Nessuna riesce a battere la giovane statunitense, la sua marcia è impressionante, davanti a lei anche i campioni più grandi impallidiscono. Forse ha ragione Bode Miller quando dice che Mikaela Shiffrin è la più grande sciatrice di tutti i tempi. Uomini compresi. Eppure la statunitense è ancora poco più di una bambina,
festeggerà i 23 anni il 13 marzo, durante le finali della coppa del Mondo. Ma le cifre del suo cammino mettono paura. Ha esordito in Coppa a 16 anni. Una sola stagione di “taratura” e poi ha iniziato a vincere. Travolgendo tutti i primati. Il suo palmares comprende già una medaglia d’oro olimpica e tre mondiali. Ma è la coppa del Mondo che la Shiffrin realizza sino in fondo il suo talento: in 122 gare a cui ha partecipato ha collezionato già 41 vittorie (più di una su tre in una disciplina in cui si è sempre uno contro 60, 70 avversari) e complessivi 58 podi. Solo l’austriaca Anne Marie Moser Proell era riuscita alla sua età a vincere tanto.
Tutti gli altri primati sono in attesa di essere abbattuti, cominciando da quello leggendario delle 86 vittorie dello svedese Ingmar Stenmark in Coppa. Cosa ha in più questa ragazza? Si può dire tutto, ma non dimentichiamo che lo sci è sport relativo, che a differenza di atletica e nuoto dove tempi e misure sono valori assoluti, la competitività dipende dalla forza degli avversari. E qui si apre una domanda che non ha soluzione. Mancano le vere antagoniste o è Mikaela che con i suoi continui exploit le minimizza?
La roccaforte tecnica di partenza della statunitense è lo slalom, ma è un regno che si è già espanso al gigante e si appresta a fare un solo boccone della velocità. Ha già vinto una discesa sulla facile pista canadese di Lake Louise, ma quando potrà prendere piena confidenza con velocità superiori ai 100 km all’ora anche discesa e superG diventeranno il suo giardino di casa. Forse è lei, almeno per ora, in slalom, che può sfidare davvero gli uomini, non la Vonn. A vederla in azione non mostra punti deboli, se lei è in difficoltà le altre sono già deragliate. L’analisi è semplice e comincia dall’aspetto fisico atletico. Ha una complessione fisica perfetta
per lo sci, proporzioni fra i vari segmenti del corpo che si adattano al meglio al gesto tecnico, ma è nella reattività e nelle qualità proprioaccettive che sta il suo segreto. Abbiamo avuto l’occasione nel 2015 di vederla in allenamento nella palestra del Westin Hotel di Avon durante i Mondiali di Beaver Creek. Mikaela ha piedi esplosivi e sensibili che in atletica le avrebbero permesso tranquillamente di raccogliere buoni risultati dai 100 ai 400 metri e nel lungo. Ma sono le straordinarie doti di equilibrio il vero “must”. In questo ricorda Deborah Compagnoni. In piedi sulla palla si muove con una naturalezza da non credere.
Questo equilibrio quando è sugli sci si traduce non solo in stabilità, ma permette anche un minor costo energetico. Non per nulla la Shiffrin guadagna sempre nei finali di gara, semplicemente perché spende meno delle avversarie. La tecnica è perfetta e si adatta al meglio all’attuale generazione di materiali. Partendo da grandi fondamentali tecnici, la posizione sugli attrezzi è sempre centrale e questo le permette movimenti essenziali. In slalom, il busto è sempre eretto, la linea delle spalle sempre parallela al terreno. Straordinaria la scelta dei tempi dell’azione, il momento dell’attacco di una curva, la capacità di sfruttare in uscita l’effetto molla della precedente deformazione degli sci. E’ qui che fra le porte strette guadagna davvero sulle avversarie, in uscita di curva accelera sempre. Anche gli uomini la studiano. Su questi fattori ha costruito una tale superiorità che può permettersi di scendere al 70 per cento del suo potenziale, il restante 30 serve a correggere gli imprevisti. Quando decide di andare al 100 per cento il divario con le avversarie, in una disciplina di centesimi, diventa di secondi.
Poi c’è la testa, l’ultima vera roccaforte della sua competitività. Come solo i grandissimi sanno fare sa trasformare la tensione nervosa in effetti positivi. Nulla la spaventa e ci sono già cento esempi nella sua storia, ma basta pendere l’ultimo, lo slalom notturno di Flachau, in Austria: si è trovata seconda dopo la prima manche alle spalle di Bernardette Schild, senza forzare su una neve infida e scivolosa. Al cancelletto della seconda, quando la pista era ormai deteriorata dai passaggi e sapendo di avere tutto il tifo degli austriaci contro, ha regalato l’ennesima discesa da raccontare ai bambini, ha acceso il turbo e si è messa il mondo alle spalle, passando dove le altre non osavano, rasante ai pali sull’orlo della buchetta, allargando la linea dove capiva che era necessario privilegiare la velocità alla strada più corta. Una scelta tattica che solo una come lei poteva fare.
Certo, le sue vittorie cominciano a diventare monotone, levano “phatos” alle gare. Ma non abituiamoci allo straordinario, continuiamo ad emozionarci davanti alle sue imprese. Potremo dire un giorno di averle vissute in diretta.
Pierangelo Molinaro