Si sapeva che la slovacca era forte, aveva già vinto ad Are (Sve) nel 2015 e ad Aspen (Usa) nelle finali dell’ultima Coppa del Mondo, ma a Levi ha dato una dimostrazione di forza non comune. Se prima alla Shiffrin bastava spingere al 70 per cento per vincere, in slalom ora dovrà farlo al cento per cento (con tutti i rischi del caso…) per battere questa corazziera.
Ma dietro al successo di questa ragazza c’è la mano determinante di un allenatore italiano, il 54enne bergamasco di Selvino Livio Magoni, fratello dell’olimpionica di Sarajevo ’84, Paoletta. Due anni fa questo allenatore venne licenziato in tronco dalla federazione italiana, colpevole di parlare troppo con i giornalisti e di fare stancare troppo le sue atlete. Insomma, aveva troppo carattere.
In quel momento Magoni era tutt’altro che un “signor nessuno”. Lavorando con le giovanili azzurre aveva plasmato il talento delle sorelle Fanchini, poi emigrò e per tornare in Italia, lasciò il team di Tina Maze dopo averla portata alla conquista della coppa del Mondo generale con il record di punti, e rifiutò l’offerta di Mikaela Shiffrin, che gli avrebbe offerto un ingaggio decisamente superiore, per rispondere al cuore.
In Italia l’aspettava un compito improbo: cercare di risollevare una squadra femminile che nelle prove tecniche non contava più nulla. C’era talento, ma solo nelle giovani, Brignone e Bassino. Si trattava di lavorare sodo. Il talento ce l’hai o non ce l’hai, ma la strada per risalire esiste e significa lavoro, assimilare una mentalità professionistica, lavorare sui particolari. Con Magoni non si scherza. Ci si allena duro in palestra e sulla neve si va sempre, in tutte le condizioni atmosferiche. Nella sua filosofia non esiste un allenamento inutile, né con la bufera, né con la neve pappa, guarda caso le situazioni che poi si trovano nelle gare di Coppa, Mondiali e Olimpiadi.
Ma tutta questa fatica non piaceva alle senatrici della squadra, abituate a vivacchiare sullo stipendio del gruppo sportivo militare, essere l’ape regina nel loro piccolo ambiente ma con poche aspirazioni di vittorie vere. Comunque Magoni in quella stagioni riuscì a portare ben sette azzurre nelle finali della coppa del Mondo a Meribel. Significava aver portato sette atlete fra le prime 25 della classifica di specialità della Coppa. Insomma, aveva gettato le basi per lo squadrone di cui oggi ci possiamo vantare in questa specialità. Eppure venne cacciato.
Dopo un breve passaggio alla guida della nazionale lettone, Livio Magoni due stagioni fa ha preso sotto l’ala la slovacca Vlhova. Ha plasmato il suo gran fisico (1.80 x 73 kg) dandole l’agilità che a quella struttura mancava e impostandole una tecnica solida. Fra le migliori in slalom, sta crescendo in gigante e fra poco farà capolino anche nella velocità. Petra ha talento, ma soprattutto lavora a testa bassa. Non ha paura di sudare e sa sognare. Forse fra non molto potrà puntare anche alla coppa del Mondo. A proposito: dov’erano a Levi le slalomiste azzurre?
Pierangelo Molinaro