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Curiosità

Silvana Lazzarino si racconta per suo nipote..

Da Sport Senators 17/10/2019

Un libro su una campionessa di tennis che è voluta rimanere nell'ombra. La prefazione di Gianni Clerici

[…] Allora, ti chiedo di rivivere un altro momento felice, quando hai ricevuto la “Racchetta d’oro”, una specie di Oscar italiano alla carriera, un premio prestigioso da parte della Federazione. Ora che viene assegnato ai tennisti stranieri ha perso un po’ del suo significato originario, ma quando l’hai ricevuto tu era davvero un riconoscimento eccezionale.
E’ stato nel 1998… Un premio importante a chi aveva fatto la storia del tennis italiano. Prima di me lo avevano avuto De Stefani, Neri, Merlo, Gardini, Pietrangeli, Belardinelli, Pericoli… La racchetta sta lì, la vedi? (Mi indica una bacheca con la racchetta. Onestamente, non so se sia veramente tutta d’oro, ma preferisco non indagare). Naturalmente sono stata felicissima di riceverlo, ma non ti nascondo che quando nel 1996 lo diedero a Lea, ci rimasi un po’ male. Di titoli ne avevo vinti di più ed ero convinta di riceverlo per prima. Così non fu. Lo scrisse anche Gianni Clerici. Ma questo senza nulla togliere alla sua bravura.
Silvana, abbiamo parlato tanto di te e del tuo tennis, ma molti lettori non ti hanno visto giocare… e con loro, il tuo nipotino. Quali erano i tuoi colpi migliori?
Sicuramente il dritto. Lo tiravo piatto, molto forte. Specie in allenamento. Poi, in partita, subentrava la voglia di vincere comunque e, approfittando della mia velocità e della resistenza, mi mettevo a non sbagliare e ad alzare i pallonetti. Poi avevo una bella palla corta, sia di dritto che di rovescio. Un discreto smash, che non sbagliavo mai, un servizio così così e il rovescio in back o piatto. Le rotazioni in top allora non esistevano, le hanno inventate dopo… Anche le volée le facevo bene. Ma il mio punto di forza era soprattutto la grinta. Giocavo ogni punto fino alla morte, senza curarmi se stavo 40 a zero per me o per l’avversaria. Tiravo e correvo, correvo e alzavo… Senza mollare mai. Per me lo sport era dare sempre tutto, sempre il massimo. Se non avessi fatto il tennis, mi sarei dedicata all’atletica. Gli anelli, il cavallo con maniglie… quanto mi piacevano! Pensa che sugli anelli ci sono salita anche cinque anni fa… a ottant’anni… Mica male, eh?
Non facciamoci sentire da Tommaso, ma gli insegnerai a giocare?
Il tennis per ora non sembra piacergli molto. Così dice, ma ha sei anni e potrebbe cambiare idea… Sarei felice di insegnarglielo! Solo per giocare, non per farlo diventare chissà chi… C’è tempo, vedremo!

Allora, abbiamo finito… Adesso ti dovrei chiedere se hai rimpianti, se pure tu maledici la sorte che ti ha fatto essere una campionessa di tennis quando non si guadagnava un soldo, mentre ora saresti milionaria… Ma conosco già la risposta…
Non rimpiango un accidente. Non credo che le campionesse di oggi si siano divertite quanto mi sono divertita io, quanto sono stata felice io con il tennis. Spegni il registratore, va…
Ma non te ne andare, che ti vado a prendere il ciambellone.
E chi si muove.

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Nota sull’autore: Sport Senators

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