Chi troppo vuole… stringe eccome! Diego Lenzi, pugile supermassimo italiano di 23 anni, è pronto a debuttare nei professionisti, ma non intende rinunciare alla boxe dei dilettanti, alla ricerca della medaglia d’oro alle prossime Olimpiadi di Los Angeles 2028. “Quando non ho impegni con la nazionale, combatterò come professionista: mi serve fare più esperienza possibile, vengo solo da 42 match e affronto gente che ne ha alle spalle 200 o 300. Stare davanti a un avversario è sempre utile, tra i dilettanti come tra i professionisti”.
Del resto se vieni dalla Dotta, la Grassa e la Rossa Bologna, anche da una famiglia povera rinunciare a qualcosa non è nei tuoi cromosomi. Lo sono però il sacrificio e la voglia di farcela, come traspare dalle sue dichiarazioni: “Vengo da una famiglia umile, la mamma fa la barista, il papà è un meccanico che lavora in fabbrica dieci ore al giorno da quando aveva diciotto anni. È a lui che devo il senso del dovere. Sto dando il massimo e i risultati cominciano ad arrivare, del resto è matematico: più dai, più ricevi”.
Cresciuto a mortadella e Schwarzenegger (“il mio idolo, voglio diventare come lui. Amo da sempre i film picchiaduro: Terminator, Predator, i Mercenari”), Lenzi ha le idee chiare sulla boxe di oggi: “Il successo dipende dalla bravura sul ring ma anche dalla capacità di dominare la scena: quasi tutti vanno a vedere il personaggio, non il pugile. Se Lomachenko va alla festa della birra, molti non lo riconoscono, invece Tyson e Paul…”
Nella boxe italiana ai minimi storici, “El Toro” sembra avere il giusto mix di talento e sfrontatezza. Ha sfiorato il bronzo ai Giochi di Parigi e come tutti i pugili del mondo è convinto di aver vinto sfide nelle quali è stato sconfitto, almeno nei verdetti dei giudici: a Sheffield, alle World Boxing Cup Finals, ha centrato l’argento, ma in finale “secondo me avevo vinto io”…
Nell’ambiente pugilistico, un po’ personaggio lo è già: “Quando sali sul ring con gente di 120 chili, parlare con un microfono non può farti paura. Forse dopo Parigi sono fin troppo tranquillo, nei PRO saprò gestire la tensione dei primi incontri”.
Le Olimpiadi restano il primo obiettivo, a Parigi sono state un crocevia fondamentale per la sua fiducia: “Quando prendi un caffè a fianco di LeBron James e Novak Djokovic, o condividi una sfida alla playstation con Marcell Jacobs, diventi consapevole di essere un atleta di livello mondiale. Nei prossimi quattro anni ho come obiettivo l’oro a Los Angeles, nei prossimi otto il titolo mondiale dei pesi massimi”. Sempre allo stesso modo, con mille fatiche ma zero rinunce…