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Calcio

Gli Ultras e lo Stato, due universi incompatibili. Che lo si voglia o no

Da Ruggero Canevazzi 10/05/2020

La realtà del tifo organizzato non è solo violenza o intimidazioni. Il volontariato e l’assistenza verso le fasce deboli accomuna molti gruppi. Non si tratta di condannare o riabilitare, ma prendere atto che seguono leggi che non sono quelle dello Stato

“Hai visto i ragazzi della Ovest? Hanno fatto un gruppo di volontari per portare beni essenziali a chi non può uscire da casa, anziani e malati”
“Ma chi? Quelli che quando va bene minacciano chi ha la sciarpa degli ospiti, perché se vieni qui ‘sei ospite’ e devi avere rispetto?”

Siamo a Ferrara, i ragazzi sono gli Ultras della Spal, la Ovest è la Curva Ovest dello stadio cittadino Paolo Mazza. I due che parlano sono due tifosi della Spal, il primo vuole convincere il secondo che gli Ultras non sono dei delinquenti, il secondo non ne vuole più parlare, ma non resiste e ne parla sempre. Sono amici da sempre, ma sul tifo organizzato, su quelli che in Inghilterra sono nati come hooligans, la pensano in modo diametralmente opposto.

Il primo lo chiameremo Oscar e il secondo Giovanni. I due potrebbero essere in qualunque città o borgo italiani, non cambierebbe nulla. Ecco, già qui perderemmo un lettore, Oscar, che si incazzerebbe di fronte all’ennesimo articolo che finge di essere neutrale mentre è la solita storia di chi parte dicendo che vuole capire gli ultras quando vuole solo infangarli di più. Non ha torto, per lo meno non del tutto.

“Giovanni, per favore ascoltami: quando eravamo ancora a Marzo, nel pieno della Fase 1 della pandemia, i ragazzi si sono offerti di fare la spesa per conto di chi era impossibilitato a uscire di casa, parlando e ottenendo dal Comune l’autorizzazione a farlo con le indicazioni sanitarie da seguire. Senza chiedere nulla in cambio”.
“Bene Oscar, iniziativa molto lodevole. Questo cancella come si comportano allo stadio?”
“Diamine, ti sto solo dicendo che non li devi vedere come dei delinquenti. Il punto è questo: li mettono in primo piano quando ci sono disordini allo stadio, ma quando fanno iniziative come queste non li caga nessuno”
”E la Curva Ovest che a due giorni dalla partita con la Juve lascia un comunicato su Facebook? Vogliamo parlarne? Chi viene in curva e tifa juve stia in silenzio e non venga con sciarpe, maglie o cappelli bianconeri. La curva è casa nostra. Follia pura!”.

Giovanni, quello che non vuole parlare degli ultras e ne parla sempre, si riferisce a Spal-Juve del 22 Febbraio, ultimo week-end di campionato a porte aperte, prima che la pandemia cambiasse tutto. Il tifo organizzato ferrarese, pochi giorni prima del match, pubblicò su Facebook questo messaggio:

Se un gruppo organizzato scrive un post del genere su Facebook, non è come un comune cittadino che dice la sua sulle restrizioni al Coronavirus o condivide col mondo la sua passione per la pasta all’uovo. Lo fa perché il messaggio venga letto dal pubblico più ampio possibile. Nessuno quindi sostenga che si trattava di una spacconata. Gli ultras la mettevano giù chiara: “Se venite nella curva di casa, non potete farlo per sostenere gli avversari. Avete pagato il biglietto come noi? Non è questo il punto. La curva dello Stadio di Ferrara è casa nostra. E se venite a casa nostra, dovete rispettare le nostre regole”. Peccato che non sono loro i proprietari della curva. Perché si arrogano questo diritto?

Oscar e quelli come lui risponderebbero così: “Noi siamo qui, facciamo gli striscioni, i cori, il tifo, in una parola viviamo la curva da quando eravamo ragazzini. Noi eravamo qui quando a Ferrara non facevano visita Juve o Napoli, ma Portogruaro e Alzano Virescit”. Proprio per questo, il post sopra è la traduzione ufficiale di una legge non scritta. La legge dell’appartenenza. Quella Curva gli è entrata dentro, la vivono da quando avevano i pantaloni corti. È molto più casa quella della loro abitazione. Questa legge non scritta riconosce l’appartenenza e per loro conta molto di più della legge dello Stato che riconosce la proprietà. Il post sopra, inutile girarci intorno, per lo Stato, per noi – cioè per tutti quelli come Giovanni che non sono ultras – è una minaccia bella e buona. Sia chiaro, gli Ultras seguono questa legge non scritta anche quando sono protagonisti di atti nobili, che fatti da altri sarebbero ampiamente documentati ed elogiati. Davanti a un virus che stravolge il nostro modo di vivere, i ragazzi della Curva Ovest hanno dato grande prova di solidarietà, pratica e concreta: offrirsi per fare la spesa a domicilio per chi non può uscire di casa. Un volontariato gratuito e disinteressato per appartenenza a quella comunità, provvidenziale in questo periodo. Anche qui però le leggi dello Stato non c’entrano, né nel bene né nel male. Questo è il problema, devastante, che rende irrisolvibile l’integrazione degli ultras col riconoscimento dello Stato e della sua autorità. Non c’è possibilità di soluzione, i due mondi sono incompatibili perché lo sono i rispettivi sistemi di valori. Rassegniamoci, l’unica vera soluzione è vietare il tifo organizzato. Più facile a dirsi che a farsi.

 

*foto ripresa da www.ilnapolista.it

Tags: #calcio #juve, #Spal, ultras

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Nota sull’autore: Ruggero Canevazzi

Giornalista pubblicista e ingegnere. Grande appassionato e conoscitore di tennis, calcio e rugby, ha praticato hockey su prato a livello agonistico e poi ha seguito il Sei Nazioni per Sportsenators con Italia-Francia 2019, dopo molte altre partite della Nazionale di rugby sempre nel Sei Nazioni e Irlanda-Italia alla World Cup 2015. Per il tennis ha seguito due US Open (2015 e 2016), due Roland Garros (2017 e 2018), due ATP di Montecarlo (2014 e 2016), due turni di Fed Cup (Italia-Slovacchia a Forlì 2017 e Italia-Belgio a Genova 2018), l'ATP di Halle 2019 e le ATP Finals di Londra 2019. Autore di circa 300 articoli.

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