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Tennis

Rublev in bianco e nero: Safin, Metallica, Tyson e …Curry !

Da Vincenzo Martucci 07/11/2018

Andrey, bocciato in finale a Milano al trofeo Bonfiglio e l’anno scorso nella prima edizione della gara fra i migliori under 21 del mondo si racconta.

Andrey Rublev non è di tante parole. Per capire, capisce eccome, perché è russo, ma gira per il mondo da tanto, e vince da sempre, da campione del Roland Garros under 18…
Abbiamo quindi tentato con le risposte secche, bianco o nero, a tirargli fuori almeno qualche sorriso.
Carne o pesce?
“Carne tutta la vita, non c’è dubbio”.
Mari o monti?
“Monti, sempre”.
Mosca o New York?
“Mosca, figurati”.
Vino o birra?
“Ehi, io non bevo. Dico Coca Cola”.
Qualità/difetto?
“Andiamo avanti, non capisco la domanda”.
Dritto o rovescio?
“Dritto”.
Terra rossa o cemento?
“No, non scelgo, mi piacciono tutti i campi, mi piace il tennis”. Però, però, lo Slam da junior, l’ha conquistata al Roland Garros 2014 – battendo in finale lo spagnolo Munar che ora incrocia nelle seconde Next Gen Finals alla Fiera di Rho -, e il primo titolo Atp pure, l’ha firmato sul “rosso”, l’anno scorso, ad Umago.
Wimbledon o Us Open?
“No, dai, tutti e quattro gli Slam, anche Australian e French Open, non faccio dispiacere nessuno, non me la sento”.
McEnroe o Borg?
“Ho amato tutti e due, ci ho parlato pure, e con John ci ho palleggiato a Wimbledon quando avevo solo 16 anni. Che emozione palleggiare con una leggenda”.
Federer o Nadal?
“Non scelgo, non posso”. Però da ragazzino tentava di imitare Rafa e si è allenato alla sua Accademia di Maiorca.
Il collega e connazionale Khachanov o il collega e connazionale Medvedev?
“Dai, come faccio? Però con Karen mi alleno a Barcellona, alla scuola di Galo Blanco e  Fernando Vicente.
Blanco o Vicente?
“Vuoi mettermi nei guai?”. Perà, lo allena Vicente che, da giocatore, era “fumantino” come lui.   
Mamma o papà?
“Allora insisti! Chi può rispondere a questa domanda?. Chiedere ad Edipo. Eppoi, Andrey ha avuto come primo allenatore mamma Marina Marenko (che ha guidato Anna Kournikova, Irina Kromacheva e Daria Gavrilova) e si è accompagnato nei tornei a papà Andrey, ex pugile professionista ora ristoratore di successo.
Boxe o basket?
“Boxe”. Del resto, proprio con la boxe, allena spesso con papà resistenza e movimenti di piedi e braccia. E ha una passione particolare per Mike Tyson. 
Curry o Le Bron?
“Curry”. Golden State è la sua squadra del cuore. 
Film o videogame? “Film”.
Metallica, ACDC e Nautilus Pompilius? “E perché non tutti e tre? Io mi sveglio con quella musica nelle orecchie”.
Ferrari o Lamborghini?
“E perché dovrei scegliere?”.
Oggi o domani?
“Ieri”, e ride finalmente divertito, con lo stesso sguardo furbetto che fa quando tira le sue sassate all’avversario e l’altro riesce a malapena a vederle fioccare.
Leggere o viaggiare?
“Viaggiare”.
Coaching in campo come alle Next Gen oppure no come negli Slam?
“No coaching, ho l’impressione che sia più che altro per il pubblico. Il coach non può neanche dire quello che pensa veramente perché altrimenti gli avversari sentono e si adeguano per la volta dopo. Coaching in campo sì, ma se può essere segreto”.
Safin o Kafelnikov?
“Safin, è stato il mio idolo, in camera avevo il suo poster, anche se molti dicono che nei colpi ricordo più Evgeny”. Del resto Marat è tanto più vicino come età rispetto all’altro principino russo del tennis che è salito al numero 1 del mondo.
Diavolo o angelo?
“Angelo! Sì, lo so sei sorpreso, è per questo che dico angelo”. Con quella faccia, quell’espressione molto intensa, a volte cattiva, da ferreo agonista…
Andrey Rublev il pittore o Andrey Rublev il tennista?
“Il pittore, lo conosco”.
E sorride sornione, con quel sorriso stirato, un po’ inquietante da personaggio non facile, sofferto. Fors’anche per via di un paio d’infortuni dovuti alla sua struttura longilinea, che l’hanno stoppato due volte nella ascesa: è un ragazzo di 1.88 per 70 chili scarsi, con forza veloce naturale ma troppi pochi muscoli, troverà il suo equilibrio anche mentale? Di sicuro, quest’anno, il neo 21enne di Mosca è tornato a Milano, da bocciato, dopo la finale 2017 contro Chung. Dopo aver perso quella del Bonfiglio 2014 (under 18) contro il connazionale Safiullin. Anche se allora, come adesso, come l’anno scorso, il talento su cui scommettere è lui. Aggressivo ed esplosivo. Anche troppo.
Tags: #Rublev #tennis #nextgenfinals, 2018, atp, intervista

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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