“Andrea Fortunato era un ragazzo che giocava terzino sinistro. Un ruolo da turbodiesel. Uno che con la maglia numero tre deve andare, palla al piede, dall’altra parte del mondo, superando ogni ostacolo, finché il campo finisce. […] Fortunato era uno di quelli che ci arrivava spesso, sulla linea di fondo, con la forza della sua gioventù e la bandiera dei suoi lunghi capelli al vento”.
Basterebbero queste parole scritte da Gabriele Romagnoli su La Stampa per ricordare chi fosse Andrea Fortunato, uno dei più grandi talenti incompiuti della storia del calcio italiano. A differenza di molti colleghi che non ce l’hanno fatta a sfondare per via del carattere labile o dei terribili infortuni, il terzino della Juventus si è dovuto arrendere alla leucemia che se lo portò via a soli 23 anni.
Un talento tanto sfortunato quanto incompreso da parte dei tifosi che spesso sanno esser terribilmente crudeli con chi li fa divertire ogni domenica, dimenticandosi che quelle pedine che scendono in campo sono per prima cosa degli uomini e, in seconda battuta, dei calciatori destinati a offrire uno spettacolo per ricchi e poveri.
Nonostante un carattere apparentemente introverso e problematico, Andrea ha dimostrato sin dalle giovanili del Como di esser un fenomeno capace di prendersi l’intera squadra, ma soprattutto di riuscire ad adattarsi a qualsiasi scelta dell’allenatore di turno. Se è vero che Fortunato nasce come centrocampista, ben presto viene arretrato come terzino fluidificante passando all’occorrenza al centro della retroguardia oppure trasformandosi in mediano.
L’inizio non è dei più facili: Mino Favini lo scopre nella Giovane Salerno insieme al compagno di squadra Salvatore Russo, tuttavia gli viene subito preferito quest’ultimo. Soltanto l’insistenza di Alberto Massa, suo primo mentore in Campania lo conduce a fare un provino in riva al Lario dove risulta il migliore. In Lombardia la vita non è così semplice e, dopo un paio di annate fra Allievi e Primavera, viene scaricato con tanto di comunicazione alla famiglia nella quale si segnala come Andrea a fine anno verrà svincolato.
In un torneo di fine stagione ad Ascoli Andrea subentra e segna contro i pari età dell’Inter ed è lì che la sua carriera svolta: il direttore sportivo Giorgio Rustignoli lo vuol trattenere e in accordo con l’allenatore Angelo Massola, lo sposta sulla fascia consentendogli di esordire in Serie B il 29 ottobre 1989 nella sfida vinta con il Cosenza.
Non è una grande stagione per il Como visto che arriva la retrocessione in C1, ma per Fortunato è una nuova svolta perché con Eugenio Bersellini in panchina fa il salto di qualità tanto da finire nel mirino del Genoa di Aldo Spinelli che nell’estate del 1991 lo acquista per 4 miliardi di lire utilizzandolo come vice di Branco, soprattutto in coppa. Nella città della Lanterna incontra Osvaldo Bagnoli, ma con il “Mago della Bovisa” non scatta la scintilla, anzi, in autunno ha una violenta lite con l’allenatore in seconda Sergio Maddè tanto che finisce in prestito al Pisa del “presidentissimo” Romeo Anconetani in Serie B.
Non è una bocciatura per Andrea che all’ombra della Torre incontra un “padre” come Anconetani che, per quanto possa sembrare eclettico e a tratti pazzo, sa trattare i talenti come se fossero propri figli. A fine anno torna a Genova e, complice l’addio del duo Bagnoli-Maddè diretti verso Milano, diventa una pietra miliare della squadra di Bruno Giorgi che consente a Fortunato di far sfoderare tutto il proprio talento.
Sembra un predestinato tant’è che al termine della stagione 1992-93 arriva la chiamata della Juventus di Giovanni Trapattoni, deciso a dare vita a un clamoroso generazionale per un allenatore noto più per la tradizione che per l’innovazione. La Vecchia Signora sborsa 10 miliardi di lire e, insieme a lui, si porta a Torino Sergio Porrini e un diciottenne veneto di buone speranze noto come Alessandro Del Piero. Tutti lo considerano il nuovo Antonio Cabrini e a lui questa etichetta non spaventa, anzi, lo esalta. E’ proprio Fortunato a sostenere come il Bell’Antonio sia uno di quelli “a cui mi piacerebbe somigliare” e bastano poche settimane perché ciò diventi realtà.
