferite non sono rimarginate e in qualche caso non lo saranno mai, come per Kamila Valieva. Squalificata quattro anni per doping, in un caso molto controverso, senza che il fatto di non avere ancora 16 anni e quindi di non essere punibile, come “persona protetta” in base alle regole in vigore, non è stato tenuto in considerazione da Wada e Tas (qui l’articolo in cui spiego gli errori nella sentenza del Tas), Valieva ha continuato a pattinare per un po’, con la prospettiva di riprendere a gareggiare a dicembre 2025, al termine della squalifica, ma non ce l’ha fatta, il fisico si è appesantito troppo e adesso va in pista solo per qualche esibizione.
Ogni discorso su lei è un lungo rosario di rimpianti.

“Lei è un grande dolore per tutti noi, un dolore che rimarrà nei nostri cuori per tanto tempo – dice Tutberidze -. Lei era un grandissimo talento, la ragazza con più talento che io abbia mai visto nella mia carriera di allenatrice. Era così brava che col suo modo di pattinare era capace di colpire il cuore, di aprire l’anima di tutti, che è la cosa più importante. E non sto parlando dei salti, delle figure artistiche. E’ quello che lei esprimeva sul ghiaccio e quando la vedevo ero così colpita nel profondo che ancora oggi mi viene da piangere”.
Le sue qualità migliori?
“Bravissima in tutto: triplo Axel, salti quadrupli, tecnica, rotazioni, trottole, capacità di scivolare sul ghiaccio, la piena complessità”.
La sua squalifica, nonostante fosse persona protetta sotto i 16 anni ha provocato le vostre proteste. Ripensando a quello che è successo, c’è qualcosa che ancora vuol dire?
“Ci sono mille domande su questo argomento, ma anche qui, come ho fatto notare prima, che senso ha fare domande se non possiamo farci più niente? Lei aveva 15 anni, ma quando ha partecipato all’Olimpiade è stata considerata come un’adulta e quindi ha dovuto gareggiare con le regole degli adulti. Quando succede qualcosa e invochi il fatto di essere ancora una ragazza, ti dicono che sei adulta e non puoi fare niente”.
A Pechino, l’immagine che ha colpito più di tutte è quella di Valieva in lacrime nel “kiss and cry” dopo il programma Libero, con Lei che, invece di consolarla, la rimprovera perché in gara non ha reagito alle difficoltà, anche considerando ciò che stava provando in quei giorni, fra le accuse di doping e l’enorme pressione mentale. In quel momento Leo è apparsa come una persona insensibile. E’ sempre convinta che quello fosse l’atteggiamento giusto?
“Quello che veramente le ho detto ha tutt’altro significato. Ho ricordato a Kamila che ci sono ragazze come lei che lavorano duramente per tanti anni anche solo per partecipare alle Olimpiadi, senza alcuna speranza di una medaglia, soltanto di stare lì nella gara più importante dello sport, si battono per l’onore e rendono onore allo spirito olimpico. Lei, che ha vinto tante gare, che ha avuto tante soddisfazioni da questo sport, al contrario di chi non ha mai vinto, non può mollare davanti alle avversità. Anche nel momento più difficile per lei, doveva reagire. Questo volevo dire, non certo infierire su una ragazza addolorata”.
Per ricordare Kamila Valieva nel modo giusto è meglio tornare al momento più bello, artisticamente e tecnicamente, della sua carriera, la sua interpretazione del Bolero di Ravel, musica che pure ha sempre avuto illustri pattinatori e pattinatrici a esaltarla, ma che con lei diventa davvero qualcosa di unico in assoluto. E questo a dispetto del fatto che, per l’età e il fisico da adolescente, non si potesse immaginare che avrebbe potuto veramente rappresentare l’anima della protagonista di quel balletto. La versione originale, nel 1928, fu composta infatti per una danzatrice, Ida Rubinstejn, che l’aveva espressamente chiesta a Maurice Ravel, e non per un uomo, come invece il Bolero viene ricordato in generale per l’interpretazione di Jorge Donn nel film di Claude Lelouch, “Bolero” del 1981, su coreografia di Maurice Bejart.

