La Milano-Sanremo è la competizione che tutti i velocisti vorrebbero conquistare almeno una volta nella vita. Per farlo è necessario superare quasi 300 chilometri di corsa, strappi tosti come Poggio e Cipressa, ma soprattutto superare la concorrenza di scalatori e finisseur. Se si eccettuano grimpeur puri come Nairo Quintana o Egan Bernal, la Classica di Primavera dopotutto è per chiunque.
Talmente aperta che questa corsa può diventare per qualcuno un’ossessione, chiedere a Mario Cipollini che, prima del 2002, era convinto che la Sanremo sarebbe potuta diventare il più grande rimpianto della carriera. Cosa fare a quel punto? Allenarsi costantemente e provarci fino in fondo perché, se sei come il “Re Leone”, la potenza non ti manca e l’unico tassello che ti separa dal successo è la fortuna.
A fronte di questa disamina perché non provare a vincere la “Corsa dei Fiori” già a ventitré anni? Chiedere a Jonathan Milan che, facendo una rapida analisi del nostro ciclismo, appare il corridore più adatto a riportarci alla vittoria a sei anni dall’exploit di Vincenzo Nibali. Dotato di un fisico da corazziere (194 centimetri per 84 chilogrammi di pura potenza), il friulano della Lidl-Trek è ciò che ricorda maggiormente Cipollini.
E non serve scomodare la “cabala” per accorgersi come il campione olimpico di Tokyo 2020 stia seguendo le orme del più grande velocista italiano di tutti i tempi. La potenza sfoderata sui pedali e la fame di vittoria ricordano tremendamente il fuoriclasse toscano, capace di dominare la scena per oltre un decennio a cavallo fra gli Anni ’90. Caratteristiche che si uniscono alla determinazione di spingere sui pedali come un forsennato anche quando la posizione in vista dello sprint non è perfetta e, come un folle, è necessario infilarsi in un corridoio largo pochi centimetri.
Questa “spavalderia agonistica” ha consentito a Milan di trasportare il talento sfoderato in pista nelle prove a squadre partendo dalle gare di secondo piano ed esplodendo a tutti gli effetti al Giro d’Italia 2023, a soli ventidue anni, come Re Leone che nel lontano 1989 vinceva a Mira la prima frazione alla Corsa Rosa nel giorno della terribile caduta di Urs Freuler. Ora come allora le volate sono spesso “caotiche”, con gli atleti che nel finale devono spesso “arrangiarsi” ampliando così la rosa dei competitor.
Proprio in queste condizioni Cipollini si è fatto le ossa diventando il dominatore delle frazioni di pianura, ma sfruttando al tempo stesso il grande lavoro svolto nelle categorie giovanili all’interno del quartetto della 100 chilometri guidato da Giosuè Zenoni. Fatte le dovute proporzioni, un percorso simile è quello compiuto da Milan nell’inseguimento a squadre consentendo a entrambe di affinare prima le doti di passista e poi quelle di velocista. Perché soltanto un grande fondo può consentire di sprintare dopo oltre duecento chilometri al vento.
E da qui emerge l’attitudine di Milan alle cronometro, come dimostrato alla Tirreno-Adriatico nella frazione inaugurale di Lido di Camaiore, così come quella di resistere anche sulle salite più brevi che gli hanno consentito di aggiudicarsi due frazioni alla “Corsa dei Due Mari” dove le veloci ascese appenniniche la fanno da padrona. Queste capacità potrebbero presto consentire all’atleta della Lidl-Trek di farsi valere anche nelle Classiche del Nord, là dove Cipollini preparava i Grandi Giri vincendo più volte la Gand-Wevelgem, ma soprattutto sfiorando il titolo anche al Fiandre.
Mettendo assieme tutti i pezzi del puzzle, a questo punto non resta altro che vedere Jonathan Milan all’opera nella Classica più ambita da tutti pensando banalmente anche alle Olimpiadi Estive di Parigi 2024 dove, prima dell’inseguimento a squadre, ci sarà una prova in linea adattissima al nativo di Tolmezzo, il nuovo “profeta” del ciclismo italiano.