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Ciclismo

Il Bala, l’Imbatido, il matador di Las Lumbreras marcia sulla Vuelta e sui Mondiali. Ma, c’è un ma…

Da Marco Pastonesi 04/09/2018

A 38 anni e 4 mesi, Alejandro Valverde, il “golden boy” della Vuelta, anzi, del ciclismo, firma il tredicesimo successo del 2018. Vince più di dieci anni fa quando fu squalificato per doping!

La prima vittoria nella seconda tappa, la Marbella-Caminito del Rey, di 163,5 km: caldo, saliscendi, arrivo in salita, scatto ai 500 metri, nuovo scatto all’ultima curva, e nessuno, neppure il campione del mondo nel 2014, il polacco Michal Kwiatkowski, poi secondo, è riuscito a batterlo. La seconda vittoria nell’ottava tappa, la Linares-Almadén, di 195,1 km: il “treno” della sua Movistar lo ha portato in testa all’ultimo chilometro, qui è stato costretto a frenare due volte, stretto contro le transenne, ma il suo recupero è stato prodigioso e la sua volata irresistibile anche per il tre volte (consecutive: dal 2015 al 2017) campione del mondo, lo slovacco Peter Sagan. Per Alejandro Valverde si tratta rispettivamente della dodicesima e della tredicesima vittoria nel 2018. E non è finita: il suo record potrebbe incrementarsi nelle prossime due settimane della Vuelta dove, intanto, indossa la maglia verde di primo nella classifica a punti.
   Il “Bala”, l’”Imbatido”, il “matador” di Las Lumbreras è il “golden boy” della Vuelta, anzi, del ciclismo: resistente e potente, esplosivo e vincente. Nessuno nella storia della Movistar ha collezionato tante vittorie: 98 (delle sue 121). E a un mese dal Mondiale, che si disputerà a Innsbruck, in Austria, si pone come il favorito numero 1. Un percorso durissimo, spaccagambe, da scalatori, con una salita di 8 km da ripetere sette volte e un dislivello complessivo – da tappone dolomitico – di oltre 5 mila metri.
   Ma – c’è un ma – Valverde ha 38 anni e quattro mesi: un’età in cui la stragrande maggioranza dei corridori ha perduto le doti fisiche per stare, e soprattutto anticipare il gruppo, e si è rassegnata a guardare (al massimo a commentare) le classiche e i grandi giri alla tv. E’ vero che la storia del ciclismo ha archiviato casi di straordinaria longevità atletica: Giovanni Gerbi, il Diavolo Rosso, corse il Giro d’Italia del 1933, e aveva 48 anni, però lo fece per vincere non la classifica finale, e neanche una tappa, ma solo una scommessa (e comunque si ritirò); Costante Girardengo, il primo Campionissimo nell’epopea a pedali, abbandonò la carriera agonistica nel 1936, a 43 anni; e quando lo statunitense Chris Horner si aggiudicò due tappe e la generale della Vuelta nel 2013 davanti a Vincenzo Nibali, aveva quasi 42 anni, poi però, come se si fosse spezzato l’incantesimo, scomparve prima dagli ordini di arrivo, poi anche da quelli di partenza. E’ anche vero che oggi nel gruppo dei migliori, anche alla Vuelta, ci sono più o meno quarantenni – da Franco Pellizotti, 40 anni e quasi otto mesi, a Daniele Bennati, che sta per compierne 38 -, ma si sono ritagliati ruoli da compagni e assistenti, insomma, da vecchi e fedeli gregari di una volta. Per amore di precisione, Kwiatkowski e Sagan hanno 28 anni, 10 meno di Valverde.
    I più maligni, o realisti, o puristi, sostengono – ed è così – che Valverde, oggi, vince più di quando era giovane e fu squalificato per doping. Era il 2006 quando scoppiò il caso Operacion Puerto. Valverde, con il nome di “Piti”, quello del suo cane, era inserito in una lista di Eufemiano Fuentes, ginecologo al centro dello scandalo, in cui erano coinvolti 58 corridori, fra cui Ivan Basso e Michele Scarponi. Difeso dalla Federazione spagnola, Valverde continuò a correre, poi venne sospeso nel 2010 e 2011, con la cancellazione dei risultati ottenuti in questo periodo (fra cui la classifica generale al Giro del Mediterraneo, due tappe al Giro dei Paesi Baschi, una tappa e la generale al Giro di Romandia). I più buonisti, o ingenui, o complici, dicono che Valverde non è mai risultato positivo a un controllo antidoping, e finché non c’è una prova del suo ricorso a sostanze illecite e proibite, non lo si può accusare, e neanche sospettare, semmai solo ammirare ed elogiare.
    Al termine della tappa di Almadén, lo stesso “Imbatido” ha ammesso di “essermi veramente sorpreso di questa vittoria”, e ha aggiunto “per essere onesto”. Fino a prova contraria, l’onestà di Valverde non può essere contestata. Ma se andasse soltanto “a pane e acqua”, ci troveremmo davanti a uno spettacolare fenomeno non solo di classe, talento, tecnica, preparazione e allenamento, ma anche di lunga vita sportiva al più alto livello. E non resterebbe che augurarsi, non tanto per lui ma per il futuro dell’intera umanità, addirittura il suo trionfo mondiale.
Marco Pastonesi
Tags: valverde, vittoria, vuelta

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Nota sull’autore: Marco Pastonesi

Genovese, ha seguito 15 Giri d'Italia, 10 Tour de France, 4 Coppe del mondo e 18 Sei Nazioni di rugby. Ha scritto, fra l’altro: Pantani era un dio, L'Uragano nero, Gli angeli di Coppi e I diavoli di Bartali, Ovalia - il dizionario erotico del rugby.

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