Fortunato diventa titolare fisso nell’undici di Trapattoni che stravede per lui, ma non è l’unico visto che Arrigo Sacchi lo convoca per le qualificazioni a USA 1994 all’interno di una continua sperimentazione che caratterizzerà l’era del “Profeta di Fusignano”. Contro l’Estonia è assente Paolo Maldini per infortunio e a quel punto perché non puntare su Fortunato? Sacchi non ci pensa due volte e lo manda in campo nella sfida di Tallinn in scena il 22 settembre 1993.
“Dovrò sostituire Maldini e non sarà certo facile. Di sicuro getterò in campo impegno ed entusiasmo. Dovremo essere concentrati come è stata la Nazionale in Portogallo – spiega Fortunato alla vigilia -. Sono in Nazionale anche per imparare, se sono stato chiamato, i meriti sono però di tanti. Della Juve, che mi ha dato il grande palcoscenico, di Boniperti che è stata la prima persona a telefonarmi per farmi i complimenti. Ma anche del Genoa. Io certe cose non le dimentico”.
Nonostante il suo esordio in azzurro accompagnato da quelli di Antonio Benarrivo e di Antonio Manicone, l’Italia funziona, domina i baltici e lo fa con un Roberto Baggio in grandissimo spolvero, fondamentale per trascinare la squadra tricolore al successo. Passaggio geniale in area per Stefano Eranio e l’esterno Sergei Bragin costretto a falcidiarlo per fermarlo. Il “Divin Codino” va sul dischetto e porta in vantaggio gli azzurri.
Al termine del primo tempo Sacchi lascia in panchina Attilio Lombardo per Roberto Mancini che scopre una sintonia perfetta con Baggio che al quarto d’ora gli regala un pallone delizioso che l’attaccante della Sampdoria non può mancare. Per Baggio non è finita e arriva il momento di mettersi in proprio con il gol del 3-0 che regala tre punti fondamentali per l’Italia.
La squadra funziona, gli esordienti brillano e per Fortunato sembra l’inizio di una carriera splendida in Nazionale, invece si tratterà dell’unica presenza con la maglia azzurra. Con la Juventus l’avventura prosegue al meglio, ma in primavera inizia a rallentare. Fortunato appare “stanco, irriconoscibile in campo, lui che è sempre stato un concentrato esplosivo di energia; fatica a recuperare, è tormentato da una febbriciattola allarmante”, i tifosi iniziano ad accusarlo “di dolce vita […] di non correre molto, di non mettercela tutta […] di essere un lavativo. Soprattutto, di essere un malato immaginario”, ma dietro c’è qualcosa che non va.
Le immagini di Italia-Estonia del 22 settembre 1993, unica presenza in azzurro di Andrea Fortunato
Andrea non comprende e continua a giocare fino al 20 maggio 1994 quando, dopo un’amichevole con il Tortona, è costretto a lasciare il campo alla fine del primo tempo, sfinito, senza più energie. Il professor Riccardo Agricola, medico sociale dei bianconeri, decide di sottoporlo a una serie di analisi più approfondite all’Ospedale Molinette di Torino e arriva l’esito peggiore di tutti: ad Andrea viene diagnosticata una forma di leucemia linfoide acuta.
Non avendo un donatore compatibile, non si può fare il tradizionale trapianto di midollo osseo, motivo per cui Andrea deve esser trasferito al centro specializzato del policlinico Silvestrini di Perugia dove si prova una terapia sperimentale costituita da trattamenti di chemioterapia e da un parziale trapianto di cellule sane opportunamente “lavorate” provenienti prima dalla sorella e poi dal padre.
Se nel primo caso il trattamento viene rigettato, nel secondo le cose vanno meglio e così Fortunato può tornare a sperare insieme al compagno di squadra Fabrizio Ravanelli che gli mette a disposizione la sua casa umbra così come all’amico Gianluca Vialli con cui rimane in contatto quotidiano. Andrea sembra star meglio, ricomincia ad allenarsi con il Perugia, nel febbraio 1995 va a Salerno per festeggiare la laurea della sorella e poi a Genova per seguire la Juventus allo stadio.
Tutto sembra andar per il meglio, i tifosi cambiano atteggiamento e lo aspettano con ansia, tuttavia la situazione all’improvviso precipita in aprile. Le difese immunitarie precipitano, una polmonite si prende Fortunato e il giovane talento della Juventus si spegne il 25 aprile 1995 lasciando un vuoto incredibile. Nessuno può capacitarsi di aver perso una delle più belle promesse del calcio nostrano, eppure l’Italia deve dire addio ad Andrea Fortunato, il terzino fluidificante che probabilmente avrebbe fatto magie in campo nazionale e internazionale, ma che il crudele destino ci regalò solo per una volta.