Fausto Narducci mi ha omaggiato del suo ultimo libro, ”Le leggende della boxe” con la dedica più commuovente (e inattesa) che mai, dicendomi: “Magari non lo leggerai tutto, ma io ci ho creduto e ci credo, ci ho messo anni per scriverlo”. Gesti così imbarazzano sempre, figurarsi da parte di un ex collega, più giovane di appena un anno, che poi è diventato anche il mio “capo redattore” alla Gazzetta dello Sport e col quale ho mantenuto un rapporto non solo professionale. Lo sto leggendo, caro Fausto, e lo leggerò tutto, promesso, in nome anche di due-tre occasioni in cui io stesso ho seguito la boxe da inviato e dello sport che seguo più assiduamente, il tennis, che tanti punti d’incontro ha con la tua grande passione. Anche perché, per come lo hai congegnato, il viaggio nel tuo stesso passato si presta a essere vissuto e ripreso, lasciato e riaperto, proprio come credo abbia fatto anche tu nello scriverlo, nel tempo, rifinendolo, riscrivendolo e perfezionandolo.
Mi sono appuntato questi primi obiettivi, partendo dai miei pugili preferiti, Ali, Ray Sugar Leonard, Tyson, Chavez, per passare agli esseri uomini che mi intrigano di più, Carnera, Lamotta, Marciano, Monzon, Mazzinghi e Oliva. Poi farò un secondo passaggio. Intanto, noto che non hai lasciato nulla al caso: ogni personaggio ha la sua brava scheda biografica, il record, la storia agonistica e di vita, qualche aneddoto personale, i riferimenti per cui è più noto. La scuola della “vecchia” Gazzetta ci ha insegnato a cucinare condendo i piatti con tutti gli ingredienti in dispensa, senza eccedere nelle dosi e valutando la giusta cottura. Lo facciamo in automatico, per senso di professionalità e per il rispetto del lettore, ma anche per orgoglio, perché l’errore lo viviamo come un’onta. Per questo possiamo non incrociare il gusto di qualcuno ma sicuramente riceviamo la sua stima e la sua fiducia. Anche perché la realtà che proponiamo sono indiscutibili e hanno fatto e continuano a fare da base per tanti altri scrittori. Perché per noi ex ragazzi la Gazzetta era la Bibbia e il lettore andava educato nel modo giusto.
So che ho divagato. So che parliamo del tuo libro, non del mio, del tuo lavoro di 450 pagine, edizione Diarkos al prezzo di 19 euro in libreria. Ho voluto fornire agli appassionati di sport, non solo di boxe, un motivo più che valido per acquistare questo tuo sforzo che racchiude la tua vita. Volevo dire in modo diverso che non è possibile non acquistarlo perché i ritratti che fai di 36 personaggi sono assolutamente autentici, veritieri e incontrovertibili. E non preoccuparti delle scelte che hai fatto nel decidere di chi parlare e di no: è la condanna di chi esprime un tratto della propria personalità. Citando Rino Tommasi, che entrambe abbiamo avuto come punto di riferimento giornalistico, “i pronostici non si sbaglia solo chi non li fa”. Se anche non avrai accontentato qualche collega più esperto del settore e qualche appassionato maniacale, tranquillo, non ci riusciresti mai. E, comunque, per come hai tratteggiato i personaggi, chi ti leggerà potrà intanto tenersi buoni quelli e, semmai, cercherà gli altri altrove.
Entrando nello specifico, il “Sono io che manco alla boxe” di Ali deve ricordare a tutti noi comuni esseri umani che qualsiasi primattore, qualsiasi genio del suo campo, non può essere tale se non è totale nelle scelte ed super appassionato del suo io. E quindi sbilanciato, eccessivo, diverso, autodistruttivo. Da collega, ho molto apprezzato il tuo riferimento al libro su Monzon di due stimati professionisti come Dario Torromeo e Riccardo Romani: anche questo rilievo che ti fa onore, da storico onesto e distaccato, è un punto a tuo favore che i lettori dovrebbero tener presente. Così come il racconto di un personaggio che tu stesso hai amato molto, Ray Sugar Leonard. Io mi sarei fatto trascinare molto di più dalla sua parabola umana. Tu hai saputo raccontare tutto al meglio, in modo equilibrato, con le dosi giuste di cronaca di vita e di pugilato che ti fanno onore. E, sono sicuro, ti faranno vendere molte copie di quest’atto d’amore per la boxe che va oltre la parola libro.