Lontano nel tempo, ma non lontano dal cuore. Lo scudetto del Cagliari ancora oggi è una delle più grandi emozioni dello sport, non solo del calcio e non solo per il popolo della Sardegna. Le celebrazioni di questi giorni, 50 anni dopo l’impresa, riportano alla memoria tanti episodi, vittorie impossibili, gol spettacolari, retroscena divertenti, storie commoventi, ognuno porta un po’ d’acqua per alimentare queste cascate del Niagara di ricordi e di magie. Proviamo a contribuire anche noi con una piccola borraccia, partendo da ancora più lontano, dal 1965, per arrivare al commento geniale di un pastore sardo in risposta alla solita domanda irritante che si fa quando a vincere lo scudetto è una squadra di realtà considerate “povere e arretrate”.
L’ALBA DELLO SCUDETTO
Cinque anni prima del trionfo, per singolare coincidenza del destino, si può scoprire un segnale che anticipa vittoria e ultimo avversario, e anche arbitro, dello scudetto. Il Cagliari, nella stagione precedente, è arrivato secondo in serie B, dietro il Varese e davanti al Foggia (che allora al suo nome abbinava Incedit). Fatto curioso: tutte e tre queste squadre conquistano per la prima volta nella loro storia la serie A. Il tecnico è Arturo Silvestri. Il cannoniere della squadra non è il giovane Gigi Riva, ma Greatti, con 10 gol, seguito proprio da Riva e da Cappellaro con 9, poi Torriglia con 6 e Congiu con 3. La prima partita trasmessa dalla Rai dallo stadio Amsicora è quella della seconda giornata di ritorno, il 31 gennaio 1965, fra il Cagliari e la Juventus. A quei tempi la Rai trasmette un tempo di una partita in registrata la sera alle 19. A inizio telecronaca del secondo tempo, viene inquadrato Nicolò Carosio su una impalcatura di tubolari, dove c’è anche una telecamera, costruita apposta per l’occasione. L’arbitro è Concetto Lo Bello. Il Cagliari: Colombo, Martiradonna, Tiddia, Cera, Spinosi, Longo, Visentin, Nené, Cappellaro, Greatti, Riva. Allenatore Silvestri. La Juventus: Anzolin, Gori, Sarti, Bercellino, Castano, Leoncini, Da Costa, Mazzia, Combin, Sivori, Menichelli. Allenatore Heriberto Herrera. A futura memoria: Martiradonna, Cera, Nené, Greatti, Riva, Anzolin, Leoncini, Lo Bello. Il Cagliari vince 1-0 con gol di Riva al 5’ della ripresa. E’ una Juve con tanti problemi, il tecnico Herrera impone gioco veloce che lui chiama “movimiento”, Sivori non gradisce, va fuori squadra e a fine stagione viene ceduto al Napoli. I bianconeri, fra alti e bassi, finiscono quarti, ma vincono la Coppa Italia in finale contro l’Inter. La vittoria del Cagliari comunque, sia pure contro una Juve non al massimo, è una bella sorpresa e lancia ancor più una squadra che finirà il suo primo campionato di A al sesto posto.
L’ORIZZONTE DELLO SCUDETTO
La stagione 1968-69 si conclude con lo scudetto della Fiorentina, 45 punti contro i 41 del Cagliari, secondo con 41 alla pari col Milan. C’è un po’ di rammarico per i rossoblù, hanno guidato la classifica dall’ottava fino alla ventesima delle 30 giornate, poi sono stati scavalcati dalla Fiorentina che ha retto fino all’ultima, ma nelle ultime gare hanno sciupato l’occasione di rifarsi sotto con una sconfitta a Napoli, allora a metà classifica, e un deludente pareggio interno con la Sampdoria che lotta per non retrocedere e si salva proprio grazie a quel punto insperato. Insomma, lo scudetto è lì a un passo. Lo si potrà agguantare nella stagione successiva? La risposta arriva il 12 ottobre 1969, quinta di campionato. Si gioca Fiorentina-Cagliari, i viola in testa con 8 punti grazie a quattro vittorie consecutive e rossoblù a 7 per lo 0-0 in trasferta contro la Sampdoria alla prima giornata, seguito dai successi con Vicenza (2-1), Brescia (2-0 fuori casa) e Lazio (1-0). L’arbitro è Lo Bello. Ancora lui nei momenti importanti. Il Cagliari, guidato da Manlio Scopigno, segna su rigore con Riva nel primo tempo. La ripresa, che viene mandata in registrata dalla Rai alle 19, è uno spettacolo. La Fiorentina va all’attacco, il Cagliari reagiste in contropiede. La Fiorentina non riesce a creare molte occasioni, segna con Chiarugi ma il gol è annullato per fuorigioco. Il Cagliari dà una dimostrazione di efficacia e potenza inusuale. Riva e Domenghini si scatenano in azioni di contropiede che si concludono con una serie impressionante di poderosi tiri dalla distanza sui quali il portiere viola Superchi compie più di una prodezza. La sensazione è di una squadra che ha il dominio del gioco, che non può essere battuta. E’ il giorno in cui l’orizzonte dello scudetto non appare più lontano, ma tanto vicino da poter dire di averlo già in mano. Il Cagliari va in testa e ci rimarrà fino alla fine, anche se dovrà superare un ultimo ostacolo in una battaglia leggendaria contro la Juventus a Torino.
