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Tennis

Camila come Roberta tre anni fa: deve scalare la montagna Serena…

Da Vincenzo Martucci 09/07/2018

La Giorgi - senza papà in tribuna ma col solito gioco offensivo alla “o la va o la spacca” - ringrazia esperienza ed età e così raggiunge i primi quarti Slam, quinta italiana ai Championships. Mai nessuna è andata oltre, ma anche la Vinci agli Us Open 2015 ri scrisse la storia azzurra insieme alla vincitrice, Flavia Pennetta! 

Papà Sergio non c’è. Non è come al solito in tribuna a soffrire per Camila che doma coi soliti patemi d’animo la prevedibile incontrista Ekaterina Makarova. “Ma è qui a Wimbledon”, assicura lei. E  tutti, ma proprio tutti credono di spiegare gli storici primi quarti di finale ai Championships di Camila Giorgi proprio con l’assenza del suo coach-motivatore-finanziatore. Cioé l’ennesimo papà che non ha giocato a tennis ma è intimamente e sinceramente convinto di essere il miglior angelo custode della figlia, fino al punto da apparire (o essere?) ingombrante, asfissiante, negativo.

    Viene facile: Camila arriva ai primi quarti di uno Slam perché ha trovato una nuova – apparente – tranquillità e può sviluppare al massimo le doti da velocissima picchiatrice. Ma non è esattamente così: la marchigiana è sempre stata, per natura, per istinto e per qualità di gioco, a suo agio sull’erba, tanto che nel 2012, appena alla seconda apparizione nel Tempio, arrivò agli ottavi e si guadagnò l’ingresso fra le “top 100”. Dice Camila: “Mi aspettavo questo risultato, sapevo che prima o poi sarebbe arrivato. Non sono sorpresa. Ho lavorato per essere qui, questo è il frutto del lavoro svolto, finalmente senza i problemi fisici che ho avuto negli ultimi anni”. Lei sa che per restare fra le ultime 8 di Wimbledon 2018 hanno conocorso tani fattori. Intanto, concorre l’esperienza sul circuito: “All’epoca ero una ragazzina, ora ho giocato tante più partite e ho capito tante più cose”. Quindi concorre l’età, quei 27 anni che la fanno donna. E quindi anche la serenità: “Sto giocando molto serena, perché sto attraversando un periodo molto sereno anche fuori del campo e questo si trasmette anche sul tennis. Sono incresciuta anche rispetto all’inizio dell’anno, voglio giocare una bella partita”.
    Immutata rimale l’attitudine offensiva, alla continua ed eccessiva ricerca del vincente, che rimane tale e quale di quando l’abbiamo scoperta per la prima volta a 12 anni, alla prima Mouratoglou Academy nella periferia di Parigi: “E’ il mio gioco d’attacco, è naturale che faccia del errori, ma non lo cambio, si può migliorare, ma non cambiare”. E’ un gioco di primissima qualità che potrebbe diventare straordinario se s’arricchisse di qualche variante importante, come una palla corta qua e là. Perché, quand’è in trance agonistica nel suo veemente forcing di palleggio da fondocampo, Camila si apre completamente il campo come una furia inarrestabile per quasi tutte, come ben sanno le titolate Wozniacki, Sharapova ed Azarenka. Ma poi spesso eccede nel tirar ancor più forte, alla ricerca dell’ultissima riga, mentre basterebbe accompagnare la palla dolcemente di là del net. Niente da fare: “Rischiare fa parte del mio gioco aggressivo”. Così anche il servizio, che può diventare una palla al piede facendole collezionare doppi falli a go-go, è un’arma letale, capace di viaggiare pure con punte di 119 miglia all’ora (191 chilometri) come segnala il computer di Wimbledon durante il match contro Makarova. “E ‘uno dei miei colpi più forti”.
    Tutto questo, unito a un visino delizioso, con lineamenti da porcellana, da Brooke Shields in Laguna Blu, a gradevolissimi ed unici vestitini di pizzo confezionati dalla madre (che a gennaio andranno in commercio) e a una timidezza impressionante, imbarazzante per lei e per gli altri, condita da sorrisi da pubblicità da dentifricio che cozzano coi soli occhi tristi. Una sfinge che però all’improvviso regala sentenze che lasciano a bocca aperta: “Contro Serena mi concentrerò sul mio gioco. Penso a me stessa e basta. Non la seguo particolarmente, non dico che non ho mai visto le sue partite, dico che quando non gioco io non seguo il tennis. Il tennis è il mio lavoro, ma fuori preferisco fare totalmente altre cose”.
    Appuntamento a Serena con la quale ha perso tre volte su tre, senza strapparle un set, anche se mai sull’erba, dove comunque la più forte tennista di sempre ha vinto 7 trofei a wimbledon e, da neo mamma, punta a raggiungere il record di Margaret Smith Court a quota 24 Slam. La sfida è doppia, tripla, forse più grande ancora, sul gigantesco Centre Court, per chi aveva anche litigato con la Fit perché aveva rinunciato alla convocazione in Fed Cup ed era stata squalificata, mentre ora è la bandiera di tutto il movimento femminile azzurro. Da quinta italiana nella storia ad arrivare ai quarti a Wimbledon dopo Valerio (1933), Golarsa (1989), Farina (2003) e Schiavone (2009). Ma nessuna è arrivata in semifinale in 131 anni di storia del torneo. Coraggio, nemmeno Roberta Vinci pensava mai di battere Serenona, eppure c’è riuscita a casa sua, agli Us Open, nella semifinale indimenticabile di tre anni fa. Quando riscrisse la storia del tennis azzurro, mai arrivato così lontano sul cemento dello Slam a stelle e strisce. Per poi cedere in finale nell’ancor più storica finale all’amica di sempre Flavia Pennetta. Anche allora erano tutte prime volte, anche allora c’era da superare l’ostacolo Serena Williams.
VINCENZO MARTUCCI
(Foto tratta dal sito wtatennis.com)
Tags: 2018, camila giorgi, quarti di finale, Wimbledon

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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