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Pallacanestro

Kobe da Oscar, ma il basket non è una favola: è una indagine… Fbi!

Da Luca Chiabotti 08/03/2018

Bryant vince la statuetta per il suo corto d'animazione "Dear Basketball" mentre l'agenzia federale indaga sulla corruzione nel mondo dei college, dove girano miliardi di dollari e solo i giocatori-studenti sono rimasti dilettanti allo stato purissimo

Bryant ha vinto l’Oscar. Quello vero. Lo ha ricevuto come produttore esecutivo del cortometraggio animato “Dear Basketball”, tratto dalla lettera aperta scritta dall’asso dei Lakers nel 2015, al momento del suo ritiro. Si è rivolto anche alla sua famiglia, a cui ha dedicato il premio, in italiano: “Vi amo con tutto il mio cuore” ha detto a moglie e figlie. Che in un momento così emozionante abbia scelto di parlare nella nostra lingua mostra quanto la sua esperienza da noi lo abbia segnato, per sempre. Siamo contenti. Ma il basket non è sempre una favola, neppure negli Stati Uniti. Mentre milioni di appassionati stanno scaldando i motori prima di buttarsi nella March Madness, la follia di marzo, quando per quattro settimane saranno le finali del basket universitario a monopolizzare l’attenzione e il tifo degli americani, l’Fbi, sì proprio quella dei film, sta indagando proprio sul mondo dei college, l’unico ad alto livello sportivo rimasto assolutamente dilettantistico. O, meglio, dove i giocatori-studenti sono dilettanti puri e non possono neppure parlare con dei procuratori, figuriamoci ricevere un paio di scarpe in dono, un viaggio a casa a Natale o una cena (non consideriamo neppure, ovviamente, soldi cash, regali costosi come automobili o contratti pubblicitari), senza infrangere le regole purissime della Ncaa, la National Collegiate Athletic Association. Che, invece, per i programmi sportivi dei suoi atenei sostenuti da studenti-atleti senza paga incasserà quest’anno da televisione e marketing 10.8 miliardi di dollari. Per una singola università, chiudere la stagione con la conquista delle Final four del basket può valere quasi 30 milioni. In più, tutti gli atenei di grido hanno contratti milionari con i grandi marchi di scarpe, abbigliamento e attrezzature sportive oltre che media locali, incassano al botteghino cifre notevoli e strapagano i migliori allenatori. Va da sé, che per una università riuscire a “reclutare” i giocatori più forti per costruire squadre competitive e vincenti, vale milioni di dollari l’anno. E, dove ci sono i soldi, c’è anche la corruzione.

 Non è questo l’ambito per discutere se sia “giusto” che nemmeno un dollaro di questa pioggia di denaro vada a chi produce lo spettacolo se non in forma di borse di studio (che possono valere fino a 70 mila dollari l’anno nelle università più prestigiose, mediamente la metà), considerando che un’alta percentuale soprattutto dei ragazzi afroamericani viene da famiglie indigenti: negli Stati Uniti ne parlano da almeno 20 anni. Ma, come sempre succede, è il mondo che va più veloce delle regole. Se da sempre le durissime norme delle università vengono infrante spesso con stratagemmi sempre più ingegnosi, oggi che le università e i giocatori Nba guadagnano come mai prima la situazione è fuori controllo. Ed è arrivata l’Fbi. Tutto ruota attorno a Christian Dawkins, un procuratore sportivo che risulta aver contattato e pagato 4 assistenti allenatori delle università di Auburn, Arizona, Oklahoma State e Southern California, arrestati a settembre, per indirizzare le scelte delle loro scuola su determinati giocatori. Dawkins ha creato una società propria ma lavorava, ed è ancora strettamente legato, ad un agente importante, Andy Miller (era il procuratore di Kevin Garnett, ora lo è di Porzingis e Lowry), dal cui studio sono usciti pagamenti irregolari per molti giocatori di college e dei licei. Sono più di venti le università implicate: se il plurititolato coach Rick Pitino è già stato costretto a dimettersi da Louisville pur proclamandosi assolutamente innocente (parliamo di violazioni che potrebbero far sorridere noi italiani per loro entità modestissima: un giocatore dei Cardinals, Brian Bowen, avrebbe ricevuto da Dawkins biglietti aerei per 1500 dollari più altri 7500 sono stati recapitati alla sua famiglia), oggi nel mirino c’è soprattutto il coach di Arizona, Sean Miller. E’ stata intercettata una sua telefonata con Dawkins nella quale il tecnico sosteneva di poter pagare fino a 100 mila dollari per avere la sicurezza che la stellina Deandre Ayton giocasse nella sua squadra. Molti rookie oggi nella Nba, tra i quali Markelle Fultz di Philadelphia e Kyle Kuzma dei Lakers, hanno ammesso di aver ricevuto soldi mentre erano al college. Insomma, tra benefits irregolari dati ai giocatori e alle loro famiglie e università comparse nel libro paga di Dawkins, o che presentano nelle loro squadre atleti che hanno avuto rapporti con lui, sono molte le grandi istituzioni che stanno tremando: Duke, North Carolina, Michigan State, Louisville, Kansas…
Mentre la Fbi continua ad indagare, accadranno un paio di cose, fondamentali. La prima è che la Ncaa discuterà, per la prima volta, un cambio delle regole. Di certo i giocatori-studenti non potranno ricevere soldi dalle loro scuole, ma siccome i più forti di loro restano solo un solo anno al college, passo obbligato prima di poter passare nella Nba, sarà probabilmente liberalizzata la possibilità di trattare con degli agenti o sottoscrivere contratti con sponsor. Anche per evitare che la Nba stessa tolga la regola del “one and done” andando a prendersi direttamente i giovani giocatori al liceo come accadeva ai tempi di Kobe Bryant e LeBron James. Si tratta di una rivoluzione per tutto il mondo della pallacanestro mondiale, per le conseguenze che potrà avere. Ma il partito dei duri e puri è ancora fortissimo e, pur anacronistico, è forse un bene che sia così. La seconda è che l’11 marzo si ripeterà il rito della compilazione del tabellone del torneo che assegnerà il titolo Ncaa 2018: le migliori 66 università d’America si affronteranno in partite ad eliminazione diretta per decidere la squadra campione. E la March Madness esploderà, come ogni marzo, da decenni, incurante del saccheggio dei giovanissimi più forti perpetrato dalla Nba, dal livello tecnico sempre meno straordinario e, stavolta, anche della corruzione e l’indagine dell’Fbi. Il basket è nato ed è diventato quello che è nelle università americane: lì, soldi o no, non morirà mai.
Luca Chiabotti
Tags: basket universitario, Kobe da Oscar, Luca Chiabotti, ma il basket non è una favola: è una indagine… Fbi!

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Nota sull’autore: Luca Chiabotti

(La Firma) Inviato a 6 Olimpiadi, 7 mondiali e 15 europei basket, oltre 200 partite dello sport che è il suo grande amore ed ha caratterizzato la sua carriera, 35 final four, finali italiano del 1978. Esperto anche di sport americani, dal football al baseball.

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1 Commenti

  1. Kobe da Oscar, ma il basket non è una favola: è una indagine… Fbi! di Luca Chiabotti - basketnet.it
    10/03/2018 at 8:32

    […] Sportsenators.it a cura di Luca […]

I commenti sono chiusi.

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