I PADRONI DELLO SCUDETTO
Già, ancora la Juve, che parte malissimo in campionato, il tecnico Luis Carniglia viene esonerato e al suo posto viene messo Ercole Rabitti. La rimonta della Juve comincia proprio a Cagliari il 16 novembre 1969. Il Cagliari conduce 1-0, ma negli ultimi minuti, a sorpresa, arriva il pareggio bianconero e grazie al gol di un sardo, Antonello Cuccureddu, nato ad Alghero, che fa l’esordio nella Juve proprio in questa partita. Alla radio, a Tutto il calcio minuto per minuto arriva la segnalazione del gol, il radiocronista non dice subito che la Juve ha pareggiato, dice che ha segnato un tale Cuccureddu, mai sentito prima, e dal cognome sardo si immagina che sia un giovane esordiente in rossoblù e che il Cagliari abbia raddoppiato. Poi la segnalazione che è della Juve. Da quel momento, la storia rischia di cambiare, perché la Juve poco alla volta si avvicina al Cagliari, addirittura fino a un solo punto di distacco. Il 15 marzo 1970, Juventus- Cagliari è la gara della vita per tutta la Sardegna. Il Cagliari non può perdere, non deve perdere.
Ricordate il “a futura memoria” del 31 gennaio 1965? Eccolo: Martiradonna, Cera, Nené, Greatti, Riva, Anzolin, Leoncini. Sono i giocatori di quella vittoria del Cagliari con la Juve che tornano come protagonisti anche in questa sfida cinque anni dopo. E poi c’è l’arbitro, Concetto Lo Bello, sempre lui, che diventerà il protagonista dei protagonisti. E’ una partita così importante che la Rai decide di trasmetterla interamente, non un solo tempo, la sera della domenica. Tutti avvertono che questo è un momento storico per la Sardegna. Purtroppo, non se ne rende conto il sindacato degli operatori Rai della sede di Torino che, sia pure per giusti motivi, proclama uno sciopero alla fine del primo tempo di questa partita, non rendendosi conto del danno fatto allo stesso sindacato per questa mancanza di “cuore”, ma soprattutto agli sportivi in generale e al popolo sardo in particolare, che non potrà conservare le immagini del giorno più drammatico ed emozionante della sua storia calcistica, ma anche fra i più grandi in assoluto, sport e non sport. La sera viene trasmesso il primo tempo e poi, malinconicamente, le immagini dello stadio vuoto a fine partita col commento del telecronista. Che peccato.
AMATA TERRA MIA
Del racconto di quella partita, che ormai è stato diffuso ovunque, piace ricordare solo pochi frammenti, anzi, solo uno: il faccia a faccia fra Riva e Lo Bello dopo il rigore del 2-1 per la Juventus, parato da Albertosi nel primo tentativo di Haller e realizzato da Anastasi nella ripetizione ordinata da Lo Bello. Riva corre verso Lo Bello, grida, protesta, lo insulta con le peggiori offese che gli detta la rabbia. Rischia l’espulsione, ma Riva si rende conto che in quel momento tutta la squadra, Cagliari, l’intera Sardegna hanno solo lui come eroe che possa difenderli, a rischio di espulsione, a rischio del crollo definitivo, ma sa che tocca a lui fare qualsiasi cosa per difendere lo scudetto, e le sue parole a Lo Bello non sono altro che un urlo da un solo significato: nessuno ci deve togliere questo scudetto. Qualunque arbitro deciderebbe l’espulsione di Riva. Non Lo Bello, che si dimostra grande uomo, oltre che grande arbitro. Riconosce la grandezza di Riva, capisce cosa sta facendo e per chi lo sta facendo, è una questione d’onore e Lo Bello rende onore a Riva e al Cagliari facendo finta di non sentire. E in quel momento entrambi sanno cosa accadrà, perché il successivo rigore per il Cagliari, il pareggio e lo scudetto sono scritti nel destino e nessuno potrà cancellarli.
La festa dopo il 2-0 al Bari che assegna lo scudetto, la gioia, le grida di giubilo, il trionfo, nell’assolata terra di Sardegna suonano lontani e ovattati, lì dove i pastori sardi esultano “dentro”, con un viso antico sul quale è difficile trovare un sorriso. Ma proprio da uno di loro arriva, con semplicità e ironia, il tocco finale all’impresa di una squadra che resterà nella leggenda. Un giornalista gli chiede, prima della gara decisiva, quasi invocando l’inutilità di una vittoria sportiva in una terra che ha tanti problemi: “Che cosa ci guadagna se il Cagliari vince lo scudetto?”. E lui: “E cosa ci guadagno se NON lo vince?”.
(foto tratta da numero-diez.com)