Eteri Tutberidze rivela perché la scelta di quella musica cadde su Valieva, a dispetto delle indicazioni contrarie. “Io ero in cerca di una ragazza che potesse interpretare il Bolero, volevo che fosse in quel momento e non volevo aspettare altri quattro anni per trovarla. Kamila all’inizio non era completamente adatta per quel ruolo perché era troppo morbida, ma poco alla volta entrò nel personaggio e alla fine, anche se non era al cento per cento di quello che io immaginavo, ci era davvero molto, molto vicina. Che fosse troppo giovane non importava. Il punto vero non è la corporatura fisica, ma quello che riesci a esprimere, il gesto. Magari puoi essere una pattinatrice adulta, col fisico adatto, ma dentro di te essere rimasta una ragazzina non ancora matura. E invece puoi essere una ragazza, col fisico da ragazza, e avere un’anima adulta e riuscire così a esprimere con i movimenti l’essenza della musica. E Kamila è così. Si muove e ci racconta la storia del Bolero”.
Ancor più di rilievo è il fatto che la storia del Bolero presuppone movimenti sensuali, perché è quella di una donna che danza in una taverna a un ritmo sempre più incessante, circondata da uomini che, attratti da lei, si avvicinano sempre di più, finché il ritmo della musica e il battito del cuore della danzatrice all’unisono diventano così intensi che lei crolla e muore. Ma è possibile interpretarlo senza movimenti sensuali, ma solo evocandoli? Valieva lo ha fatto e Tutberidze la esalta: “E’ stata perfetta. Ed è stata ‘pulita’ nei gesti, nei movimenti, un capolavoro”.
Ci potrà essere un’altra come lei?
“Se ci aspettiamo qualcuna come Valieva – mette in chiaro Tutberidze -, non ci sarà mai più. Lei è unica. Io farò del mio meglio per trovare una ragazza che sia capace di aprire i cuori degli spettatori, ma so già che non potrà mai essere come lei”.
E nel momento in cui Tutberidze parla di “aprire i cuori degli spettatori” viene fuori un altro argomento che, nel pattinaggio moderno, è apparso controverso, soprattutto fra le donne: i salti, i quadrupli, quelli che, in numero eccessivo, potrebbero far abbassare il valore artistico di questo sport. Eteri Tutberidze, in controcorrente con chi pensa che lei trasformi in robot saltatrici le sue ragazze, esprime una convinzione del tutto diversa.
“Non è questione solo di salti – fa notare -, non è vero che pensiamo solo ai salti, non possiamo limitarci a questo. Bisogna tirare fuori qualcosa che faccia emozionare gli spettatori e i giudici. Per esempio, come accadde con Julia Lipnitskaya nel 2014 con la musica di ‘Schindler’s list’ e il significato di quella storia. Noi cerchiamo di trovare il meglio che ogni ragazza è capace di fare e di tirarlo fuori. Ognuna ha qualcosa di bello e profondo dentro di sé e deve cercare di farlo venire alla luce. E’ così che si crea un’emozione, si crea bellezza”.
E infatti, per una Trusova che si caratterizza soprattutto per i salti quadrupli, fra le allieve di Tutberidze, oltre alla Valieva, tutte le altre hanno come caratteristica principale una grande eleganza, sempre in consonanza con i salti e in armonia con la musica, come la già ricordata Lipnitskaya e poi Medvedeva, Zagitova, Shscherbakova, Kostornaja e infine le attuali Petrosyan e Akateva.
Tutberidze, però, viene sempre identificata come “la cattiva”, facendo riferimento ai suoi metodi di allenamento e alla freddezza che mostra quando la si vede nelle gare. Qualcosa viene comunque fuori quando l’intervista è conclusa e, a registratore spento, alcuni ricordi poco felici rendono più umana l’allenatrice russa.

“Le ultime due Olimpiadi, nel 2018 e 2022, non sono state belle per me – fa notare Tutberidze -. A Pechino c’è stata la storia delle accuse di doping a Valieva e delle polemiche per la mia insensibilità. A Pyeongchang, nel 2018, fui accusata di favorire una a discapito dell’altra fra Zagitova e Medvedeva. E io ero costretta ad affrontare quelle polemiche e sorridere quando non ne avevo voglia. Proprio in quei giorni, mia madre stava molto male e io non potevo far niente, soffrivo dentro di me e dovevo pensare alle gare”. La mamma, Eteri Petrovna, ingegnere che aveva spinto la figlia a praticare il pattinaggio da piccola, era stata colpita da un male che l’avrebbe portata alla morte nove mesi più tardi, l’8 novembre.

