E così adesso abbiamo capito che la colpa non è di Mino Raiola. Non sono le perfide trovate dell’ex pizzettaro a stordire Gigio Donnarumma fino a fargli perdere le coordinate del buon senso. Se è una storia di avidità questa riguarda quasi esclusivamente la famiglia del celebratissimo portiere. I portieri, anzi, sono due: alle spalle di Gigio agirebbe nelll’ombra il fratello Antonio, nove anni più grande, capace di orientare le scelte di vita del clan. Così mentre Gigio rinuncia all’esame di maturità per scaldarsi il cuore a Ibiza, il fratellone, pure lui portiere di ruolo, strappa un ingaggio milionario per fare il terzo nel nuovo Milan dei cinesi. E finalmente, come nelle favole che si rispettino, “tutti vissero felici e contenti”.
Io non riesco a scandalizzarmi se Donnarumma guadagna a 18 anni quello che tutti noi non guadagneremmo in dieci vite. Al massimo mi viene un po’ di malinconia se ripenso ai 100 milioni garantiti a un altro diciottenne della storia milanista, Gianni Rivera, soldi versati all’Alessandria per garantirsi le delizie del cosiddetto golden boy.
Certo capisco l’indignazione dei ben pensanti di fronte al rifiuto di conseguire un diploma, anche se il fascino perverso di quello che una volta si definiva “il pezzo di carta” è ormai andato scemando. Io dico che ciascuno fa la sua strada e gestisce sentimenti e capacità come crede. E allora butto là una previsione che indurrà agli scongiuri gli amici milanisti: Gigio Donnarumma, celebratissimo enfant prodige del calcio italiano, potrebbe non essere quel fuoriclasse di cui tutti parlano. La maturità, credetemi, non è solo un pezzo di carta.
Enrico Maida