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Motori

“Senna era talmente straordinario che l’hanno amato anche i tifosi Ferrari”

Da Vincenzo Martucci 03/05/2018

Carlo Canzano: “Grandissimo pilota, fenomenale sul bagnato, era anche duro, ma trasmetteva un carisma che conquistava tutti”

L’1 maggio 1994 moriva Ayrton Senna, un campione immortale, che la vita s’è portata via, giovane, bravo e bello. Come James Dean, Elvis Presley e Michael Jackson. 
Carlo Canzano, è questo il primo motivo per cui la gente lo ama e lo ricorda sempre con estremo affetto? 
“Senna era straordinario come pilota e poi perché aveva una personalità, un carattere, un carisma particolari, che trasmetteva al pubblico. Era molto intimista e un po’ contorto, e questo affascinava. Così come la sua durezza, in corsa. Perciò, di fatto, è un mito vivente, un uomo-guida, unico, indimenticabile, come pochissimi, nella storia dello sport. Come lui, mi viene in mente soltanto Muhammad Ali”.
E’ stato amato come Gilles Villeneuve, che però correva per la Ferrari.
“E questo lo fa ancora più grande perché il mito trascende il tifo. Non era nemmeno simpatico in modo particolare, eppure era amatissimo, perché l’impatto emotivo che suscitava era superiore al valore del pilota, che pure era immenso. Perché Senna era il numero 1. E, come tutti i numeri 1, fu anche il primo ad intravedere il possibile cambio a vertice, appena apparve Michael Schumacher. Infatti, ad Hockenheim, Ayrton andò al box del tedesco a cazziare l’irriverente debuttante – al primo anno intero in F1 -, che già aveva redarguito pubblicamente al GP di Francia”.
Il rapporto di Senna coi ferraristi è stato davvero particolare.
“Ayrton era il frutto del desiderio, e poi, soltanto poi, si è saputo che forse avrebbe potuto anche chiudere la carriera proprio con la Rossa. Ma intanto si faceva apprezzare come il pilota migliore, con atteggiamenti diversi dal gruppo, di cui la gente si accorgeva. Del resto – a parte la Ferrari e il tifo deleterio che a volte l’accompagna -, la passione di chi ama la Formula 1 e i motori in particolare va oltre la marca, la scuderia, la nazionalità”.
Quali erano le qualità di Senna come pilota?
“Intanto una straordinaria sensibilità, per cui trasmetteva indicazioni importantissime ai meccanici per prepara al meglio l’auto. Eppoi era bravissimo sul bagnato. Facendo un paragone con le moto, era come Marquez oggi nelle motoGP, era capace di andare un secondo più veloce degli altri. Ricordo nel ’93, a Donington, in Inghilterra, quando superò Prost all’esterno e vinse. E nel ’94 nel Grand Prix di Montecarlo quando sfiorò la prima posizione sempre al grande rivale, Prost, proprio sfruttando le sue capacità sul bagnato. Non riuscì a sorpassarlo solo perché la gara fu sospesa per le condizioni meteo. Si accontentò di un secondo posto che passò comunque alla storia”.
La sua tragica fine ha migliorato drasticamente e definitivamente la sicurezza dei piloti di Formula 1.
“Io c’ero a Imola, per seguire la corsa da inviato, e ricordo benissimo quanto fosse turbato Senna per la morte in pista, 24 ore prima, di Roland Ratzenberger. Anche perché il suo amico e connazionale, Rubens Barrichello, aveva fatto a sua volta un volo pazzesco dal quale era uscito miracolosamente indenne. Le auto fatte in quel modo erano pericolose, Ayrton lo sapeva e lo diceva. Lui fu purtroppo il secondo morto in due giorni, qualcosa che non è più successo. Già due settimane dopo, si è corsi ai ripari, il boss della Formula 1, Max Mosley, impose modifiche alle quali si sono uniformate tutte le monoposto, e si è entrati in una spirale virtuosa. Anche se l’imponderabile – vedi poi la morte del povero Bianchi – è sempre dietro l’angolo”.
Com’era Senna coi giornalisti: disponibile, affascinante, generoso?
“Sinceramente, non era proprio il massimo. Era duro, non era felice di doversi assoggettare alle domande, ma lo faceva, e rispondeva sul serio, non si nascondeva, non barava. Qualche volta, ascoltandolo, mi è venuto di paragonarlo all’avvocata Gianni Agnelli o al Peter Sellers nel film Oltre il Giardino: Senna diceva cose sostanzialmente ovvie, ma era lui a dirle e perciò avevano un significato ed un peso particolare”.
Come mai è ancora tanto amato in Italia, forse per le discendenze napoletane?
“Da brasiliano, era un po’ latino, più vicino alla nostra mentalità. Si è fatto amare anche dai ferraristi, eppure nel’90 a Suzuka buttò fuori volontariamente Prost e si auto-eliminò, sapendo che così facendo avrebbe vinto il mondiale. La sua relazione col pubblico è ben diversa da quella che ha per esempio Hamilton che vince tanto, ma rimane il rivale della Ferrari. Senna era quello che, dopo le battaglie in posta con Prost, quando il francese ha smesso e ha fatto il “talent” alla tv francese, mentre guidava la sua F1 gli disse: “Mi manchi”. Sconcertandolo. La sua salma, quando rientrò in patria, non viaggiò nella stiva ma in cabina, scortato dai giornalisti brasiliani. E anche in questo fu straordinario”.
 VINCENZO MARTUCCI
Tags: canzano, morte, senna, vincenzo martucci

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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