In tutti quei nove mesi, dal sorgere della malattia fino alla fine, Eteri Tutberidze e la sua famiglia hanno tenuto nascosto il loro dramma. Solo nel giorno in cui mamma Petrovna è morta la Russia e il mondo hanno saputo, grazie a un messaggio della figlia di Eteri, Diana Sergeevna Devis, che così ha ricordato la nonna su instagram: “La mia amata e unica nonna è partita oggi. Nove mesi e nove giorni di lotta per ogni giorno della sua vita, con la speranza di potercela fare. Nonna, ti amo molto, mi hai dato tanto. Per sempre nel mio cuore”. E nel ricordare sua madre anche la corazza della “dura” Eteri si incrina.

Poi è di nuovo tempo di ghiaccio e di pattini, l’obbiettivo di Milano 2026, dove Tutberidze ci sarà quantomeno come allenatrice del georgiano Egadze, in attesa dei russi che riusciranno a qualificarsi a settembre nella gara a Pechino. Ma una mezza parola, fuori intervista, suona come il trillo del diavolo nella mente, qualcosa che, per correttezza, non si può ancora riferire. Un altro colpo di scena? Beh, con un personaggio come Eteri Tutberidze, non sarebbe una sorpresa.

(foto tratta dall’Agi)

Tags: Eteri Tutberidze, la “strega cattiva” in cerca di bellezza ed emozioni

Condivisione...

Articolo precedente
Fiocchi di Ghiaccio – La scelta di Lara, le perplessità russe del CIO e le novità dal trampolino di Predazzo
Articolo successivo
WorldSBK al Cremona Circuit. Canevarolo: “Come vedete qui le derivate, non le vedete da nessun’altra parte”

Nota sull’autore: Gennaro Bozza

Post correlati

  • Fiocchi di Ghiaccio – Nayeli Mariotti Cavagnet e lo storico trionfo dell’Italia alle Olimpiadi Giovanili
  • Le esperienze nello sport sono “una scuola di vita”
  • Neanche il quadruplo Axel salva i Mondiali senza stelle
  • Pietro Sighel, una vita sulle lame fra short track e pieghe da MotoGp
  • Fiocchi di Ghiaccio: “Per l’Olimpiade ho cambiato maglia, nazione, tutto…”
  • Osservatorio: lo sport italiano e la TV di Stato

Ultimi articoli

  • WorldSBK, intervista a Danilo Petrucci: “A questa età guida la testa, non il fisico”
  • Fiocchi di Ghiaccio – Trondheim in default, la Tournée dei Quattro Trampolini femminile, gli esordi all’Isu Grand Prix
  • Caos tennistavolo mondiale: elezioni da film comico!
  • Sinner, fuga da Alcaraz
  • Povera Inter: il PSG l’ha trattata come una squadra di serie B e D francesi…
  • Sinner ad un passo dal cielo, si arrende al quinto ad Alcaraz dopo una battaglia epica

Sport Senators

Le grandi firme di 45 Olimpiadi, 8 mondiali di calcio, 86 tornei del Grande Slam, 13 Tour de France, 43 giri d’Italia, 20 GP di Formula 1, 31 Mondiali di Atletica leggera, 100 campionati Mondiali ed Europei di nuoto, ginnastica, scherma, judo, e tanti altri sport.

Accounts Social

  • Facebook
  • Twitter

Newsletter

Vuoi ricevere la nostra newsletter?
Iscriviti!

Cerca

Sport Senators © 2018 - All Rights Reserved | Testata registrata al Tribunale di Milano. Registrazione n.168 del 30.05.2018. Direttore responsabile Vincenzo Martucci

  • Home
  • Chi Siamo – Le nostre firme
  • Sport
  • Accadde Oggi
  • Galleria
  • Sport per Tutti
  • TennisVintage
  • Privacy policy

Continuando la navigazione, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi